Il peso specifico dell’handicap

Il peso specifico dell’handicap

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Colloquio con il presidente dellla Federazione superamento handicap: "Bisognerà capire se l’idea è quella di legare l’indennità al reddito individuale o familiare. Nel primo caso salterebbe l’80% dei casi". E promette battaglia: "Alle famiglie si dice ‘arrangiatevi’, ma dovranno passare sul nostro cadavere"

ROMA – "Stop al massacro dei disabili". Con questo slogan due giorni fa la Fish ha protestato a Roma contro i pesanti interventi della manovra in tema di politiche sociali. Un’azione dimostrativa contro le decisioni contenute nel documento in via di approvazione, che contiene anche la delega al Governo per la riforma assistenziale e fiscale. A far discutere in queste ore è la possibilità, per esempio, che le prestazioni assistenziali siano legate al reddito. L’esempio è quello dell’indennità di accompagnamento, misura che è fornita alle persone con il 100% di invalidità e che hanno bisogno di assistenza continua. E’ pari a 487 euro mensili. La spesa annua per lo Stato è di 12,2 miliardi di euro. La stragrande maggioranza degli utenti è anziana (3 su 4), e in prevalenza ha oltre i 75 anni di età. Su questo aspetto abbiamo sentito proprio il presidente della Fish, Pietro Barbieri.

Si annuncia una forte riduzione della spesa sociale. Pesa la necessità di fare cassa…
In effetti in questo momento c’è da parte nostra la necessità di capire i soldi che verranno tagliati, sapere il reale ammontare della decurtazione. Oggi lo Stato per le indennità civili (reversibilità, accompagnamento, ecc…) spende circa 55 miliardi di euro l’anno. Si parla di possibili risparmi per una cifra che va dai 20 ai 40 miliardi. E’ evidente che già se si tratterà di 20 miliardi, quasi a una persona su tre sarà cancellata l’indennità. Se fossero 40, invece, rimarrebbe ben poca cosa e si parlerebbe di cancellazione vera e propria.
Nel disegno di legge della riforma assistenziale si parla di "riordino dei criteri dei requisiti reddituali e patrimoniali, nonché delle relative situazioni a carattere personale e familiare per l’accesso alle prestazioni socio-assistenziali" Diciamo che le questioni sul piatto sono due. La prima attiene alla percentuale di invalidità per avere accesso all’indennità di accompagnamento, la seconda è quella dell’indennità legata al reddito. Sappiamo che nelle ore della concertazione estiva e degli incontri avuti alla vigilia della presentazione della manovra, queste erano le idee sul tavolo. Se si parla di rivedere il discorso della percentuale di invalidità, ovvio che salterebbe subito la disabilità intellettiva lieve. Per ciò che concerne la questione di legare l’indennità al reddito, bisognerà capire se per reddito si intende quello familiare o quello individuale. Nel primo caso salterebbero il 75-80% dei casi! Se invece il riferimento è al reddito individuale, ovviamente a stare peggio sarebbero i pensionati che nella vita hanno avuto un buon lavoro e possono contare su una pensione dignitosa. Poi ci sono i disabili che lavorano, che poggiano sull’indennità per avere garantita assistenza o semplicemente il trasporto. Anche dal loro punto di vista i rischi sono pesanti. Insomma, è come se il Governo dicesse: ‘O si sta nell’assistenza o si lavora’".

Facciamo l’avvocato del diavolo: qualcuno dice che in altri paesi europei già si lega l’indennità al reddito. Mentre in Italia si danno 487 euro a tutti, indiscriminatamente. No, non è così. Il fatto è che nella maggioranza dei paesi gli interventi, dall’assistenza ai voucher, hanno una caratteristica: coprono l’intero bisogno! In Italia invece con 480 euro al mese si assicura ben poco. La questione è molto più complessa. Si figuri che a un mio amico, professore universitario, uno stato estero assicura 114 ore settimanali di assistenza, che permette di svolgere normalmente la professione. Se si vanno a vedere i dati dell’Europa a 15, vediamo che l’Italia spende per la non autosufficienza meno della metà! Si vuole riformare? Allora diciamo che se l’indennità rappresenta un vero progetto di percorso di vita indipendente, allora va bene. Ma se è 480 euro al mese, allora non ci siamo. Con 480 euro al mese, come dice Cristiano Gori, si paga solo una piccola parte del contratto di una badante. E così il Governo incentiva pure il lavoro nero…

Sembrano due approcci incompatibili. Da una parte voi mirate a una riforma dell’assistenza nel segno della dignità e dell’efficienza, dall’altra il Governo sembra avere l’esigenza di risparmiare…
Ripeto: da noi si spende meno della metà della media Europea per la non autosufficienza. E il dato comprende sia l’indennità civile che l’assistenza domiciliare pagata dai comuni. Ciò premesso, non c’è dubbio che se si intende fare quella quantità di tagli a cui abbiamo fatto riferimento, tutti questi capitoli vanno a morire! Qui non si tratta di prendere provvedimenti più equi, qui si dice alle famiglie ‘arrangiatevi’! E a quel punto sa cosa succede? Che le famiglie cominceranno a chiedere il ricovero per un congiunto non autosufficiente. E a quel punto avremo una maggiore segregazione di persone che non hanno fatto nulla di male e un costo molto più alto per il Paese. Si pensi al costo giornaliero di una degenza…

Quali prospettive, allora, per l’immediato futuro? Cosa vi aspettate e come vi muoverete?
Guardi, chiediamo di fare come il buon padre di famiglia, che evita gli sprechi e cerca di prendere i soldi dove ci sono. E’ sempre una buona regola di economia. Altrimenti dovranno passare sul nostro cadavere! Non assisteremo inerti a un disastro sociale: stiamo parlando di più di 2 milioni di famiglie interessate. Andiamo diritti per la nostra strada: proseguiamo la nostra campagna di mail (la campagna ha raggiunto quota 20 mila) e poi vedremo. Di certo daremo battaglia sulle riforme".

di Daniele Iacopini

Fonte: superabile.it

12/09/2011