Che ci resta da fare, incatenarci davanti ai palazzi del potere?”

Che ci resta da fare, incatenarci davanti ai palazzi del potere?”

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Questa forma di difficoltà di lettura, di cui erano affetti anche Leonardo e Einstein, colpisce un bambino su 10 ed è sempre più diffusa. Non è grave se si interviene con tempestività.

La dislessia è un disordine del linguaggio scritto caratterizzato da una capacità di lettura sostanzialmente al di sotto di quanto ci si dovrebbe aspettare considerando l’età anagrafica del soggetto, la valutazione psicometrica dell’intelligenza e un’educazione scolastica adeguata. La dislessia è un problema che riguarda il 10% dei bambini, più spesso maschi che ne sono affetti 4 volte più delle femmine. Il disturbo diventa evidente quando i bambini iniziano a frequentare la scuola elementare e sembrano imparare meno dei loro compagni. Non sono pigri o distratti, ma solo dislessici, soffrono cioè di una difficoltà specifica che riguarda l’automatizzazione della lettura. La dislessia è determinata da alterazioni genetiche, già presenti alla nascita, ma non ancora note. In parte è il risultato di altri fattori legati all’ambiente familiare ed esterno in cui cresce il bambino. Le cause quindi possono essere diverse e il disturbo può manifestarsi in maniera lieve o più grave, tuttavia può sempre essere corretta con l’approccio e gli strumenti adeguati. Quello che è importante capire, infatti, è che la dislessia non è un deficit di per sé, anzi questi bambini sono intelligenti come gli altri. Se però la difficoltà a leggere è marcata e non vengono aiutati a compensarla, allora si rischia davvero di sviluppare negli anni un deficit di apprendimento. Un bambino dislessico fatica a leggere un testo scritto, ci mette più tempo ed energie e a volte questo può andare a discapito della comprensione totale di quanto ha letto. Con il risultato che nei casi più difficili tende a rifiutarsi di leggere, specie se a voce alta. Per farsi un’idea concreta basta pensare alle difficoltà che chiunque può avere leggendo un testo in una lingua straniera che conosce poco. Fortunatamente la dislessia si cura facilmente e non lascia segni; anzi, spesso chi è stato dislessico da bambino ed è stato curato, risulta avere una intelligenza più acuta del normale. Qualche esempio? Leonardo, Einstein e Kennedy sono stati tutti bambini dislessici. E’ fondamentale però intervenire con tempestività.

Esempi di errori commessi dai bambini dislessici
Confondono lettere che sono visivamente simili, ma orientate diversamente: d-b-p, u-n, m-n
Confondono lettere che hanno suoni simili: v-f, g-c, b-p, d-t
Leggono le parole al contrario
Invertono le sillabe che compongono le parole
Sbagliano la sequenza delle lettere (capra-carpa)

Inoltre, fanno confusione e hanno spesso difficoltà nell’apprendere:
Le tabelline
Le serie numeriche
Le informazioni in sequenza (mesi dell’anno, giorni della settimana, lettere dell’alfabeto)
I rapporti spaziali e temporali (ieri/domani destra/sinistra)
Alcuni abilità motorie.
Problemi di attenzione e di concentrazione
Solitamente ci si accorge abbastanza precocemente se il bambino è dislessico, poiché questi sintomi sono ben specifici.

Imparare anche ascoltando. I bambini non possono guarire dalla dislessia però possono migliorare notevolmente le loro abilità di lettura. La diagnosi e terapia spettano agli specialisti (psicologi, logopedisti) e le istituzioni scolastiche devono collaborare fornendo gli ausili tecnici necessari, ma già in famiglia si può fare molto. Leggere a voce alta è una buona abitudine che ogni genitore dovrebbe dedicare ai propri figli sin dalla più tenera età. Indipendentemente dalla dislessia, infatti, ascoltare qualcuno che legge aiuta il bambino a vivere la lettura come un’attività piacevole. Se poi si scopre che ci sono delle difficoltà che rientrano nella sfera della dislessia, la prima cosa da fare è parlarne molto francamente con l’interessato. Poca chiarezza non farebbe altro che ingigantire il problema e le ansie del bambino, con evidenti ricadute sulle sue reali capacità. La dislessia invece può essere corretta, o almeno compensata, con appositi accorgimenti: per esempio iniziare prima con l’ascolto di un testo, o di una lezione, rende poi più facile una successiva lettura in proprio. È importante capire, e far capire al bambino, che gli servono solo metodi diversi perché lui legge in un modo diverso. Lo scopo finale e raggiungibile è la comprensione agevole e in tempi ragionevoli di un testo, cosa che gli consentirà di restare alla pari con i suoi compagni di classe nell’apprendimento scolastico. Naturalmente è facile intuire come i primi anni di scuola elementare siano cruciali: se il disturbo è correttamente gestito in questa fase delicata, il bambino potrà poi seguire qualsiasi iter scolastico e lavorativo, senza doversi sentire isolato. Se le terapie tradizionali prevedono esercizi di stimolo dell’udito, vista e percezione contemporaneamente, la terapia più recente, chiamata “realtà uditiva virtuale” , viene praticata con l’ausilio di cuffie. Attraverso questo meccanismo, il bambino ascolta una favola in cui suoni e voci dei personaggi hanno toni diversi, in modo da sembrare alcuni vicini, altri lontani, altri a distanza più ravvicinata. Questa tecnica permette al cervello del bambino di allenarsi a percepire quello che giunge ad un orecchio e quello che giunge all’altro, costruendo un nuovo equilibrio. L’importante, in ogni caso, è che le terapie siano come un gioco. Il bambino, in questo modo, le affronterà con più entusiasmo, non si annoierà ed otterrà migliori e più rapidi risultati. Per approfondimenti è possibile consultare il sito dell’Associazione Italiana Dislessia: www.aiditalia.org/it.

Fonte: Famiglia Cristiana

14/11/2011