Lo ha stabilito il Tar della Calabria nel decidere sul ricorso di una famiglia che ne aveva fatto richiesta al Comune e se l’era vista rifiutare perché erano già state assegnate le ore alla scuola frequentata dal figlio disabile
ROMA – L’Ente locale ha l’obbligo di fornire assistenti (preparati) per l’autonomia e la comunicazione. Lo ha stabilito il Tar della Calabria nel decidere sul ricorso di una famiglia che aveva chiesto al Comune di residenza l’assegnazione di dieci ore settimanali di un assistente per l’autonomia e la comunicazione del figlio sulla base della diagnosi funzionale dell’Asl e se l’è vista rifiutare perché erano già state assegnate alla scuola del figlio un certo numero di ore per alcuni alunni.
Dato che dall’assegnazione, secondo la famiglia, non risultava né il numero di ore concretamente assegnate al figlio né una specifica formazione dell’assistente per rispondere ai suoi bisogni educativi, ha presentato ricorso al Tar che lo ha accolto pienamente. L’alunno disabile ha, infatti, diritto ad avere, oltre a un certo numero di ore di sostegno, anche un certo numero di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione (che è diversa dal sostegno didattico) con un assistente formato a rispondere agli specifici bisogni assistenziali dell’alunno. L’articolo 139 del decreto legislativo 112/1998 assegna il compito di fornire l’assistente ai Comuni per la scuola del primo ciclo e alle Province per la scuola del secondo ciclo. A nulla è valsa l’obiezione del Comune sulle proprie ristrettezze economiche perché in presenza di un diritto costituzionalmente garantito non ci sono vincoli di bilancio che possano giustificarne la violazione. Rigettata anche l’obiezione del Comune in base alla quale essendo la fine di maggio la nomina non aveva senso. Il Tar ha, infatti, precisato che dovendo continuare il ciclo di studi anche l’anno successivo, l’alunno aveva diritto fin da subito a ottenere la sentenza favorevole in modo da trovarsi a disposizione l’assistente fin dall’inizio dell’anno scolastico.
La famiglia aveva anche chiesto il risarcimento del danno esistenziale dovuto al ritardo nella nomina (fatta fin dall’inizio dell’anno scolastico), ritardo ancora più grave trattandosi di un alunno con disabilità intellettiva e quindi maggiormente bisognoso di assistenza. La richiesta è stata formulata sulla base dell’obbligo di solidarietà sociale che l’articolo 2 della Costituzione impone a tutti e quindi anche gli Enti locali. Per la quantificazione del danno, però, la famiglia si è rimessa all’equo apprezzamento del Tar che ha rinviato a dicembre l’udienza per la trattazione specifica di questo argomento. Il Tar ha, inoltre, nominato un commissario ad acta con il compito di provvedere alla nomina dell’assistente se entro un deteminato numero di giorni il Comune non vi avesse provveduto autonomamente, stabilendo inoltre che, nel caso in cui il commissario fosse stato costretto a intervenire in modo sostitutivo rispetto all’inadempienza del Comune, avrebbe dovuto presentare denuncia alla Corte dei Conti per il danno erariale che la nomina del commissario e il suo intervento hanno causato. Il Tar, infine, ha compensato le spese sulla base della considerazione che il Comune non fosse totalmente inadempiente, avendo fornito un assistente anche se non preparato e per un numero di ore indefinito.
La sentenza del Tar della Calabria non è rivoluzionaria, ma fa chiarezza sull’obbligo degli Enti locali a fornire un assistente preparato, e non uno qualunque, per un numero di ore proposto dall’Asl. Va osservato, però, che anche questa come molte altre decisioni basano il proprio pronunciamento non sulla necessità di rispondere a bisogni educativi speciali accertati dal mondo della scuola, ma su valutazoni e certificazioni mediche. Anche la quantificazione delle ore si basa su certificazioni mediche, anche se l’articolo 10 comma 5 della legge 122/2010 basa il diritto a un certo numero di ore sul Piano educativo personalizzato (che, pur se predisposto sulla base delle valutazioni sanitarie, viene elaborato anche dai docenti e dala famiglia). È questa una derivazione di tipo sanitario che, se processualmente giova alla tutela degli alunni con disabilità, è però in contrasto con l’approccio bio-psico-sociale contenuto nella Convenzione dell’Onu sui diritti dei disabili.
Sembra, inoltre, contraddittoria la decisione di compensare le spese, dal momento che il Tar ha riconosciuto chela soluzione offerta dal Comune alla famiglia fosse inadeguata a soddisfare il diritto dell’alunno. Nella teoria generale delle obbligazioni e nel Codice Civile anche un adempimento inadeguato corrisponde a un inadempimento e quindi il Comune avrebbe dovuto essere dichiarato totalmente soccombente. Purtroppo, sono ancora molto frequenti le sentenze di compensazione delle spese in tutti quei casi in cui ci sia una, sia pur minima, giustificazione formale del comportamento dell’amministratore. E ciò danneggia ingiustificatamente le famiglie costrette ad accollarsi parte delle spese per vedersi riconosciuto un diritto che avrebbe dovuto essere spontaneamente tutelato dalle amministrazioni stesse. Credo che, se la famiglia decidesse di impugnare questa parte della sentenza, si dovrebbe veder riconosciuto dal Consiglio di Stato il diritto alla refusione totale delle spese.
di Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale FISH
Fonte: Superabile.it
19/07/2012