La fantastica storia del «Signor 22»
Un racconto per spiegare la Sindrome della Delezione del cromosoma ai bambini che ne soffrono, uno ogni quattromila nati
MILANO – «Perché non posso mangiare quello che mangiano gli altri bambini?». «Che cos’é questo segno, mi passerà?». «Come sarò da grande, guarirò?». Domande che spesso fanno i piccoli che soffrono di delezione del cromosoma 22, una sindrome rara e di natura genetica che colpisce un neonato ogni quattromila e si manifesta con malformazioni cardiache, anomalie del palato, alterazioni del sistema immunitario o del metabolismo, particolari tratti del volto. Prova a dare una risposta ai loro tanti perché un recente libro «I perché del 22 – La fantastica storia del Signor 22», curato dall’Associazione Aidel 22 e presentato nei giorni scorsi all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
BIMBI SPECIALI – Il racconto, in chiave fantastica, vuole aiutare i piccoli dai 5 ai 9 anni a capire come ci si sente ad essere un po’ speciali e a comprendere cosa significa vivere con la “Del 22”. «Non è facile parlarne con bambini che vivono questa condizione: oltre ai problemi fisici, hanno difficoltà a gestire i cambiamenti, che possono generare iperattività o riservatezza o far mutare l’umore e il comportamento – afferma Giulietta Cafiero, presidente dell’associazione Aidel 22 – . Il libro è uno strumento per avvicinarsi ai piccoli in maniera empatica, parlando con il loro linguaggio, per far comprendere che si può vivere serenamente, nonostante la sindrome e alcune differenze rispetto ai coetanei». Così nel volume, distribuito gratuitamente dall’Associazione, le informazioni scientifiche sono “tradotte” e rielaborate nella forma di un racconto fantastico, con un occhio attento agli aspetti psicologici implicati nella narrazione della condizione vissuta.
I PROTAGONISTI DELLA STORIA – Il Signor 22, spuntando improvvisamente da un cespuglio, s’imbatte nel piccolo protagonista della storia, Paolo, che ha difficoltà a giocare al pallone con gli amici. Innanzitutto si presenta: «Nella mia famiglia, che si chiama DNA, siamo ventitré coppie di gemelli. Io sono il numero 22 ed ho perso un pezzettino di un mio 2…». Prova poi a spiegare, tra l’altro, che i ragazzi con la “del22” sono bravissimi in molte attività, come per esempio la musica, ma possono avere difficoltà di coordinazione: «Può accadere che non riesci a lanciare la palla nella direzione giusta, in acqua non muovi le braccia e le gambe nel modo corretto, oppure non riesci a fare una capriola – racconta il Signor 22 – . Ci sono però attività motorie come il ballo o il karatè, in cui il tuo senso del ritmo e il tuo talento musicale ti saranno di grande aiuto.. Ti fanno divertire senza affaticare troppo il tuo cuore».
MENO SOLI – «Capire il mondo dei pazienti per poter dare risposte è importante quanto la diagnosi, la presa in carico, la ricerca – sottolinea Bruno Dalla Piccola, direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù, che ha partecipato tramite i suoi esperti alla recente stesura delle linee guida internazionali per la presa in carico dei pazienti con delezione del cromosoma 22 -. Il rapporto con associazioni come l’Aidel consente di sviluppare percorsi condivisi, in modo che la cura non si esaurisca alle visite o ai trattamenti in ospedale ma si trasformi in una relazione che aiuta chi è colpito da una malattia, soprattutto se rara, a non sentirsi solo. Sarà utile anche la divulgazione del libro nelle scuole per spiegare la sindrome ai piccoli -prosegue il genetista -. Un’altra tappa, già avviata, è quella di individuare i bisogni specifici degli adolescenti per capire cosa interessa loro conoscere della sindrome in questa fase della loro vita».
di Maria Giovanna Faiella
Fonte: Corriere.it
20/12/2011