Reggio Emilia, apre lo sportello di difesa civica per i diritti dei disabili

Reggio Emilia, apre lo sportello di difesa civica per i diritti dei disabili

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Si chiede di fare luce sul trapianto di cellule staminali autologhe al quale alcuni anni fa l’ex presidente Aisla poté sottoporsi, avendone beneficio, alla Fondazione Maugeri di Pavia: per il Comitato, "non seguì l’iter ufficiale". In Italia, ancora oggi, non ci si può sottoporre al trapianto senza approvazione dell’Iss. La sperimentazione è in ritardo

ROMA – Il cosiddetto "protocollo Melazzini" finisce in procura: il "Comitato 16 novembre", che raccoglie un gruppo di malati di Sla, annuncia infatti di essere intenzionato entro dieci giorni a sporgere formale denuncia all’autorità giudiziaria affinché accerti la situazione della sperimentazione di un protocollo basato sul trapianto di cellule staminali autologhe al quale si è sottoposto negli anni scorsi Mario Melazzini, attuale assessore alla Sanità in Lombardia nella giunta Formigoni ormai in scadenza e già presidente di Aisla (l’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica). Un trattamento, quello attuato da Melazzini, che per stessa ammissione del diretto interessato ha portato indubbi benefici, con un miglioramento delle sue condizioni di salute, e che però – è la denuncia del Comitato – viene negato agli altri malati di Sla: la sperimentazione infatti procede in ritardo, e a distanza di almeno due anni e mezzo dai primi annunci di "imminente partenza" ancora nulla si sa ufficialmente del percorso che l’Istituto superiore di sanità ha autorizzato in due soli pazienti. Per questo il "Comitato 16 novembre" chiede ora di conoscere la reale situazione, al contempo chiedendo anche di conoscere le modalità attraverso cui Melazzini si sottopose a suo tempo alla sperimentazione: un trattamento che richiederebbe un iter molto preciso e una serie puntuale di vincoli che l’allora presidente di Aisla avrebbe – a parere del Comitato – sostanzialmente saltato.

Scrivendo alla Direzione generale della Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia (struttura presso la quale Melazzini ha svolto il ruolo di primario al Day Hospital Oncologico e presso la quale ebbe concretamente luogo il trattamento) e per conoscenza inviata anche al sostituto procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello, la presidente del "Comitato 16 novembre", Laura Flamini, ricorda gli "evidentissimi miglioramenti" dello stato di salute di Melazzini, capace nel tempo di "riprendere funzionalità ormai perdute", cosa presentata come alquanto singolare per un paziente colpito da una malattia degenerativa, e ricostruisce quanto accaduto facendo ricorso ad uno scambio epistolare fra il Comitato e lo stesso Melazzini avvenuto nel novembre 2010. In quella circostanza Melazzini raccontava di essersi sottoposto ad un trattamento basato su un potente chemioterapico immuno-soppressore e immuno-modulatore, e ad una raccolta e re-infusione (dunque un auto-trapianto) di cellule staminali emopoietiche. "Ho firmato più assunzioni di responsabilità come medico in quel periodo, che proporzionalmente di quelle firmate in tutta la carriera professionale", raccontava Melazzini.

"Per quanto ci è dato conoscere – scrive la presidente del Comitato – in Italia, ancora oggi, non è possibile effettuare un trapianto che non sia stato sottoposto all’approvazione dell’ISS: ogni giorno ci interfacciamo con i medici che inneggiano alla prudenza ed al rispetto delle regole civili, etiche e professionali, quelle regole che impediscono loro di prescriverci, o anche solo consigliarci, rimedi la cui sicurezza ed efficacia non sia documentata, e regolarmente e scientificamente testata. La legge italiana – continua Flamini – dispone che è necessario organizzare una sperimentazione che testi e verifichi gli effetti sui malati con qualunque patologia: questo richiede tempo, anni, risorse, diversi malati volontari, decine di medici, ricercatori, centri qualificati che seguano un protocollo approvato da una serie di agenzie che ne verifichino la qualità. Tutto questo iter, tuttavia, per sua diretta ammissione, non è stato seguito dal Dott. Melazzini che ha potuto sottoporsi a tale sperimentazione senza doversi attenere ai vincoli dettati per tutti gli altri ammalati".

"Tutto ciò – continua la presidente del Comitato – avrebbe avuto un senso se, al manifestarsi dei primi segnali di miglioramento, (si parla di pochi mesi), ci fosse stata una pubblica dichiarazione sulla terapia provata e una conseguente richiesta di validarla: così non è stato". Flamini fa presente che "ci sono voluti ben sei anni prima che due soli pazienti fossero arruolati in un trial del quale ancora non si conoscono gli esiti". "C’è molta poca chiarezza in tutto ciò", dice, chiedendo ragione alla Direzione generale di quella struttura (appunto la Fondazione Maugeri di Pavia) nella quale si è svolto il trapianto di Melazzini. La richiesta è quella a rendere pubblici gli atti ufficiali, "tempo, modalità ed autorizzazione all’esecuzione dell’intervento" che "non può essere stato realizzato dal Dott. Melazzini in solitudine".

Fonte: Superabile.it

07/03/2013