ROMA – Basta con la politica che “demonizza i disabili” per un cambiamento di rotta è necessario ripartire dai contenuti delle legge 328/200, che con “quel suo articolo 24 di delega al Governo, aveva fatto sperare nella nascita di un moderno Stato sociale capace di esprimere quella cultura della solidarietà che appartiene alla nostra tradizione storica”. Lo scrive Giovanni Pagano, presidente della Fand in una lettera fiume indirizzata a tutti i candidati delle prossime elezioni. Nel documento programmatico diffuso oggi sono contenute le richieste del mondo della disabilità alla politica a cominciare dai livelli essenziali di assistenza, i servizi e le prestazioni economiche. La Fand sottolinea di non voler adottare un atteggiamento “conservativo, cioè lottare per conservare l’esistente”, ma “concorrere a costruire uno Stato sociale che promuova una politica integrativa che incrementi e/o differenzi ulteriori trattamenti assistenziali strutturati sulla base delle condizioni territoriali, di sviluppo delle aree, di sussistenza di servizi e delle condizioni economiche del disabile e della famiglia”. Per fare questo è essenziale ridefinire il quadro normativo generale.
Accertamenti rapidi, non autosufficienza, tutela giuridica. Tra le richieste Pagano parla di un procedimento di accertamento medico-legale delle prestazioni economiche che sia “semplificato e rapido”, in cui intervenga una sola Commissione di valutazione e un solo ente che liquidi ed eroghi le prestazione medesime; di un sistema di valutazione delle patologie che tenga conto dell’evoluzione della medicina e della tecnica e in particolare della finalità dell’accertamento dell’invalidità; dell’ individuazione dei presupposti perché possa parlarsi di non autosufficienza da accertare con riferimento sia all’autonomia soggettiva della persona considerata in sé che nella sua vita di relazione; del rafforzamento della tutela giudiziaria che deve essere effettiva, snella e fondata sul giusto procedimento, perché non è possibile sacrificare la tutela del disabile alla necessità dello sfoltimento delle cause presso le Corti di appello; così come l’eliminazione delle revisioni straordinarie, duplicato inutile di ciò che potrebbe perseguirsi con normali procedimenti di verifica ordinaria già previsti dalla normativa vigente perché connessi all’andamento evolutivo delle patologie. “Questa funzionalità del sistema amministrativo per essere completa deve nascere utilizzando l’apporto delle associazioni di categoria che devono essere chiamate a partecipare alla costruzione della politica assistenziale – si legge nella lettera – favorendo la loro vocazione a rimanere estranee alla gestione delle prestazioni, ma non alla partecipazione alla elaborazione delle linee programmatiche e al controllo sulla loro corretta applicazione e quindi rendendo effettiva la loro presenza negli organismi di indirizzo e vigilanza, in particolare dell’Inps”.
Gli enunciati non bastano: serve sostegno a partire dal tema del lavoro. Ma la funzionalità del sistema non basta se poi sul piano sostanziale i diritti dei disabili restano solo enunciati e non sostenuti in concreto. “La nostra legislazione enuncia in modo deciso il diritto al lavoro dei disabili, costruendo un sistema privilegiato di collocamento obbligatorio sia nel pubblico che nel privato – continua il documento – Ma fissare percentuale di assunzioni obbligatorie o sforzarsi per individuare la specificità della residua capacità lavorativa dei disabili e poi non avviare un serio sostegno all’attività di formazione lavorativa dei disabili significa solo enunciare principi ma non sostenere persone”. Inoltre si chiede di favorire la cooperazione e sostenere l’apprendistato La stessa concessione delle provvidenze economiche andrebbe potenziata e diversificata. “Non tutti i disabili sono uguali in quanto a condizioni personali, a situazioni familiari, a condizioni economiche, a situazioni territoriali e di servizi disponibili” si legge.
Sostegno alla famiglia. Secondo la Fand la diversificazione costituisce il presupposto per una diversa articolazione degli interventi economici integrativi o dei servizi alternativi e “non può che essere ancorata alla sola posizione reddituale del richiedente”. “In questa azione di diversificazione delle posizioni ai fini assistenziali deve avere un ruolo centrale la famiglia, luogo naturale e di elezione soprattutto per i disabili gravi non autosufficienti – si legge – Questo nucleo naturale è chiamato dalla legge (a farsi carico dei bisogni dei componenti indigenti e in particolare dei disabili economicamente non autonomi. Ma a questo obbligo morale, oltre che giuridico, deve accompagnarsi un sostegno pubblico reale. La normativa sui permessi e congedi e quella sull’amministratore di sostegno costituiscono interventi legislativi importanti. Ma non basta consentire al familiare di assentarsi dal lavoro per scopi assistenziali o legittimarlo al compimento di atti giuridici altrui, per ritenere di avere risolto il problema”. Ma il disabile non è solo destinatario di assistenza ma, scrive Pagano “è anche soggetto che chiede di entrare nella vita sociale attraverso un’ istruzione adeguata e una partecipazione alla vita di relazione e in particolare all’interno delle istituzioni”. In questo senso è necessari una politica di sostegno scolastico, “che eviti il mortificante ricorso alla magistratura”.
Allo stesso modo è necessario un un ripensamento degli istituti di diritto privato (proprietà, locazioni, beni produttivi ….) per eliminare quelle “forme di abuso del diritto che mentre non portano vantaggio a chi li pone in essere, sicuramente recano danno ai soggetti disabili che li subiscono”. “A questi elementi generali – conclude Pagano – devono essere aggiunti tutti quegli aspetti che riguardano le singole tipologie di disabili; ciechi, sordi, malati psichici hanno necessità di ricevere interventi mirati inclusivi, legati alla specificità della loro minorazione perché se è vero che sussiste diversità tra disabili e non, esiste diversità anche all’interno del mondo della disabilità che è esso stesso pluralista. A monte di tutto ciò deve esservi un radicale mutamento culturale: la società civile in questi anni, è stata orientata in modo negativo verso il mondo della disabilità. Ci si è dimenticati dell’uomo per mettere l’accento sulla “categoria” che assorbirebbe risorse e non concorrerebbe alla crescita dello Stato. La nuova politica si spera possa innescare una nuova stagione di doveri”.
Fonte: Disablog.it
14/01/2013