Colloquio con Marino Niola, antropologo della contemporaneità e docente universitario a Napoli.
"Siamo passati dal Cogito ergo sum al Digito ergo sum. Viviamo in uno stato di connessione permanente: come se essere online fosse il solo modo per esistere. Perennemente circondati dal mormorio della Rete, assordati da un rumore di fondo incessante, da un "bla-bla" dal quale non riusciamo a prendere le distanze".
Dove stiamo andando, professore?
"Verso una sorta di Panopticon digitale. Non il Grande fratello che ci controlla, ma infiniti occhi che ci spiano, compresi i nostri che spiano gli altri. Ciascuno è controllato e controllore".
Un nuovo imbarbarimento culturale…
"Tutte le grandi innovazioni, all’inizio, hanno un aspetto inedito che ci sembra barbarico".
Secondo lei, che cosa davvero produce il cicaleccio della rete?
"Stiamo perdendo il senso ultimo del silenzio, che è ridare alle parole il loro peso, il linguaggio formatta il pensiero, ma il linguaggio digitale produce semplificazione e perdita di profondità. E’ sempre più simile alla comunicazione numerica: strettamente funzionale. Addio chiaroscuri, metafore, sfumature. Una lingua che non fa una piega".
Se il linguaggio arretra, il pensiero si fa meno complesso, sempre più riduttivo?
"Sì. In definitiva, somigliamo sempre più ai nostri processori. Con la comunicazione Web che si sostiuisce a quella reale, molto più ricca. E’ quel che accade se si passa dall’interazione face to face a quella face to facebook".
Cosa stiamo perdendo?
"Il linguaggio del corpo. Degli sguardi. Il significato della pause, la profondità del non detto. Il suono del silenzio"
La nostra ricchezza linguistica è a rischio estinzione?
"Sempre più persone parlano come se fossere instupidite. Non stupide: instupidite. La lingua degli sms, da rituale di socializzazione giovanile, ha finito per infantilizzare tutti noi. Costringendoci a una comunicazione 24 ore su 24, ipertrofica, il cui paradosso è che alla fine si azzera da sola e diventa silenzio: silenzio rumoroso. Ormai sui social media in molti esternano e basta. Prima viene quello che penso io, poi il fatto"
Molti cercano su Facebook una socialità che sfugge loro nel mondo reale.
"Quella dei social media è una simulazione di socialità: tutt’altro. Misuri il tuo essere sul numero di follower o "amici". Succedanei della socialità".
Attenzione a non demonizzare la Rete, è il controcanto…
"Nessun fenomeno, di per sè, è totalmente negativo o positivo. Certo, la rapidità della rivoluzione digitale è spaventosa. Ho scritto il saggio "Miti d’oggi" tra il 2009 e il 2010 e sembra già passata una vita. La Rete era allora uno degli strumenti per comunicare, mentre per molti, oggi, è diventato l’unico o quasi".
Vie d’uscita?
"Smaltita la sbornia, inizieremo forse a servirci di Internet senza farci usare. Altrimenti, la Rete diverrà un dispositivo di formattazione delle coscienze spaventosamente totalitario".
Fonte: L’Espresso
04/09/2013