Signor direttore, solo pochi giorni fa, tornando nella pizzeria che ci vede spesso clienti, abbiamo appreso della lettera (pubblicata lo scorso 7 giugno 2011) a firma del Sig. Michele Sgarro. Che dire di una lettera dove le persone con disabilità che il Sig. Sgarro ha casualmente incontrato vengono così testualmente descritte: «diversamente abili, handicappati, mongoloidi o come caspita si chiama quella sfiga maledetta di essere al mondo in modo mostruoso»? E ancora «gridano e disturbano, ma hanno più diritto di me di urlare. Sguardi inguardabili, gestualità abominevole, discorsi patetici, corpi malfermi e disordinati…».
Comprensibile che, dal nostro punto di vista, leggendo queste parole, il sentimento e la ragione ci abbiano portato a considerare l’autore una povera persona, preda dei suoi pregiudizi, dei suoi criteri di ciò che è abominevole o non lo è, di ciò che è disturbante o non lo è. Abbiamo però provato anche rabbia, rabbia piena e sconcerto, perché sovrapporre le immagini descritte dal Sig. Sgarro con i volti, i sorrisi, i corpi delle persone con disabilità che quotidianamente incontriamo è davvero troppo per essere sottovalutato, per lasciar correre.
E’ troppo, e intollerabile, che di nuovo si debba constatare che, nonostante il terzo millennio, ci siano ancora persone che si scostano, fuggono, hanno schifo di chi, come dice il Sig. Sgarro, ha la bava alla bocca. Eh già, è proprio così, anzi, non solo. Molte delle persone con disabilità che incontriamo quotidianamente hanno problemi ancora più grossi di un po’ di bava alla bocca (a proposito, il disturbo si chiama scialorrea, ed è causato dai farmaci che la persona deve assumere o da problemi di tonicità muscolare e di controllo della mascella). C’è chi si fa del male, chi non cammina da solo, o chi cammina talmente con fatica che sembra che ad ogni passo debba cadere. C’è chi non parla, o chi parla in modo ossessivo e ripetitivo, o chi non riesce a controllare gli sfinteri e quindi va sostenuto in ogni momento, pulito, lavato e rivestito, chi non mangia da solo. Quante "cose brutte", vero, sig. Sgarro? Quante cose disdicevoli, spiacevoli, umilianti.
Questa però è la vita, la straordinaria, meravigliosa e, perché no, a volte difficile, ma insostituibile vita, che nessuno ha il diritto di giudicare abominevole (qualcuno l’ha fatto, anche prima del Sig. Sgarro, ma si era negli anni ’30, in Germania, durante il nazismo, e in quei tempi non c’erano ancora le pizzerie…). Se qualcuno lo fa, ovviamente, se ne assume la responsabilità, di fronte a Dio (dal Sig. Sgarro accostato e confrontato con una pizza!) e agli uomini.
La lettera in questione poi, in realtà, pare concludersi in modo diverso, esibendo una sorta di disagio interiore generato da un senso di inadeguatezza nel vedere quei corpi definiti abominevoli e nel sentire quei discorsi patetici. Problemi del Sig. Sgarro, ma rimane il fatto che quelle terribili parole sono state scritte e usate per parlare, in modo per noi ignobile, di persone. Persone, Sig. Sgarro, persone, e non scarti. Il nostro "mestiere" ha come obiettivo l’inclusione sociale delle persone con disabilità. Vuol dire fare in modo che le persone (e le loro famiglie – e crediamo non siano state contente nemmeno loro di leggere la lettera del Sig. Sgarro) possano vivere in un ambiente che non sia loro sfavorevole (lo diciamo non solo noi, ma anche l’Oms, l’Onu e il Parlamento Italiano, che nel 2009 ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità). Ambiente vuol dire ogni luogo, ogni circostanza e ogni momento che appartiene non solo alla vita personale, intima, familiare, ma anche pubblica, comprese le pizzerie. In tal senso, se mai dovesse capitare di nuovo, nell’augurare al sig. Sgarro di non rovinarsi da solo la cena, ci permettiamo di usare le pagine di un quotidiano per invitarlo sin da ora, e in qualunque momento, al nostro tavolo. Offriamo noi.
Anffas Brescia Onlus e Fo.B.A.P. Onlus
Fonte: Bresciaoggi
03/08/2011