La Trattoria degli amici di Roma è un’importante occasione di formazione per persone con disabilità intellettiva e relazionale
MILANO – Sono i 12 commis di cucina e di sala della cooperativa Pulcinella che lavorano alla Trattoria de Gli amici di Roma (foto di gruppo a sinistra di Emiliano Lembo), entrambe realtà sostenute dalla Comunità di sant’Egidio. Nata nel 1991, la Trattoria è un’importante occasione di formazione e di lavoro per persone con disabilità intellettiva e relazionale. «Nel corso di questi anni avremo formato una trentina di persone. Alcuni ragazzi sono rimasti a lavorare da noi, altri invece sono passati alla concorrenza. E che concorrenza: Troiani, Roscioli, solo per fare due nomi. Questo perché sono lavoratori a pieno titolo», racconta Giuseppe Di Pompeo, responsabile della Trattoria.
INABILE AL LAVORO – Diceva il certificato medico: una porta chiusa verso il mondo. Maurizio Valentini l’ha voluta aprire e oggi è il sommelier della Trattoria. «Erano gli anni ’90, pochi pensavano che un disabile intellettivo potesse lavorare. A partire dalle stesse famiglie, che non immaginavano che loro figlio potesse, anziché ricevere una pensione, guadagnarsi uno stipendio. Abbiamo lottato tanto perché Maurizio non fosse più “classificato” a quel modo e così è diventato uno dei nostri primi collaboratori e oggi è un sommelier ricercato per le sue competenze. Astemio al 100%, Maurizio conosce tutto dei vini e ha imparato gusti e abbinamenti grazie a una meticolosa mappatura dei riscontri dei clienti. Chi conosce le sue abilità, lo richiede espressamente al tavolo».
PRENDERE IN MANO LA PROPRIA VITA – È accaduto a Angela Massa, che in trattoria fa la cameriera. «Angela arriva da una famiglia problematica: una mamma molto anziana, una sorella anche lei disabile, in un ambiente di povertà ed emarginazione. Angela grazie al lavoro ha potuto sposarsi e insieme al marito, anche lui disabile e anche lui lavoratore – fa il bidello – affittare una casa, condurre una vita normale. Dimostrando autonomia, voglia di riscatto».
LAVORO COME TERAPIA – «È l’obiettivo che di volta in volta condividiamo con l’Asl che ha in cura persone con grave invalidità e che non hanno mai provato cosa significhi lavorare. Non sempre diventano dei lavoratori. Ma se c’è uno spiraglio, ci sono molte speranze. Il lavoro è riabilitazione. Nei casi in cui si riesce, la persona si trasforma. È necessario, però, che il percorso sia una vera e propria attività lavorativa, pur commisurata al singolo caso».
INDISPENSABILI – «Senza questi ragazzi non potrei aprire la trattoria che ha 60 coperti nelle sale interne e 30 all’aperto, in una delle più belle piazzette di Trastevere, a pranzo e a cena. I ragazzi sono veri e propri lavoratori, su turni, con un preciso compito e ciascuno ci mette tutto stesso per farlo al meglio. Sono fedeli e affidabili, ci tengono talmente tanto al loro lavoro che fanno pochissime assenze. E creano un bel clima con gli altri colleghi normodotati».
NESSUNA SOLIDARIETÀ – «I clienti sono soddisfatti della nostra cucina e del servizio. A volte non si accorgono nemmeno che fra il personale ci sono i ragazzi della cooperativa. Quest’anno a Vinitaly abbiamo servito 900 persone che hanno visitato il nostro stand-ristorante. Un riconoscimento prima di tutto della professionalità. Quando clienti e operatori conoscono la nostra storia, allora ci dicono anche che facciamo una bella cosa».
IL RITORNO A CASA – «I ragazzi hanno un problema che non siamo ancora riusciti a risolvere. Camerieri e personale di cucina sono costretti a lasciare le loro mansioni quando ancora c’è gente ai tavoli. Per tornare a casa usano i mezzi pubblici, e sull’esperienza, è meglio che non prendano l’ultimo metrò o bus. Si sono verificati, infatti, alcuni episodi di bullismo. Ci stanno aiutando i tassisti, ma vorremmo avere un servizio diverso».
Carmen Morrone
Fonte: Corriere.it
04/05/2012