GENOVA – Dopo sei passaggi, ha fatto scoppiare l’inferno. «Quando ho visto che anche quello non funzionava, non ci ho più visto e mi sono piazzato davanti all’autobus e ho preteso che chiamassero i vigili».
Martedì 28 giugno 2011, via Ciro Menotti, quartiere genovese di Sestri Ponente. Sono quaranta minuti che Mirko sta aspettando di salire sul bus per andare in centro. Salire per una persona disabile come lui, vuol dire trovare un mezzo attrezzato, con una pedana funzionante. Ma quel giorno, così come i cinque precedenti e chissà quanti altri ancora, le cose girano storte. Mirko perde la pazienza, dirige la sua carrozzella elettrica verso il centro della strada e si piazza proprio davanti all’1 che era appena arrivato e che non poteva prenderlo a bordo perché la pedana era rotta. Il bus si blocca, la gente scende, scende l’autista, arriva il controllore, arrivano i vigili e fanno il verbale. A Mirko, s’intende. Prima lo invitano a spostarsi a margine della strada, poi gli fanno presente che l’Azienda per le persone come lui, mette a disposizione un servizio a domicilio su prenotazione. Quindi gli ribadiscono che le persone come lui dovrebbero usare i mezzi pubblici con l’aiuto di un accompagnatore visto che non tutte le vetture hanno la pedana automatica. E infine, lo invitano a chiamare l’autoambulanza.
Proprio così: «Sei una persona disabile che usa una carrozzina? L’Amt ti consiglia di viaggiare in ambulanza», scrive il segretario Consulta regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata che ha inviato la relazione di servizio dei vigili intervenuti in via Ciro Menotti al comandante dei vigili, al presidente dell’Amt, al sindaco, governatore, vicesindaco, assessori del Comune di Genova, oltre che alle testate giornalistiche. Ecco il passaggio in questione di quel verbale. Scrivono i due vigili: «Unitamente al controllore cercavamo comunque di risolvere il problema al signor Alessi dandogli la possibilità del trasporto in autoambulanza o con il famoso servizio a domicilio». E sulle pedane rotte, qualche riga prima: «La problematica riscontrata dal signor Alessi non era imputabile ad un malservizio o ad un eventuale malfunzionamento delle pedane, ma soltanto alla decisione dell’Alessia di non voler utilizzare il servizio a domicilio od eventualmente l’accompagnatore, pur avendone diritto e i requisiti necessari per l’accompagnamento». Insomma, tutta colpa dell’Alessi. Lui, presidente dell’associazione di volontariato Progetto 80 Sampierdarena che da 28 anni aiuta le persone disabili con attività di trasporto e accompagnamento, ribatte a muso duro sul sito di Genovaogginotizie: «Di autobus con pedana manuale in tutta Genova ce ne saranno 15 e in centro. Che cosa c’entra poi l’ambulanza!!!! Io sono disabile, non sono ammalato. E poi me li danno loro i 40 euro del trasporto? Non tutti sanno che da febbraio 2001 anche noi disabili dobbiamo pagare o la tessera annuale di 150 euro o il biglietto. Io ho i miei biglietti. Perché se io pago il servizio ho il diritto ad avere quel tipo di servizio e pretendere che funzioni». L’Amt ha 800 mezzi – si legge nella lettera di Puppo – e di questi, oltre 250 sono dotati di sistemi di incarrozzamento per le persone disabili, cioè circa un autobus su tre dovrebbe essere accessibile anche a Mirko e a tutti coloro che si muovono su due ruote.Il servizio di trasporto a domicilio viene svolto solo da due mezzi, continua la nota di Puppo, che dovrebbero rispondere a non meno di 3mila cittadini genovesi disabili, quindi teoricamente i due mezzi dovrebbero fare non meno di tremila corse di andata e tremila di ritorno.
«Peccato per i tagli alle manutenzioni di questi sistemi (voluti strategicamente dalla dirigenza Amt) – denuncia Claudio Puppo -: invece di acquistare mezzi dotati di rampe mobili azionabili direttamente dall’autista, hanno optato per l’acquisto di bus con rampe per l’accesso alle persone disabili ad azionamento manuale. La direzione di Amt non ha mai detto chi doveva azionare queste rampe manuali, al fine di fare prendere il bus anche agli utenti come Mirko, utenti che pagano il regolare biglietto del bus».
di Giulia Guerri
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Segnalato da: disablog.it
22/09/2011