Assistenti sessuali per disabili, a Bologna corsi di formazione

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Le prestazioni in materia di autismo vanno effettuate sotto la diretta supervisione di personale dotato di apposita e specifica qualificazione professionale e all’insegna della continuità assistenziale, oltreché condivise e accettate dai genitori. Un’Azienda USL, inoltre, non può disporre di un insindacabile potere discrezionale nell’erogare le prestazioni: lo ha stabilito un’importante Ordinanza recentemente prodotta dal Tribunale di Bologna

Intervenuta in giudizio insieme alla famiglia coinvolta, per la difesa del diritto alla salute e alla cura di un bambino con autismo, l’ANGSA di Bologna (Associazione Nazionale Genitori SoggettiAutistici) esprime ora grande soddisfazione per la recente Ordinanza con cui il 28 ottobre scorso il Tribunale del capoluogo emiliano ha obbligato l’AUSL locale a fornire un «Educatore Professionale Specializzato esperto ABA-VB, certificato BCBA, in aggiunta agli insegnanti di sostegno ed ai pedagogisti convenzionati con il Comune di Bologna», dopoché, come si legge sempre nel testo del provvedimento, l’AUSL di Bologna aveva «manifestato la propria indisponibilità alla prosecuzione della terapia con il metodo ABA, probabilmente a causa della manacnza allo stato, di personale qualificato e specializzato in tale terapia comportamentale, ed ha invece proposto metodi terapeutici diversi, con personale non specializzato nel metodo ABA».
Quando si parla di “metodo ABA-VB”, è doveroso ricordarlo, ci si riferisce, come viene spiegato dall’ANGSA Bologna, «all’Applied Behavior Analysis ( “Analisi Comportamentale Applicata”) e al Verbal Behavior (“Comportamento Verbale”), strategie validate scientificamente nel mondo e consigliate dalla Linea Guida n. 21, “Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e adolescenti”, prodotta dall’Istituto Superiore di Sanità nell’ottobre 2011». Una metodica, riferiscono sia l’ANGSA, sia lo stesso Giudice del Tribunale di Bologna, che aveva portato il bimbo protagonista della vicenda «a ottenere grandi miglioramenti nel corso degli ultimi tre anni» e che la famiglia «aveva proseguito a spese proprie».

Alcuni interessanti elementi vengono sottolineati anche da Giorgio Muccio, l’avvocato che aveva proposto il ricorso, a nome della famiglia e dell’ANGSA. «L’Ordinanza del Giudice di Bologna – dichiara Muccio – enuncia alcuni importanti princìpi, tra i quali ad esempio quello di avere implicitamente riconosciuto che l’AUSL – come in genere in ogni trattamento sanitario oggi codificato in protocolli terapeutici – non dispone di un assoluto e insindacabile potere discrezionale nell’organizzare ed erogare le proprie prestazioni, anche in una materia come quella trattata. Altro importante principio, poi, è che le prestazioni in materia di autismo devono essere effettuate sotto la diretta supervisione di personale dotato di apposita e specifica qualificazione professionale».
«E ancora – prosegue il legale – il provvedimento ha stabilito che dev’essere assolutamente rispettato il principio della continuità assistenziale: quando cioè, come nel caso di questo bambino, un determinato trattamento ha dato risultati riscontrati nel lungo periodo come positivi, esso non può e non dev’essere mutato con interventi alternativi o confusamente aggiuntivi. Le cure prestate al bambino autistico devono essere inoltre condivise e accettate dai genitori, come compartecipi delle cure stesse».
«Infine – conclude Muccio – nella sua Ordinanza il Giudice sembra avere ritenuto che l’AUSL di Bologna sia stata, nel caso, per lungo tempo inadempiente, nel senso che le cure da essa offerte – a nostro avviso anche in modo tardivo -, non hanno dato risultati significativi, mentre efficaci sono state quelle prescritte dall’Azienda Sanitaria Marche Nord, centro specializzato per l’autismo della Regione Marche, cure che finora i genitori hanno dovuto sostenere privatamente».

Fonte: Superando.it

11/11/2013