Elettroshock, la scienza si divide. Il fronte del sì scrive a Sacconi: Sia incrementato

Elettroshock, la scienza si divide. Il fronte del sì scrive a Sacconi: Sia incrementato

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L’Associazione italiana per la terapia anticonvulsivante si rivolge al ministro chiedendo appunto “di favorire l’installazione di questo trattamento nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura presso gli ospedali pubblici”, e che “venga istituito un servizio di Tec almeno per ogni milione di abitanti, un tasso molto inferiore a quello dei Paesi europei”

ROMA – Considerare l’elettroshock come una pratica dannosa e controproducente, retaggio culturale di un mondo spazzato via dalla legge Basaglia, quella che chiuse i manicomi in Italia (era il 1978), oppure ritenere la terapia elettroconvulsivante (Tec) come l’unico e il miglior strumento clinico e scientifico per curare casi di depressione grave non risolvibili con altre terapie? Sul tema dell’utilizzo dell’elettroschock negli ultimi tempi il mondo della scienza e della medicina e’ tornato a dividersi e a schierarsi, tra psichiatri che sostengono la validita’ dell’iniziativa, avallata dalla tesi di una percentuale di guarigione dei pazienti in seguito a trattamento elevatissima, addirittura vicina al 100%, e coloro che sostengono, al contrario, che l’elettroschock sia pericoloso e provochi gravissimi danni alla memoria.

Gia’ nella scorsa legislatura l’ex ministro della Salute, Livia Turco, aveva ricevuto una petizione che chiedeva a gran voce l’aumento e la diffusione di questo trattamento. Ora tocca al ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Ad inviargli una lettera ci ha pensato l’Aitec (Associazione italiana per la terapia anticonvulsivante), che nel trentennale della legge Basaglia si rivolge al ministro chiedendo appunto “di favorire l’installazione di questo trattamento nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura presso gli ospedali pubblici”, e che “venga istituito un servizio di Tec almeno per ogni milione di abitanti, un tasso molto inferiore a quello dei Paesi europei”.

L’Aitec in proposito ricorda che nel nostro paese “ci sono solo 9 strutture psichiatriche dove un paziente puo’ essere trattato con la Tec, a cui si aggiungono tre cliniche private convenzionate con il Servizio santario nazionale” (Clinica San Valentino a Roma, Clinica Santa Chiara a Verona e Clinica Barruzziana a Bologna).

La terapia elettroconsultivante, si legge nella lettera inviata dall’associazione, “costituisce tuttora il piu’ efficace trattamento delle sindromi depressive, specialmente di quelle piu’ gravi, psicotiche e con alto rischio di suicidio. Con la tecnica moderna della sua applicazione gli effetti indesiderabili sono irrilevanti. Tale incontestabile efficacia clinica e’ comprovata dal largo uso di questa terapia negli ospedali pubblici di tutta Europa”. Secondo i dati in possesso dell’Aitec, in Olanda esistono 35 servizi di Tec, 32 in Belgio, 35 in Danimarca, 159 in Germania e 160 nel Regno Unito 160.

Le ragioni di questa disparita’ fra l’Italia e gli altri paesi europei, sottolinea ancora l’associazione, “sono i pregiudizi ideologici, le interferenze politiche e una diffusa ignoranza sia sulla depressione sia sugli effetti di questo trattamento, a volte necessario e salvavita. Le conseguenze di questa situazione in Italia sono le gravi sofferenze per molti mesi e anni dei pazienti e delle loro famiglie”.

Fonte: superabile.it

29/09/2008