Un computer per dire ti amo

Un computer per dire ti amo

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L’hanno definita ‘Anna dei miracoli’ e il miracolo questa donna coraggiosa e tenace l’ha compiuto davvero …….

Ho cominciato a giocare con il PC quando ancora non avevo dieci anni. In casa mia il computer ‘ci abita’ da sempre, fa parte del mio lavoro, dei miei hobby. Se a comprare un’automobile o una pelliccia ci penso un po’, per una stampante o un modem non batto ciglio. Non avrei mai immaginato, pero’,che un giorno avrei dovuto ringraziare proprio il computer per avermi ridato il mio Max,anche se non tutto intero.

…….. A quel qualcuno voglio dire che, anche quando sembra non esserci una via d’uscita, non si deve perdere la speranza enon bisogna mai arrendersi. Neppure quando ‘i luminari’ sentenziano che ‘non c’e’ proprio nulla da fare’. Tutto e’ accaduto a Ibiza per un incidente stradale di cui Max (mio marito) ed io non avevamo nessuna colpa. Gia’ prima di allora ero convinta che le strade di asfalto fossero da sostituire con autostrade virtuali elettroniche,che permettessero, collegandosi ad un computer, di girare il mondo senza farsi male. Fra le mie tante manie, c’era anche quella di rispettare i limiti di velocita’: li rispettavo sempre, nonstante le mie amiche dicessero che guidavo troppo piano.

………. Avevamo affittato una Vespa per spostarci piu’ liberamente ed indossavamo il nostro bravo casco (altrimenti la nostra storia sarebbe finita molto prima). Non ricordo nulla dell’incidente, solo una macchina tanto vicina. Poi il risveglio in ospedale con una gamba in trazione ed io che chiedo al dottore ‘Donde esta mi hombre?’. E la risposta: ‘Es vivo’. Quando ti dicono ‘E’ vivo’ non ti danno una bella risposta. Max infatti non era morto, ma era moribondo e lo avevano trasportato in un altro ospedale, a Palma di Maiorca, per operarlo d’urgenza a causa di un grumo di sangue che si era formato nel cervello. Abbiamo passato due mesi separati, in cliniche diverse.

………… Dopo un po’ di tempo sono ritornata in Italia con mio marito, solo che lui ha continuato il suo ‘viaggio’ nel reparto rianimazione.

……….. La prima volta che mi sono trovata davanti a Max, non l’ho neppure riconosciuto. Aveva la testa gonfia, due occhi d’un nero e d’un pesto incre- dibile. I suoi capelli biondi non c’erano piu’ ed era dimagrito di almeno venti chili in un mese e mezzo. Una serie di tubi gli usciva dalla bocca e dal naso. L’ho gurdato e sono riuscita solo a pensare: ‘Poveraccio!’.

…………. Non so come ho fatto a non svenire in quel momento. Ero diperata, ma volevo aiutarlo, a ogni costo. E ho iniziato cosi’ la mia opera di appoggio al lavoro dei medici. Tutti i giorni, piano piano, Max faceva qualche piccolo enorme progresso. Se muoveva un dito, io esultavo: ‘Ehi, ehi, ha mosso un dito’. Apriva gli occhi, uno per volta. Io gli chiedevo: ‘Tira fuori la lingua’. Lui se ne stava coi piedi di fuori da letto troppo corto, il testone gonfio immobile e quegli infernali apparecchi intorno: bip bip bip. Poi improvvisamente, mio marito e’ stato trasferito in neurologia, perche’ i medici avevano deciso che non moriva piu’.

……..Il reparto di neurologia e’ dipinto di giallo ed e’ pieno di gente con la testa fasciata. La differenza sostanziale con l’azzurra rianimazione, dove si e’ attenti anche al piu’ piccolo movimento di un dito, e’ che qui si fa meno caso alle mosse dei malati. I ricoverati sono persone perfettamenti coscienti che pero’ non camminano, o persone che camminano benissimo ma non sanno dove andare perche’ la loro testa non e’ piu’ in grado di ragionare. Il mio Max aveva entrambi i problemi: non camminava e non capiva niente. Era il paziente piu’ grave.

……… Un mio amico mi consiglio’ di portarlo a Ferrara, in un centro di riabilitazione molto attrezzato e, pur pensando che in quel centro o da qualsiasi altra parte sarebbe stato lo stesso, volli tentare. Una decisione presa a casaccio, per non avere sensi di colpa, perche’ l’informazione sanitaria in Italia e’ tale che, se non conosci qualcuno, non c’e’ un cane che ti dica qual e’ la cosa giusta da fare. Il Sant’Anna di Ferrara e’ un centro con pochissimi posti letto, riservati a persone che hanno subito traumi cerebrali, ictus, o che soffrono di peggio al cervello.

……ogni mattina e pomeriggio si sottopongono a due ore di riabilitazione. A me quella ginnastica sembrava inutile e crudele. Invece in un paio di mesi il mio Max abbandona la carrozzina. Non parla ancora, pero’ mi bacia, mi sorride, capisce benissimo chi sono. Mi dicono che e afasico. Non si sa molto sulla cura di questa malattia che comporta una perdita totale o parziale del linguaggio, dovuta a un trauma nell’emisfero sinistro. In pratica, si perde il significante e non il significato: sai benissimo cos’e’ una mela, ma non lo puoi dire se non a te stesso. Max sapeva che il cucchiaio serve per mangiare e che la televisione si puo’ guardare, ma le parole cucchiaio e televisione non c’erano piu’ e il suo vocabolario conteneva solo due parole riconoscibili: ‘mamma’ e ‘bere’.

………I medici, dopo aver tentato una riabilitazione del linguaggio e diagnosticato a Max l’afasia ‘chiusa’, cioe’ inguaribile, mi hanno detto: ‘Non c’e’ niente da fare’. Naturalmente ero disperata, ma non rassegnata, e chiedevo a tutti quelli che incontravo se avessere qualche ‘dritta’. Alle soglie del Duemila, nell’era dei computer, infatti non esisteva , e non esiste neppure oggi, una banca dati con indicazioni pratiche su questa o quella malattia. Le informazioni girano attraverso una sorta di tam tam, come nella giungla, ed e’ stato il tam tam ad indicarmi un centro a Parma, con uno studio cosi’ piccolo che il gabinetto a confronto e’ una sala da pranzo, e una logopedista, Delfina, che puo’ fare al massimo due ore di terapia alla settimana a ogni paziente, perche’ deve accontentare moltissime richieste.

……….. Siccome il tempo che poteva dedicare a Max era troppo poco, mi insegno’ degli esercizi semplici, in modo che continuassimo a lavorare anche a casa. Poi ci domandammo se il computer avrebbe potuto essere utile nella terapia. E iniziammo a mettere in pratica tutte le idee che ci venivano in mente. Cosi’ un giorno, mi sono seduta davanti al mio personal computer, ho esclamato: ‘Vai’ ed ho creato un programma facile i cui esercizi sono stati sviluppati con FileMaker Pro, che e’ adattissimo allo scopo, in quanto da’ la possibilita’ di inserire immagini e suoni. Sul video appaiono, come in un quadro, delle immagini: per esempio un albero, una pera, una ruota e da, un piccolo altoparlante, si sente la mia voce preregistrata che dice ‘Albero’, ‘Pera’, etc. Vicino al video c’e’ il mouse attraverso cui e’ possibile muovere liberamente all’interno dello schermo una freccia ben visualizzata. E’ sufficiente spostare la freccia sulla figura esatta e fare clic per sentire la mia voce che dice: ‘Bravo!’,con entusiasmo; se invece la figura scelta e’ errata la voce dice ‘Nooo!’, con tono dispiaciuto.

………… Ci sono voluti due anni e tanto esercizio. Ma piano, piano, come per magia, mio marito ha ripreso a parlare, e i suoi progressi sono stati sorprendenti. Adesso fa lunghi discorsi, anche se quando e’ molto stanco dice ancora qualche fesseria. Non e’ piu’ un venditore come prima dell’incidente, perche’ quel lavoro lo obbligherebbe a spostamenti ed a conversazioni con i clienti, non certo adatti al suo stato. Comunque e’ impiegato in un ufficio, prepara bonifici, lettere, controlla fatture e riesce a guadagnare uno stipendio. Deve rinnovare la patente ogni due anni e non ogni dieci come gli altri, ma guida benissimo e, dati i precedenti, e’ molto prudente.

……….. Credo di non aver fatto nulla di speciale e, visti i tempi, consiglierei a tutti di imparare ad usare il computer.

Fonte: digilander.libero.it

28/12/2008