Un “neo” alle Parallimpiadi: quello dei disabili psichici

Un “neo” alle Parallimpiadi: quello dei disabili psichici

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LONDRA. «Le Paralimpiadi sono l’apice della vita di un atleta. Io però dopo l’incidente che nel 2007 mi ha portato a perdere la gamba sinistra ho ricevuto tante cose, non solo le Paralimpiadi. Paradossalmente potrei dire che non so se tornerei indietro». Basterebbe la forza disarmante di questa frase di Martina Caironi, una delle stelle più luminose del firmamento italiano, per immergersi nella magia di questa competizione. Ieri la cerimonia d’apertura, oggi le prime gare. Oltre a Martina, classe 1989, che a Londra farà 100 metri e salto in lungo, ci sono altri 7 atleti bergamaschi pronti a inchiostrare la storia a Cinque Cerchi: Mario Esposito (Arco Olimpico Standing), Alberto Simonelli, Giampaolo Cancelli (Arco Compound Open), Marco Gualandris (Vela, classe Skud18), Fabrizio Olmi (Vela, classe 2.4mR) Damiano Airoldi e Fabio Raimondi (basket in carrozzina). Tra i favoriti per una medaglia d’oro nelle rispettive specialità ci sono sicuramente Caironi e Simonelli. C’è chi come Mario Esposito è addirittura alla sua quinta esperienza paralimpica mentre Marco Gualandris è all’esordio e gareggia in coppia con una ragazza che vive a Trieste. Lo sport per molti di loro è stata la scintilla che ha riacceso la speranza, le loro storie possiedono un magnetismo difficile da riscontrare altrove. È gente che ha rifiutato di arrendersi, gente che può insegnare a tutti cosa vuol dire intensità, durezza mentale, voglia di sacrificarsi: tratti comuni di atleti che hanno lavorato duro negli ultimi anni per farsi trovare pronti ad un appuntamento in grado di cambiare – almeno in parte – il loro sentiero di vita. C’è in ballo anche un premio in denaro che però è nettamente inferiore rispetto a quello delle Olimpiadi: un oro valeva 140000 euro nella competizione chiusasi il 12 agosto mentre solo 75000 euro sono in palio per il primo posto nelle Paralimpiadi. Una raccomandazione: chiamateli atleti, non atleti disabili. L’ha chiesto anche il presidente del comitato paralimpico internazionale sir Philip Craven. Bisogna mettere a fuoco la loro prestazione, non la loro disabilità.

Fonte: Il Corriere della Sera.it

03/09/2012