Prende la patente guidando ”con i piedi”, dopo l’Italia accade anche in Spagna – 01/08/2011

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A trent’anni dell’entrata in vigore della Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), è uscito il "Rapporto Ombra" sull’implementazione della stessa nel nostro Paese. Un documento denso di analisi e di proposte, nel quale la specificità femminile è coniugata anche in funzione di altre diversità: immigrate, lesbiche, disabili, donne Rom e Sinte, carcerate, prostitute, tossicodipendenti, anziane ecc. Uno strumento di controinformazione offerto dalla società civile, per dire che in Italia, sino ad oggi, la Convenzione CEDAW è stata applicata poco e male

Il 18 dicembre 1979 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottava la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women – CEDAW), che entrò in vigore il 3 settembre 1981 e che è stata ratificata da 186 Stati, tra i quali anche l’Italia (Legge 132 del 14 marzo 1985). Essa si compone di un preambolo e di trenta articoli che individuano ambiti specifici di discriminazione e indicano gli strumenti di rimozione della stessa. Ci si riferisce in particolare alle discriminazioni che limitano la partecipazione della donna alla vita pubblica e lavorativa, nonché ai processi decisionali politici, familiari e personali. La Convenzione mira anche a contrastare la violenza di genere e a superare gli stereotipi che associano agli uomini e alle donne ruoli predefiniti all’interno della famiglia e della società. Gli Stati che l’hanno sottoscritta sono impegnati a presentare, con cadenza quadriennale, una relazione sui risultati raggiunti.

In occasione dei trent’anni dall’entrata in vigore di questo importante accordo internazionale, è stato pubblicato il Rapporto Ombra sull’implementazione della Convenzione in Italia, sottoposto proprio nei giorni scorsi all’esame del Comitato per l’applicazione della CEDAW, a New York, presso le Nazioni Unite. Tale testo è stato elaborato dalla piattaforma italiana "Lavori in corsa: 30 anni CEDAW", mentre la redazione è stata curata da Barbara Spinelli. Partendo dunque dall’analisi di un rapporto presentato dal Governo Italiano nel 2009, il gruppo di lavoro ne ha redatto un altro, che copre il periodo dal 2005 ad oggi e che, mettendo in rilievo le principali criticità che hanno influito sulla diffusione e l’applicazione della Convenzione in Italia, si propone anche come uno strumento di controinformazione realizzato da oltre cento organizzazioni della società civile. Uno dei tratti distintivi di questo documento è il fatto che le discriminazioni nei confronti delle donne vengono analizzate anche in relazione ad altre specificità: migranti, Rom e Sinte, disabili, carcerate, prostitute, anziane, lesbiche, transessuali ecc.

In una scheda di sintesi la stessa Spinelli spiega: «Il giudizio complessivo nei confronti dell’attività dei Governi che si sono succeduti in questi anni è critico: poco è stato fatto a livello strutturale per combattere gli stereotipi sessisti e i pregiudizi di genere, che "minano alla base la condizione sociale delle donne, costituiscono un impedimento significativo alla attuazione della Convenzione, e sono all’origine della posizione di svantaggio occupata dalle donne in vari settori, compreso il mercato del lavoro e la vita politica e pubblica" (Raccomandazione n. 25/2005 del Comitato CEDAW all’Italia)». Sono tanti gli aspetti presi in esame nel Rapporto Ombra e, per ciascuno di essi sono state state elaborate specifiche Raccomandazioni. Vediamone una sintesi.

Il testo invita a colmare alcune lacune legislative, introducendo una definizione di discriminazione che non prenda in considerazione solo il sesso, ma anche il genere e l’orientamento sessuale. Propone specifiche azioni volte a far conoscere e divulgare la Convenzione e a promuovere una maggiore partecipazione della società civile. Suggerisce alcuni miglioramenti della disciplina antidiscriminatoria, con particolari accorgimenti per le donne migranti. Individua misure volte a superare le attuali criticità nel funzionamento del sistema delle Pari Opportunità e promuove l’istituzione di un organismo indipendente di monitoraggio e tutela dei Diritti Umani. Promuove l’elaborazione di una normativa sugli stereotipi di genere lesivi dei diritti delle donne e delle bambine, che imponga linee guida di genere alle quali i media, le aziende e le agenzie pubblicitarie siano tenute a conformarsi. Raccomanda la raccolta e la diffusione di dati relativi allo sfruttamento sessuale delle donne (tratta e prostituzione), nonché altre misure tese a prevenire e contrastare questo fenomeno. Azioni specifiche vengono inoltre proposte per quel che concerne: la rappresentanza delle donne nella vita pubblica e politica e negli organismi nazionali e internazionali; la discriminazione delle donne straniere nell’acquisizione della cittadinanza, l’accesso all’istruzione pubblica, gratuita e di qualità per cittadine, straniere, Rom, Sinte e disabili, l’inserimento obbligatorio nei piani di studio dell’educazione alla salute sessuale e riproduttiva; le politiche occupazionali (con specifico riferimento alle esigenze di conciliazione vita/lavoro, agli ammortizzatori sociali, alla parità di retribuzione, alla tutela della salute e della sicurezza delle donne lavoratrici, alla promozione del lavoro delle donne disabili e di quelle private della libertà personale); gli interventi in materia di salute (la promozione della medicina di genere, la prevenzione delle malattie femminili, i percorsi di accompagnamento alla maternità e post-parto, la procreazione assistita, le misure per donne anziane, straniere, tossicodipendenti, in carcere); i diritti economici e sociali (welfare familiare, pensioni, esclusione sociale, povertà, accesso al credito, partecipazione delle donne agli sport); la condizione delle donne che vivono nelle zone rurali (con specifica attenzione allo sfruttamento delle donne migranti nel settore agricolo); l’uguaglianza davanti alla legge; la non discriminazione nel matrimonio e nei rapporti familiari; la violenza di genere (sono considerati anche i casi particolari delle donne migranti, delle donne Rom e Sinte, delle prostitute, delle lesbiche, delle donne disabili, delle carcerate), il femminicidio e i matrimoni forzati.

Nel nostro Paese non c’è ancora una consapevolezza diffusa della disparità sociale, professionale, economica e culturale in cui versano le donne. Fornire dati e formulare proposte può contribuire a crearla e a spostare il fenomeno della discriminazione dei confronti delle donne dal comparto delle opinioni a quello dei fatti tangibili. La circostanza, poi, che il Rapporto Ombra sia stato elaborato da soggetti, individuali e collettivi, della società civile aiuta a leggere in maniera critica sia l’informazione istituzionale, sia l’operato dei diversi Governi in questo ambito. Infine, l’aver coniugato la specificità femminile con altre specificità è sicuramente un elemento di grande rilievo culturale.

di Simona Lancioni- Intervento già apparso, con il titolo Rapporto Ombra sulla discriminazione della donna, nel sito del Gruppo Donne UILDM. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti, per gentile concessione del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM.

Fonte: superando.it

27/07/2011