Dallo studio della mente ai misteri del DNA

Dallo studio della mente ai misteri del DNA

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Il disturbo bipolare in età evolutiva sembra rappresentare un’area poco studiata da parte di neuropsichiatri e psicologi infantili. Nei paesi anglosassoni, invece, è diventato negli ultimi decenni oggetto di grande interesse sia clinico (come dimostra il proliferare di ricerche cliniche: prima del 1980 erano 26, nel 2013 superavano le 700 unità), sia mediatico (come dimostrano alcuni articoli, tra cui la copertina del Time che titolava “Young e Bipolar”: giovane e bipolare).

Seguendo dunque questa riflessione clinica, il convegno tenutosi al Collegio Nuovo di Pavia, non solo ha ripercorso la storia e la diatriba psichiatrica di questa patologia, ma ha anche rappresentato un bello spunto di riflessione circa la terapia (sia farmacologica che psicoterapica) e l’attuale nosografia, coinvolgendo tecnici dell’area psichiatrica così come rappresentanti dell’area psicologica.

Il disturbo bipolare fu introdotto nella nosografia psichiatrica alla metà dell’800 con il termine di “follia a doppia forma”, o, secondo altri autori, “follia circolare”. Successivamente Kraepelin definì il disturbo “psicosi maniaco depressiva”, distinguendolo così dalla schizofrenia.

Si alternarono dibattiti e approcci che attribuivano le cause del disturbo a problematiche endogene (quasi genetiche), oppure – viceversa – a cause ambientali, passando per gli approcci che tendevano a considerarlo frutto di un “impasto” di concause (genetiche ed esperienziali).

Fu il DMS III, negli Anni ’80 a proporre per primo una nosografia separata per i Disturbi Depressivi e i Disturbi Bipolari, che vennero così suddivisi in Bipolare I, Bipolare II e Ciclotimia, abbassando la soglia di inclusione e dando origine ad una vasta area di disturbi indefiniti o sottosoglia.

Inizierà anche ad affacciarsi l’idea di uno “Spettro Bipolare” (che va dagli sbalzi di umore al disturbo conclamato) e si assisterà a un aumento di incidenza del disturbo, che passerà dal 0.8% al 5% in quegli anni.

E’ lecito interrogarsi su come diagnosi, clinica e disturbi mentali si intreccino ai mutamenti sociali ma anche all’introduzione di psicofarmaci di “largo consumo”. Una riflessione tuttora valida, soprattutto a ridosso della pubblicazione del DSM V che comporta un cambiamento nelle categorie nosografiche, soprattutto per quanto riguarda i pazienti in età evolutiva.

E’ interessante notare come il Disturbo Bipolare è stato oggetto di interesse a fasi alterne: negli Anni ’60, infatti, non era considerato appartenere alle fasi evolutive. Si stimava, infatti, che bambini e adolescenti attraversassero costituzionalmente fasi di rabbia, mania e di eventuale disagio e sconforto. Gli stessi terapeuti consideravano la depressione come trasversale ai disturbi psicologici e più che una malattia vera e propria era considerata quasi una posizione della mente.

Oggigiorno si assiste ad un cambiamento di paradigma e si ritiene che l’elevata conflittualità presente nei nuclei familiari, così come nel contesto sociale, possa slatentizzare diversi disturbi e in particolare quello Bipolare, soprattutto in età evolutiva. Ci si interroga così su quali possa essere l’eziologia della patologia e quali interventi possano essere messi in atto per attutirne l’impatto sulla vita del paziente.

Le ricerche empiriche dimostrano che vi è una familiarità per tale disturbo (la probabilità di svilupparlo, infatti, aumenta se un parente di primo grado soffre di una patologia psichiatrica). Nonostante l’alta ereditarietà del disturbo (che si attesta intorno al 50% circa) anche i fattori ambientali (livello socio economico, condizioni familiari etc.) concorrono in maniera rilevante alla manifestazione della problematica.

Il disturbo bipolare in adolescenza merita una considerazione ulteriore rispetto alla patologia adulta, perché sembra intersecare le tematiche chiave di questa fase evolutiva, andando cioè a “toccare” 4 aree particolarmente rilevanti:

Stima di Sè (che viene messa alla prova dai compiti evolutivi richiesti all’adolescente, pensiamo semplicemente alla scuola, o alle relazioni con i famigliari e i pari);
Idee di grandezza (necessarie per certi versi a supportare il Sè in un momento di critica e di interrogazione circa la propria identità e il proprio futuro);
Sensi di colpa (piuttosto presente in adolescenza);
Affettività depressiva.

Jeammet, uno dei principali autori contemporanei in merito a problematiche adolescenziali, rintraccia tre cause che concorrono al manifestarsi del disturbo bipolare in adolescenza e che possono impattare in modo incisivo il precario equilibrio adolescenziale:

Rifiuto o disistima genitoriale (in particolar modo quella materna);
Disarmonia all’interno della coppia genitoriale (come detto, le ricerche dimostrano che la presenza di conflittualità in famiglia è tra le cause per lo sviluppo di un disturbo psicologico in adolescenza);
Stress emotivo (in particolar modo una delusione sentimentale, divorzio dei genitori, lutti o malattie). La delusione sentimentale rappresenterebbe, per Jeammet, un fallimento profondo per l’adolescente che proverebbe sconforto e angoscia nel non riuscire a stare dentro ad una relazione a due. Questo porterebbe così l’adolescente a viversi come non degno d’amore: incapace di amare e di essere amato. 

Inoltre, uno dei problemi comuni a chi lavora con soggetti in fase evolutiva, riguarda la diagnosi differenziale, cruciale per impostare un lavoro di cura coerente e soprattutto efficace, a maggior ragione quando – come nel caso del disturbo bipolare – vengono chiamati in causa medicinali che hanno un impatto non certo irrisorio sulla persona.

In genere il Disturbo Bipolare in età evolutiva ha un’alta comorbilità con ADHD, disturbi di ansia, abuso di sostanze, e si distingue da quello adulto per:

Episodi di mania con aggressività e rabbia in assenza della grandiosità tipica del disturbo negli adulti;
Mancanza di una ciclicità netta;
Irritabilità continua e non episodica. 

Al giorno d’oggi la ricerca e l’attenzione dei ricercatori punta ad individuare le fasi prodromiche dei disturbi mentali (nel 30% dei casi di Disturbo Bipolare l’insorgenza avviene prima dei 17 anni e in concomitanza con ansia, depressione) e ad impostare così interventi mirati di prevenzione primaria che in genere si svolgono al di fuori dei luoghi della grande psichiatria per evitare il rischio di stigmatizzazione.

Un progetto interessante, ancora in fase sperimentale, è rappresentato dal programma “BASIS” (Costola del Progetto OASIS, coordinato dal dott. Paolo Fusar Poli) per la diagnosi precoce che nei quartieri a Sud di Londra cerca di intercettare adolescenti e giovani adulti (15-25 anni) a rischio di Disturbo Bipolare. Il progetto prevede un monitoraggio costante dell’umore dei soggetti inseriti nel programma tramite ipad e app create appositamente, interventi psico-educativi, incontri di psicoterapia e danzaterapia, interventi farmacologici mirati.

Proprio perchè il Disturbo Bipolare comporta una grave compromissione funzionale è importante diagnosticarlo tempestivamente e distinguerlo da altre patologie dell’età evolutiva, come ad esempio ADHD, il Disturbo Oppositivo, il Disturbo della Condotta, il Disturbo Borderline di personalità, e il così detto Severe Mood Disregulation (la nuova categoria diagnostica introdotta dal DSM V).

Tutte queste patologie si differenziano per familiarità e decorso, pur mantenendo per certi versi una linea di continuità.

Ad esempio, il Severe Mood Disregulation ha un esordio più precoce rispetto al Disturbo Bipolare (prima dei 10 anni), presenta crisi di rabbia almeno 2-3 volte la settimana ed è considerato mutualmente esclusivo con il Disturbo Bipolare. Presenta anch’esso comorbilità con ADHD e i pazienti che ne soffrono sviluppano più facilmente disturbi di ansia e depressivi. I tassi di ricaduta risultano piuttosto elevati e il buon accudimento materno si dimostra il miglior fattore prognostico positivo.

Come per il Disturbo Bipolare gli aspetti predittivi negativi sono l’esordio precoce, il livello socioeconomico basso, la comorbilità con ADHD e la familiarità.

Uno dei principali problemi per una corretta diagnosi differenziale sembra essere proprio le scale di valutazione utilizzate. A seconda, infatti, delle scale diagnostiche utilizzate risulterebbero diagnosi differenti per una stessa manifestazione. Questo porta un interrogativo mai sopito sulle categorie diagnostiche e, vista l’elevata comorbilità tra ADHD e DB, nel mondo clinico inizia ad affacciarsi l’ipotesi che l’ADHD possa essere, forse, un sottotipo del Disturbo Bipolare.

Per concludere, dunque, il Disturbo Bipolare in età evolutiva rappresenta una sfida tuttora aperta per ricercatori e clinici, impegnati sia sul fronte della prevenzione (con l’ideazione e attuazione di interventi di diagnosi precoce che prendano in carico non solo il soggetto ma anche il nucleo famigliare senza stigmatizzarlo), sia sul fronte degli interventi (cercando di affinare le capacità diagnostiche e soprattutto la ricerca sui farmaci da utilizzare).

Tale disturbo, però, rappresenta anche un punto di partenza per una riflessione a tutto tondo sul valore delle categorie diagnostiche e sulle etichette che sembrano ad oggi proliferare.

Fonte: Stateofmind.it

25/09/2013