Caregiver familiari, non volontari di serie b. Verso una legge che tuteli davvero

Caregiver familiari, non volontari di serie b. Verso una legge che tuteli davvero

pubblicato in: senza categoria | 0

L’annosa questione delle difficoltà di trovare l’amore da parte delle persone con disabilità (con questo non voglio dire che le persone senza disabilità abbiano la strada spianata) è certamente di complessa soluzione. Si potrebbe parlare per ore o per mesi, di sensibilizzazione e di cambiamenti di mentalità ma sono parole ormai usate da troppi anni senza che abbiano prodotto grandi passi in avanti. Si può invece provare a far qualcosa di più concreto, con ricadute anche sul piano culturale. Si può provare, ad esempio a smettere di parlare e agire.

Purtroppo anche l’agire ha i suoi rischi. Prendiamo ad esempio, Inclov, questa app creata in India. In effetti mi sono sempre chiesto: che fanno i disabili in India? Come se la cavano? A quanto pare non molto meglio dei nostri. Poi ci sarebbe da chiedersi che fanno i disabili giapponesi o cinesi. Sempre che ne esistano. Li avete mai visti? Va beh, non divaghiamo. Torniamo alla nostra applicazione. Come potete leggere c’è addirittura la ricerca per tipologia di disabilità. Qui siamo oltre. Ma che mi frega del colore degli occhi o dei capelli. Voglio sapere se sei distrofico, paraplegico oppure cieco o non udente. Mi pare giusto. Almeno so se ho le capacità di interagire con te. Magari, se sei non udente, imparo pure il linguaggio dei segni. Oppure se sei in carrozzina, a secondo della patologia, per non farmi trovare impreparato, faccio prima un corso per inserire il catetere. E chissà che non mi intrighi pure e riesca ad ampliare l’orizzonte del piacere.

Un “luogo” del genere chi può attirare come possibile partner? Perché un bipede normodotato dovrebbe usare una app che, dichiaratamente, è utilizzata da disabili in cerca di relazioni? Mi sembra già di vedere orde di uomini bipedi, dal cuore grande così, in cerca di affetto/sesso “facile”: migliaia di poverette che nessuno vuole e che sarà semplice abbordare. Oppure donne bipedi con alle spalle tutta una serie di delusioni relazionali (rifilatele da uomini bipedi) che penseranno di andare sul sicuro poiché è risaputo che tutti gli uomini disabili sono tanto sensibili, onesti, buoni, affettuosi, teneroni e, soprattutto, fedeli e impossibilitati a tradire. Mi dispiace darvi un’altra delusione, ma una donna con disabilità non è così disperata e gli uomini con disabilità possono, spesso, essere degli stronzi, insensibili e disonesti.

Quel che serve è ben altro. Occorre intanto scardinare l’idea che le persone con disabilità non abbiano relazioni affettive e sessuali. Certo, pure sessuali. Non lo sapevate? Esiste anche il sesso fuori da una relazione di coppia. È assodato che ci siano molte persone con disabilità fidanzate o sposate o conviventi, ma è altrettanto vero che ci siano molte altre che, in tutta la loro esistenza, non riescono ad avere esperienze né di un tipo né dell’altro. I motivi possono essere diversi: in primis la mancata consapevolezza che, nonostante la disabilità, sia possibile provocare attrazione nell’altro. Di certo l’immagine standardizzata della bellezza trasmessaci dai media non aiuta. Basterebbe diversificare tale immagine e magari anche l’occhio si abituerebbe alle diversità. Se una persona alta 1,90 va in una cittadina dove tutti sono alti 1,60 da generazioni è palese che verrà guardato come “diverso”. Non c’è nulla di male a doversi “abituare”. Abituarsi non è rassegnazione. In questo caso significa invece apertura alla diversità fisica senza che questa diversità assuma una connotazione negativa. Le differenze spesso spaventano. Basta vedere le differenze religiose o di razza. Chi però non si apre alle diversità non cresce, vive e muore come nasce: sempre uguale.

Altro? Certo, ad esempio, permettere alle persone con disabilità di vivere momenti e luoghi di reciproca conoscenza e socializzazione. Possono essere: discoteche, locali, pub, feste, concerti, luoghi di condivisione, etc.

Permettere di comunicare per chi ne ha difficoltà, magari aggiornando il nomenclatore con i nuovi prodotti tecnologici. Insomma, date delle “armi” alle persone con disabilità per poter “cacciare” ma fate che i luoghi di “caccia” siano gli stessi, non aree dedicate.

Concludo con il commentare la frase dell’ideatore della app che sottolinea come “…l’avere accanto qualcuno che possa comprendere cosa significhi affrontare piccole e grandi sfide ogni giorno, sia un ottimo punto di partenza per una storia d’amore”. Ecco il valore aggiunto di trovarsi un fidanzato o fidanzata con disabilità. Anche se può essere vero che una persona con disabilità affronti diversi problemi e sappia che cosa siano le reali difficoltà, non è detto che questo, in automatico, generi un carattere forte e solare. Spesso non è così, anzi, ci si ritrova arrabbiati con il mondo e con tendenze al vittimismo e all’autocompassione.

Fonte: il Fatto Quotidiano.it

12/08/2016