Diverse associazioni presentano un dossier che denuncia i tagli e le carenze del nostro sistema assistenziale.
ROMA – Livelli essenziali di assistenza “dimenticati”, fondo per la non autosufficienza pari a zero per tre anni, detrazioni ridotte per protesi e ausili, costi a carico delle famiglie, soprattutto quelle in cui vivono persone non autosufficienti o con disabilità. E ancora: riforma dell’assistenza che mira solo a risparmiare, eppure in welfare già spendiamo addirittura meno della Polonia.È in atto un “taglio” ai diritti delle persone più fragili, secondo il «Libro nero sul welfare italiano» redatto dai promotori delle campagne “I diritti alzano la voce” e “Sbilanciamoci” e presentato al Senato giovedì 3 novembre.
RAPPORTO IN DETTAGLIO – Un vero e proprio dossier, quello delle organizzazioni civiche e del terzo settore, che analizza in dettaglio le conseguenze dei principali provvedimenti economico-finanziari: dalla riduzione della spesa pubblica sanitaria e sociale all’impatto dei tagli agli enti locali sui servizi ai cittadini, fino ai possibili effetti della proposta di legge delega per la riforma fiscale e assistenziale , attualmente in discussione alla Camera. Ma il rapporto contiene anche una serie di proposte per recuperare risorse a favore delle politiche sociali, razionalizzando la spesa ed eliminando gli sprechi.
FONDI RIDOTTI – «I tagli alle politiche sociali sono iniziati prima della crisi economica – ricorda Pietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap , che aderisce alla campagna “I diritti alzano la voce” insieme ad altre organizzazioni civiche e del terzo settore, come Cittadinanzattiva,Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza e Auser. Purtroppo, oggi si sta ritornando a un’idea del welfare compassionevole, come se i cittadini bisognosi non abbiano diritti ma debbano ricevere la carità». Secondo il rapporto, i fondi nazionali per il welfare passeranno da circa un miliardo e seicento milioni del 2007 ad appena 144 milioni nel 2013. Tra questi, è addirittura azzerato, dal 2011 al 2013, il fondo specifico per le disabilità gravi e le persone non autosufficienti. «A questi si aggiungono i tagli agli enti locali – osserva Giulio Marcon, portavoce della campagna “Sbilanciamoci” – . Significa che i Comuni ridurranno i servizi oppure li offriranno con tariffe maggiori. Il carico lo sopporteranno le famiglie, soprattutto quelle con persone anziane o con disabilità».
DIRITTO DIMENTICATO – Viene poi «completamente dimenticato il diritto ai livelli essenziali delle prestazioni sociali, previsto dalla legge n. 328 del 2000 », chiosa Barbieri. Nella norma si fa riferimento a «interventi e servizi necessari per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione» prevenendo, eliminando o riducendo le condizioni di disabilità, di bisogno e disagio, che derivano da reddito inadeguato, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.
RIFORMA DELL’ASSISTENZA – Come se non bastasse, la Riforma dell’assistenza fiscale e assistenziale in discussione alle Commissioni Affari e sociali e finanze della Camera, prevede tagli di spesa di 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013, 20 nel 2014. Le ultime due Manovre, infatti, impongono un risparmio di 40 miliardi in tre anni. «Per recuperare risorse, i tagli riguarderanno, a scelta, pensioni di reversibilità, invalidità civile, detrazioni fiscali», afferma Barbieri. Cosa significa? Meno centri diurni e assistenza domiciliare, detrazioni ridotte per spese mediche, ausili, protesi e badanti, progetti di vita indipendente che spariscono.
“VUOTO” DELLO STATO – «La riforma, se così si può definirla, visto che mira soprattutto al risparmio, definisce il cittadino “autenticamente bisognoso” – spiega Annalisa Mandorino, vicesegretario di Cittadinanzattiva, organizzazione civica che aderisce a entrambi le campagne – . In pratica, non è più visto come titolare di diritti ma quasi come un parassita che vive a spese della collettività. Inoltre, spetta alle organizzazioni del terzo settore il compito di riempire il vuoto lasciato da uno Stato che abdica anche al suo ruolo principale, quello di predisporre i livelli essenziali delle prestazioni sociali».
ANCORA TAGLI- Che nella spesa sociale ci sia ben poco da risparmiare lo ha segnalato un mese fa anche la Corte dei Conti, che ha espresso un parere tecnico su richiesta della Commissione Finanze della Camera. Ebbene, il massimo organo di giurisdizione contabile, rilevando che ormai da anni le somme destinate dallo Stato all’assistenza abbiano subito tagli rilevanti,afferma che più che una riforma dell’assistenza sembra mirare a un obiettivo di mero risparmio e di taglio dagli esiti incerti.
PROPOSTE – «Azzerare quasi del tutto i fondi per le politiche sociali non ci farà uscire dalla crisi, ma aggraverà la situazione della nostra economia – osserva Giulio Marcon, portavoce della campagna “Sbilanciamoci” – . Occorre capire che la spesa sociale non è un costo, ma un investimento». Per questo i promotori del “Libro nero sul welfare” sollecitano alcuni interventi come l’aumento dei fondi nazionali per le politiche sociali e la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali, in modo che si possano stabilire i diritti esigibili e quindi i servizi che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale.
CON QUALI RISORSE – Ma dove trovare le risorse? Le organizzazioni civiche e del terzo settore suggeriscono, per esempio, il ritiro dalla missione in Afghanistan (farebbe risparmiare 616 milioni), la rinuncia al programma di produzione di 131 cacciabombardieri F35 (l’importo per il 2012 è di 583 milioni di euro, nei prossimi 16 anni si risparmierebbero 14 miliardi), la chiusura dei Cie, i Centri di identificazione ed espulsione (113 milioni da recuperare), la revisione della tassazione sulle rendite finanziarie e delle convenzioni con le strutture sanitarie private.
di Maria Giovanna Faiella
Fonte: Corriere.it
09/11/2011