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Premio scomodità 2011

Il 5 ottobre 2011 la Provincia di Bologna ha assegnato il Premio Provincia 2011 a Claudio Imprudente. Un’occasione per aprire una riflessione su come la disabilità possa diventare "pungolo", "stimolo", "spinta riformatrice e al pensiero critico". Il premio, da definizione del vocabolario, è una "ricompensa attribuita per valore o merito fuori dall’ordinario". Non dobbiamo necessariamente pensare a gesta epiche incredibili; come sapete usiamo dire anche che "la fedeltà merita un premio": forse perché ormai la fedeltà in sé è "fuori dall’ordinario", direte voi… A parte gli scherzi, l’attribuzione di un premio risponde all’esigenza (o all’opportunità) di riconoscere anche materialmente e spesso cerimoniosamente la qualità, il valore, la dimensione positiva di un singolo, di una istituzione, di una comunità, di un insieme di persone (pensate all’ultimo, anzi, le ultime Nobel per la Pace). Difficile che si premino valori e meriti negativi, più facile che si premino valori o risultati positivi attribuiti a persone che però, in ultima analisi, non incarnano, non esprimono quella caratteristica di positività, oppure lo fanno, ma in un altro senso: penso ad esempio, a chi viene premiato come vincitore dei 100 metri di atletica (valore positivo, l’eccellenza in una disciplina) e poi si scopre aver raggiunto quel risultato grazie anche all’assunzione di sostanze dopanti (trovato positivo al test e quindi espressione di un valore negativo, slealtà, scorrettezza, raggiungimento dei fini con mezzi inappropriati, ecc).

Comunque, ci risulta automatico associare premio e positività e ci suonerebbe paradossale un’associazione di segno opposto: il negativo non solo non va premiato, ma non va assolutamente promosso, anzi, va evitato, superato, soppresso. E se non fosse proprio così? Il 5 ottobre 2011 la Provincia di Bologna mi ha assegnato il Premio Provincia 2011, per ragioni legate in parte, molto probabilmente, all’attribuzione della laurea honoris causa da parte dell’Università di Bologna. Ma l’occasione era troppo ghiotta per ragionare sul paradosso cui accennavo e fare di una cerimonia formale e a rischio vacuità un momento di riflessione importante. In fondo, una persona disabile cosa rappresenta ad un’analisi non meditata, immediata? Pensiamoci un attimo, tenendo presente un modello ideale: la mancanza di mobilità, l’incapacità a svolgere autonomamente spesso anche le più semplici funzioni quotidiane, la lentezza nello svolgimento di operazioni materiali e mentali, ecc. e tutto quello che questi dati di partenza comportano. Ovvero, la disponibilità di mezzi e persone di trasporto, la presenza di qualcuno che possa assistere in tanti momenti della giornata, la "pazienza" di chi affianca nei vari ambiti la persona con deficit e così via. Se dovessi riassumere con una sola parola questa sarebbe scomodità. Ho fatto allora notare, durante il mio discorso, che quest’anno il Consiglio provinciale ha assegnato il proprio premio alla scomodità. Ragionamento divertente, ma che può portare lontano. E’ vero, la disabilità comporta per tutti degli oggettivi "inconvenienti", ma per gestirli è necessario che la società nel suo complesso subisca un riassestamento, che si adatti per dare una risposta adeguata, che in qualche modo rifletta sui meccanismi del suo funzionamento e, prima ancora, sui principi che regolano quei meccanismi; quindi, sui valori di base di quella stessa società. Per cui la disabilità (e la scomodità) esprimono una prima funzione positiva, perché fungono da pungolo, da stimolo, da spinta riformatrice, da spinta al pensiero critico. Ma c’è un secondo aspetto che occorre sottolineare: scrivevo prima che la disabilità richiede alla società pause di riflessione e movimenti di riforma. Ma quale è la condizione che non permette ai singoli di ragionare su se stessi e sulla società nel suo complesso, che elimina gli ostacoli ad un funzionamento dinamico, efficiente, non riflessivo, che non considera il cambiamento come unica possibilità di (r)esistenza? Di certo è una condizione di assenza di democrazia. Pensiamoci bene: la democrazia stessa per certi versi è scomoda, prevede che tutti possano esprimersi; che ad ognuno sia data la possibilità di manifestare i suoi dubbi e proporre le proprie idee; che le persone prendano parte alle decisioni e contestino quelle che non condividono; che possano organizzarsi per proporre o abolire delle leggi; che possano affrontare la realtà come una questione mai data, ma modificabile…questo rende certi procedimenti meno fluidi, meno esecutivi, ma contribuisce a far sì che le condizioni generali di vita sociale (in senso lato) siano migliorabili per tutti e da parte di tutti. Ecco che disabilità e democrazia presentano degli attributi che avvicinano l’una all’altra. Ecco che, allora, il Premio Provincia, in apparenza paradossalmente assegnato alla scomodità, si rivela conferito ad un pezzetto, per quanto piccolo e minoritario e debole, di democrazia. Scrivete a claudio@accaparlante.it o sul mio profilo di Facebook.

di Claudio Imprudente

Fonte: SuperAbile.it

07/12/2011