L’assunzione obbligatoria dei disabili scatena la rivolta delle piccole imprese

L’assunzione obbligatoria dei disabili scatena la rivolta delle piccole imprese

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Da gennaio anche le aziende dai 15 ai 35 dipendenti devono avere in organico i portatori di handicap. Confindustria: “L’imposizione non agevola l’inserimento mirato”. Gli invalidi: “Nessuno ci vuole”

Per i lavoratori disabili doveva essere una svolta. Ma la riforma entrata in vigore il primo gennaio si preannuncia un percorso a ostacoli. Le piccole aziende coinvolte nella nuova norma sono già in rivolta. Quelle che impiegano almeno 15 dipendenti ora hanno l’obbligo (in cambio di sgravi) di assumere un lavoratore disabile, ma chi può sfugge. La novità doveva scattare nel 2017 ma nonostante il rinvio molte aziende sono impreparate: alcune non conoscono la normativa e altre hanno annunciato che non la rispetteranno. Poche, dunque, quelle che hanno già le carte in regola.

Per mettersi a norma c’è tempo fino ai primi giorni di marzo. Poi scatteranno le sanzioni: 153,20 euro per ogni giorno non lavorato dal disabile che doveva essere assunto. Pagare le multe costa più dell’assunzione, ma non basta a convincere gli imprenditori. «In tanti hanno detto che preferiranno pagare le sanzioni», svela un impiegato dell’Ufficio provinciale del lavoro di Roma.

Le regole

Sono tutte contenute nel decreto legislativo 151 del 2015. La parola chiave della norma è il «collocamento mirato». L’azienda comunica i profili che cerca e gli uffici del lavoro si adoperano per trovare la persona più adatta. Una logica per superare la chiamata obbligatoria del primo iscritto alla lista. «C’è molta resistenza – dice Alessandra Naddeo, dello sportello Anmil di Napoli – Ci è capitato che alcune aziende ci chiedessero profili assurdi, per esempio un interprete cinese-arabo, per poi dire che non c’è la persona adatta».

Aziende in rivolta

Sul collocamento mirato, che sembra incompatibile con l’obbligo, insistono anche gli imprenditori. «Le persone disabili hanno il diritto di essere inserite nel mondo del lavoro ma non è corretto scaricare tutto il peso sulle aziende – protesta Confindustria – Il collocamento obbligatorio, a prescindere dalla conoscenza delle capacità della persona disabile e delle mansioni disponibili in azienda, contraddice palesemente il principio del collocamento mirato che è il fulcro della legge». «Dovremo individuare i profili più adatti da inserire nelle aziende – dice Luca Sanlorenzo, direttore generale dell’Api di Torino – Non dobbiamo trasformare un diritto, quello dei lavoratori disabili, in un onere a carico solo delle imprese».

La protesta dei disabili 

I lavoratori esclusi sono moltissimi. Gianni Del Vescovo, 40enne di Latina, è costretto sulla sedia a rotelle dopo un incidente in moto. Ha una laurea magistrale in ingegneria ambientale ma è disoccupato: «Sono costretto ad accettare lavori in nero per 400-500 euro. Purtroppo in Italia c’è da sconfiggere la logica per cui siamo un peso e non una risorsa». La nuova legge, dunque, non basta. «Spesso, infatti, siamo costretti ad avviare le azioni legali – dice Gigi Petteni della segreteria nazionale Cisl – Il lavoro è la più alta forma di inclusione ma sarebbe bello che le aziende sentissero la loro responsabilità sociale più forte dell’obbligo di legge». E questo sembra anche il sogno di chi ogni giorno fa i conti con la disabilità: «Per noi il lavoro è una conquista e per questo lo facciamo con più responsabilità – dice amareggiato Franco Bettoni, presidente dell’Anmil – Ma le aziende vorrebbero l’invalido alto, biondo, con gli occhi azzurri».

Fonte: La Stampa

22/01/2018