La voglia di crescere dei disability manager

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Gli Ufe sono circa 250 in Italia. Capitani: ”Condivido il dolore di chi sta male raccontandogli come in passato ho superato le mie crisi”

MILANO – "Raccontare la nostra esperienza di malattia o vicinanza alla malattia fa migliorare visibilmente le altre persone con disagio psichico, che pian piano riallacciano i rapporti, riprendono a lavorare e migliorano la qualità di vita in famiglia". È il senso delle testimonianze dei 250 "Ufe" italiani, utenti e familiari esperti di persone con disagio psichico, riuniti per la prima volta in un convegno nazionale all’Ospedale Sacco di Milano. "Un’esperienza nata a Trento una decina di anni fa, dove ormai è diventata una caratteristica del nostro Dipartimento di salute mentale -dice il responsabile del Dsm della città, Roberto De Stefani-. Qui gli Ufe sono ormai una quaratina, e seguono circa 600/700 persone, utenti in due casi su tre”. Negli anni, l’esperienza degli Ufe è stata diffusa in un’altra decina di città italiane e oggi gli Ufe seguono e accompagnano almeno 3 mila persone con disagio mentale in tutta Italia. Ma cosa fanno esattamente?

"Io condivido il dolore di chi sta male raccontandogli come in passato ho superato le mie crisi. Capiscono che di fronte a loro hanno una persona che a sua volta ha sofferto di depressione" dice Maurizio Capitani, bergamasco trapiantato a Trento, "Ufe" ormai da 4 anni, attività a cui dedica 150 ore al mese. "Io invece ho una lunga storia in famiglia con un fratello affetto da problemi di salute mentale: alle spalle ho vent’anni di esperienza di gruppi di auto mutuo aiuto e da dieci anni faccio l’Ufe -dice Roberto Cuni, che è anche coordinatore degli Ufe trentini-. Gli Ufe sono importanti per quello che danno, cioè molto, a chi ha perso fiducia e anche a loro stessi, molti dei quali stanno facendo a loro volta un percorso per migliorare la qualità di vita e la salute. Le persone seguite dagli Ufe -proseuge Cuni- sono protagoniste di un miglioramento significativo e visibile, misurabile in modo oggettivo e gli stessi Ufe, tanto più portano l’esperienza della propria malattia, tanto più la curano e stanno meglio. Ce ne accorgiamo da chi poi riprende il lavoro, i rapporti con le persone e una vita normale, pur continuando l’uso di farmaci. E anche in famiglia entra la serenità".

Caratteristica degli Ufe è lavorare all’interno dei Dipartimenti di salute mentale, affiancandosi agli operatori. "Nei primi tempi, con gli Ufe pensavamo che la formazione fosse preminente -dice Cuni-: oggi però privilegiamo il tirocinio sul campo. All’utente o al familiare che vuole fare l’Ufe mostriamo le aree dove può andare a operare: nelle strutture protette, negli appartamenti, nei call center. Alla fine chiediamo alla persona dove si vedrebbe meglio e, se anche noi condividiamo il suo parere, inizia a fare affiancamento. Finito questo periodo, se la persona si trova bene la si mette nei turni e poi la si assume. Noi abbiamo una decina di Ufe che fanno 30-40 ore la settimana e poi tante altre piccole cose. Un impegno che, qui a Trento, viene riconosciuto dall’associazione La panchina con una remunerazione di 6-7 euro all’ora". Per informazioni, www.fareassieme.it 

Fonte: Superabile.it

28/01/2013