Una riflessione sulle tante contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo e i nostri spazi e un invito a non considerarli immodificabili: c’è bisogno di un intervento concreto nel mondo che sia "più efficace e più ostinato".
L’andamento degli eventi non segue un corso rettilineo, prevedibile. E’ la storia stessa o, meglio, la lettura che ne diamo in base ai dati che riusciamo a raccogliere (più o meno affidabili, anzi, dall’affidabilità più o meno verificabile) a non svolgersi in maniera lineare. Scarti, strappi, variazioni, eventi occasionali e forse irripetibili e periodi connotati da una calma e regolarità maggiori, almeno all’apparenza: sono questi gli elementi che caratterizzano e influiscono sullo sviluppo e la successione temporale dei fatti. Tanto che a volte sembra di vivere una condizione schizofrenica e di avvertire alcuni eventi come discordanti, inconciliabili, quasi che un caso smentisse l’altro appena il primo ha avuto modo di accadere, di mostrarsi e, magari, di suggerire un’interpretazione "generale" di quanto avvenuto. Questa sensazione si fa tanto più evidente quanto più breve è il tempo che intercorre tra un evento e quello successivo che smentisce il primo. In alcune occasioni questo scarto, questa negazione di un fatto da parte di un altro ci colpisce particolarmente, lasciandoci spiazzati, inermi e, perché no, offesi o turbati. A maggior ragione se, come scrivevo, la nostra ragione aveva ricostruito, da alcune premesse, un’interpretazione che reputavamo credibile, resistente nel tempo, affidabile per noi e non solo. Come già accennato in un precedente articolo (Il Messaggero di sant’Antonio di settembre 2011), l’Università di Bologna mi ha conferito pochi mesi fa la laurea honoris causa in formazione e cooperazione. Un riconoscimento che, come già scritto, per quanto indirizzato alla mia persona, ho subito interpretato come frutto di un lungo lavoro collettivo e, ed è questo che qui ci interessa, anche come parziale segno dei tempi (almeno dello sviluppo delle cose negli ultimi cinque decenni). Un disabile riconosciuto nelle sue capacità e nella sua professionalità. Ed il riconoscimento (dapprima come uomo, poi come singolo dotato di particolari abilità, ecc) è il risultato di un processo, di una successione, un’evoluzione (certo, costruita dalle azioni e riflessioni umane) che mi sembrava innegabile, evidente.
Ma, e questo passaggio dalla storia alla cronaca non deve sembrare inopportuno, dal giorno del conferimento della laurea mi è capitato, nella comunità di famiglie in cui vivo, Maranà-tha, di subire tre o quattro "non-riconoscimenti", che mi hanno colpito e fatto dubitare: avventori occasionali che, pur vedendomi in giardino o nell’atrio d’ingresso, si sgolavano in cerca di qualcuno (che non c’era o non rispondeva) in grado di dare informazioni, senza nemmeno provare ad interpellare me che ero lì a due passi e disponibile. Un salto indietro di trent’anni nel giro di una settimana. A ben vedere, la cosa si faceva involontariamente ironica perché chi chiama un qualcuno generico solitamente usa questa espressione interrogativa: "Non c’è nessuno?". Mentre io ero fisicamente lì, un qualcuno c’era, anzi ero l’unico ad esserci, presente, senziente, e non venivo affatto tenuto in considerazione come persona in grado di fornire delle informazioni. Di nuovo un’ironia dolorosa: proprio a pochi mesi di distanza da un riconoscimento accademico per le mie capacità formative e informative. Questo a segnare in maniera evidente quante contraddizioni possano coesistere non solo nel medesimo arco di tempo, ma anche nella stessa area geografica e probabilmente prodotte o rese manifeste da persone simili per cultura e grado di studio. Ma questo dato non ci spinga a riconoscere queste contraddizioni come una condizione immodificabile. Ci spinga semmai a farcene carico in maniera doppia, a cercare un intervento nel mondo (nella storia, volendo tornare all’inizio dell’articolo) ancora più efficace ed ostinato. Un buon proposito per l’anno che sta per iniziare. A proposito, buon Natale e buon anno nuovo. Scrivete a claudio@accaparlante.it o sul mio profilo di Facebook.
di Claudio Imprudente
Fonte: SuperAbile.it
20/12/2011