MILANO – Vorrei raccontare la storia, purtroppo vera, di Rino (nome di fantasia), un ragazzo di 19 anni affetto da una forma grave di Neurofibromatosi tipo 1 che seguo da circa 15 anni. La Neurofibromatosi è una delle tante malattie rare con cui il 28 o 29 febbraio, Giornata mondiale dedicata a queste patologie, tutti si riempiono la bocca parlando di «priorità di sanità pubblica» dimenticandosene 24 ore dopo. Rino ne è affetto in forma grave; come conseguenza di questo male infatti ha un’enorme massa che dalla base della lingua si estende sino a metà torace avviluppando tutti gli organi che ci stanno in mezzo. Per questo da 15 anni respira grazie a una tracheotomia, cioè un tubo che entrando nel collo sotto la laringe mette le vie respiratorie in comunicazione con l’esterno, permettendogli di non morire soffocato. Questo tubo viene cambiato periodicamente, ogni mese o mese e mezzo, in anestesia generale, necessita di aspirazione periodica delle secrezioni e di cura attenta e costante; semplicemente se si sposta cambiando posizione e non viene repentinamente rimesso in sede Rino muore.
LO STATO FA CASSA – I suoi genitori, semplici e splendidi genitori, si dedicano alla sua assistenza da una vita; si sono trasferiti dalla Puglia appositamente per questo sin dai primi anni di vita di Rino. Una vita in salita, una vita speciale, una vita dignitosa, una vita fatta di piccole felicità, una vita faticosa, tremendamente faticosa. Ed ecco che il nostro magico Stato ha recentemente deciso che Rino è sì affetto da una malattia grave ma che, per incanto, non ha più bisogno di assistenza continua. Per questa ragione Rino non percepirà più l’assegno di accompagnamento ma solo il sussidio di invalidità, poco più di 200 euro contro i 480 di prima. Ebbene io di questo Stato che fa cassa sui deboli mi vergogno così come mi vergogno di coloro, e ci sarebbero nomi e cognomi, che sono responsabili di questa ignominia. La ragione per cui scrivo è anche perché la storia di Rino è solo il botto clamoroso ed eclatante di ciò che, grazie al mio posto di lavoro (responsabile di una Unita operativa semplice di Genetica Clinica Pediatrica), vedo tristemente da alcuni anni (guarda caso anni di crisi).
RICORSO? SERVONO SOLDI – Uno stillicidio enorme di umiliazioni inflitte gratuitamente dal nostro Stato e dai suoi vergognosi burocrati a decine e decine di famiglie; uno Stato che scientificamente ha iniziato a tagliare fondi e sostegni ai deboli, ben sapendo che su 100 famiglie faranno ricorso solo una minoranza (e la vinceranno di certo) ma intanto i restanti 90 contributi sono stati risparmiati. Assegni di accompagnamento, pensioni di invalidità, leggi 104, insegnanti di sostegno tagliati o drasticamente ridotti; rivedibilità triennali costantemente imposte a persone affette da malattie genetiche inguaribili, pure certificate da test genetici inequivocabili. Qualche superficiale osservatore potrebbe obbiettare: «Chi non fa ricorso è perché non aveva diritto al beneficio; abbiamo solo stanato qualche falso invalido». Risponderò con le parole di un padre di un ragazzo affetto da una forma grave di ritardo mentale causato da una rarissima (e certificata) anomalia genetica che alla mia proposta di ricorrere contro la decisione della commissione che gli aveva tagliato l’assegno di accompagnamento mi ha detto con voce avvilita: «Dottore per fare ricorso ci vogliono tempo e soldi… e io non ho né l’uno né gli altri».
Fonte: Corriere della Sera.it
13/07/2012