Perché è difficile realizzare lo spirito di una delle migliori leggi scolastiche d’Europa? "Se l’integrazione non avviene, meglio cambiare". Opinioni a confronto sulla rivista "Conflitti". Novara: "Affrontare l’eccesso di medicalizzazione che si è abbattuto sulla scuola italiana"
ROMA – Il docente di sostegno ha il compito di fare in modo che il bambino problematico sia ben integrato nel contesto della classe. Se questo non avviene, meglio abolirlo, cambiandone al più presto il profilo professionale: non può essere un alibi per legittimare quelle pratiche implicite di espulsione dei presunti "bambini difettati" dal gruppo di coetanei. E’ questo l’assunto da cui parte lo scambio di opinioni che l’ultimo numero della rivista del Centro psicopedagogico per la pace "Conflitti" dedica all’ipotesi di abolire l’insegnante di sostegno. Si ricorda l’articolo 13 della legge 104/1992, dove al comma 6 si legge che i docenti di sostengo "assumono la co-titolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti".
"La legge 517 del 1977 segnò una svolta nelle politiche scolastiche di gestione degli alunni problematici o disabili – scrive Daniele Novara, pedagogista e direttore del Cppp -. Segnò una svolta anche in Europa perché, per la prima volta in Italia, si mettevano in discussione le strategie di esclusione e di concentrazione degli alunni portatori di deficit, così come ancora permangono in tanti Paesi europei". Insomma, "il focus pedagogico è sul diritti degli alunni a vivere un’esperienza scolastica di profonda condivisione con gli altri bambini". Ma le cose oggi non vanno esattamente come una delle migliori leggi scolastiche realizzate in Italia avrebbe voluto, e "l’esclusione rientra dalla finestra: molto spesso l’insegnante di sostegno – spiega Novara -, che avrebbe dovuto presidiare il processo di integrazione, tant’è che è assegnato alla classe e non all’alunno disabile, viene relegato a funzioni di accadimento specifico degli alunni con deficit, scollegandoli così dai vissuti affettivi e cognitivi del gruppo di classe. Questi alunni sono percepiti non come risorsa ma come un problema, che deve gestire l’insegnante di sostegno, coadiuvato da eventuali assistenti educativi pagati dagli enti locali". Difficile, pertanto, realizzare lo spirito della legge. In un Paese in cui, nell’anno scolastico 2011-2012, sono 145 mila (dati Istat) gli alunni con disabilità, il 3,1% del totale.
Per Novara "il reclutamento degli stessi insegnanti di sostegno è una delle classiche storie italiane: la graduatoria di questa categoria è usata come cavallo di Troia temporaneo per poi passare al ruolo di insegnante comune, e questo disincentiva un professionalità specifica". Nel tempo, poi, si è passati dall’investimento pedagogico a quello terapeutico: si sono create "consuetudini che spingono verso la medicalizzazione degli alunni fragili a scapito di una vocazione davvero educativa e integrativa. Si punta allo screening diagnostico (vedi Dsa) e all’identificazione terapeutica piuttosto che a favorire l’acquisizione di competenze professionali orientate allo sviluppo dell’apprendimento sociale che valorizzi tutti gli alunni". In questa visione "mortificante" dell’insegnante di sostegno (chiamato, di fatto, a ridurre l’impatto che il disabile ha sul resto della classe), Novara propone di "affrontare di petto l’eccesso di medicalizzazione che si è abbattuto sulla scuola italiana: se gli alunni certificati gravi tra il 2001 e il 2012 sono raddoppiati, dobbiamo constatare – dice – che i bambini oggi si ammalano ben più delle generazioni precedenti, a fronte dei progressi medici e scientifici. Qualcosa, chiaramente, non funziona".
E allora la proposta è di puntare su "compresenza degli insegnanti, co-conduzione della classe, soppressione delle barriere corporative da una parte e dall’altra per restituire alla scuola la sfida di un progetto educativo, di apprendimento, che trovi nel gruppo classe e nelle metodologie attive ed esperienziali il suo baricentro".
Fonte: Superabile.it
27/08/2013