È docente di Scienza delle finanze e direttore del dipartimento di Economia politica all’università di Modena e Reggio Emilia. Ha presieduto la commissione sulla tassazione dei redditi di capitale e finanziari, presso il ministero dell’Economia. Secondo il rapporto UnAids 2010 nel mondo ci sono 33 milioni di persone contagiate. Tra loro 15,9 milioni di donne e 2,5 milioni di bambini (0-14 anni). Nella sola Africa Subsahariana si contano 22,5 milioni di persone che vivono con il virus e che rappresentano circa il 67% dei sieropositivi su scala mondiale
ROMA – Le persone nel mondo contagiate dall’Hiv sono 33,3 milioni, in aumento rispetto al 2001, anno in cui si registravano 28 milioni e 600 mila casi, ma in calo rispetto al 2006 (39,5 milioni). Fra i contagiati, ci sono 15,9 milioni di donne e 2,5 milioni di bambini (0-14 anni). Nel 2009 vi sono stati 1,8 milioni di decessi nel mondo a causa di Aids e malattie collegate. Dall’inizio dell’infezione in tutto il mondo sono stati registrati circa 60 milioni di casi e 25 milioni di persone sono decedute a causa del virus. Il numero di nuovi casi registrati in un anno è diminuito, passando dai 3,1 milioni del 1999 ai 2,6 milioni del 2009. Sono questi alcuni dei dati più recenti sul fenomeno, ricordati nel corso del convegno organizzato dal Cesvi in occasione della giornata mondiale in programma il prossimo 1 dicembre. I dati sono del rapporto UnAids 2010.
La situazione nel mondo resta drammatica: nella sola Africa Subsahariana si contano 22,5 milioni di persone che vivono con l’Hiv e che rappresentano circa il 67% dei sieropositivi su scala mondiale. Un dato è ancora più significativo: nel 2009 vi sono state 1,3 milioni di vittime a causa dell’Aids in questa regione, lasciando orfani 14,8 milioni di bambini. Unaids stima che nel 2009 siano stati 1,8 milioni i nuovi casi di contagio da Hiv/Aids nell’Africa Subsahariana. Il tasso di donne affette da Hiv è in aumento in tutte le regioni africane; le donne rappresentano oltre la metà delle persone con Hiv/Aids ma, nell’Africa sub-sahariana, questo tasso tocca il 60%, più che in qualsiasi altra area. Nel 2009 circa 390mila bambini sono stati contagiati dal virus quasi tutti contagiati dalla madre durante la gravidanza o l’allattamento (circa il 90% dei bambini che vivono con l’Hiv vivono nella regione Subsahariana). Per ridurre questo fenomeno sono importantissimi i programmi di prevenzione del contagio madre-figlio (PMTCT: Prevention of Mother-To-Child Transmission). Nella regione Subsahariana il trattamento di Hiv/Aids attraverso la somministrazione di antiretrovirali alle persone sieropositive o con Aids conclamato sta aumentando (33%, rispetto al 2% nel 2003) ma oltre 12 milioni di persone sono ancora senza cure.
Nella maggior parte degli stati africani si è arrivati ad una stabilizzazione nel tasso di infezioni da Hiv che tuttavia resta la principale causa di mortalità nell’Africa subsahariana. In particolare il Sudafrica è la nazione con la più alta incidenza di infezioni da Hiv nel mondo (5,6 milioni di persone). La diminuzione dei contagi registrata in Uganda negli scorsi anni sembra essere giunta ad una stabilizzazione con una percentuale tra il 6,5 e il 7%, in cui però risulta preoccupante una ripresa dei comportamenti sessuali a rischio. Anche nella Repubblica Democratica del Congo si registra un incremento dell’incidenza delle infezioni da Hiv, in particolar modo nelle aree rurali. Si calcolano più di un 1 milione di sieropositivi nel Paese e 700.000 orfani da Aids; quasi 35mila persone sieropositive o con Aids conclamato hanno ricevuto la terapia antiretrovirale ma l’accesso al trattamento è ancora molto limitato. Il primo caso di Aids in Zimbabwe è stato diagnosticato nel 1985, da allora il paese ha registrato un tasso di prevalenza dell’infezione tra i più alti nel mondo (nel 2009 era circa del 24% nella classe di età 15-49 anni, 1.200.000 persone infette, 150mila bambini). Nell’anno 2009, in Zimbabwe, circa 83mila persone sono morte a causa dell’Aids. Uno degli interventi più importanti negli ultimi 10 anni è stata la somministrazione di farmaci antiretrovirali per ridurre il tasso di trasmissione dell’HIV dalla madre al bambino (PMTCT). In particolare è stato utilizzato il regime monodose di Nevirapina su madre e figlio, introdotto nel paese dal Cesvi nel 2001.
La diffusione del virus è aumentata anche nell’Asia Centrale e in Europa dell’Est – dove si registra una crescita delle persone che vivono con l’HIV dal 2001 (da 760mila a 1,4 milioni). In particolare Russia ed Ucraina si sta registrando un aumento rilevante della sieroprevalenza. In Asia si stima ci siano 4,1 milioni di persone affette da Hiv/Aids, di cui 250mila circa infettati nel 2009.
Nello scenario europeo, i problemi più gravi sono rappresentati invece, dalla scarsa informazione e dal ritardo nelle diagnosi. La mancanza di assistenza e di test precoci causa il diffondersi del virus e l’aumento dei casi di morte. Più della metà delle persone che hanno contratto il virus, infatti, non ne è a conoscenza. Di conseguenza questi soggetti hanno una probabilità di trasmettere il virus tre volte superiore rispetto a chi è consapevole di avere l’Hiv. In Europa Occidentale il numero di nuove diagnosi di Hiv su base annua è rimasto stabile nel corso degli ultimi anni, così come il numero delle persone affette da Hiv, a causa della compensazione tra nuovi casi e decessi da Aids o patologie correlate. In generale è fortemente diminuito il contagio dovuto allo scambio di siringhe infette ed è aumentato quello tramite rapporto sessuale (etero od omosessuale). Tuttavia questo non deve far abbassare la guardia: nel 2009 vi sono state 31mila nuove infezioni tra gli adulti.
In Italia si stima vivano 150.000 persone con Hiv o Aids nella quasi totalità adulti (maggiori di 15 anni). Le donne portatrici di Hiv/Aids sono circa 41.000, quasi un terzo del totale. I decessi dovuti all’Aids nel 2007 sono stati 1.900, in diminuzione rispetto al 2001, anno in cui furono 3.100. Nel 2009, quasi 60% dei nuovi casi di Aids ha scoperto di essere sieropositivo molto tardi, in concomitanza con la diagnosi di Aids; questa proporzione è aumentata progressivamente negli ultimi 15 anni. Come conseguenza di queste diagnosi tardive, ben due terzi delle persone diagnosticate con Aids dal 1996 ad oggi non ha usufruito dei benefici delle terapie antiretrovirali prima di tale diagnosi. Dunque una parte rilevante di persone infette, soprattutto fra coloro che hanno acquisito l’infezione per via sessuale, ignora per molti anni la propria sieropositività: ciò gli impedisce di essere curato tempestivamente e di adottare quelle precauzioni che potrebbero diminuire il rischio di diffusione dell’infezione. Questo dato è confermato anche dall’aumento dell’età mediana al momento della diagnosi di infezione, che è passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a 37 e 33 anni, rispettivamente, nel 2007. Per quanto riguarda le caratteristiche demografiche, è aumentata progressivamente negli anni la proporzione di donne diagnosticate sieropositive: il rapporto maschi/femmine, che era di 3,5 nel 1985, è diventato di 2,5 nel 2007. Un sieropositivo su quattro non sa di essere infetto. Rispetto a venti anni fa, oggi si infetta un minor numero di persone (circa 4.000 all’anno), ma è molto più elevato il numero dei sieropositivi viventi per effetto delle maggiore sopravvivenza legata alle terapie più efficaci. La principale via di trasmissione è rappresentata dai contatti sessuali non protetti, che tuttavia non vengono sufficientemente percepiti come a rischio, in particolare dalle persone di età matura. Questi ultimi dati sono di Anlaids 2010.
Fonte: Superabile.it
02/12/11