Sbarcati a Lampedusa nell’agosto 2011, sono accolti nella Comunità di Capodarco, nel Fermano. Una storia simile a quella di altri migranti partiti dal Paese nordafricano. Con qualcosa di diverso: una disabilità e il desiderio di ricevere cure in Italia
ROMA – Rafik ha 39 anni e da quando ne ha tre vive su una carrozzina per la paralisi grave che gli ha lasciato la poliomielite. Issam ha 26 anni e una sordità quasi totale fin dalla nascita. Entrambi sono orfani di padre, ma le loro madri con tanti sacrifici li hanno fatti studiare, Rafik fino alla terza media della scuola statale e Issam nelle classi speciali per sordi. Dopo la scuola, Issam ha lavorato per un anno come assistente in una scuola privata per bambini disabili: questo gli ha permesso di mettere da parte i soldi necessari per il viaggio verso l’Italia, all’insaputa della madre. Per Rafik, invece, solo la solitudine della piccola casa con la mamma che lo assiste amorevolmente, ma le cui forze diminuiscono, mentre le risorse per vivere scarseggiano a causa della crisi e del caos generale che sta vivendo la Tunisia.
Anche per un ragazzo in sedia a ruote la scelta migliore che si prospetta è quella di partire, così Rafik cerca un accompagnatore, gli paga il viaggio, e la notte del 20 agosto 2011 prende il treno da Tunisi a Sfax. Sfax è la città di mare da dove partono i barconi per Lampedusa. Le partenze avvengono solo di notte, quindi bisogna aspettare la notte successiva. Quando arriva finalmente il suo turno, la prospettiva è inquietante: su una barca di soli otto metri per tre salgono in 127, compresi due donne e un bambino. Rafik deve lasciare la carrozzina e viene messo seduto tra due persone, per guadagnare spazio. Il padrone della barca gli fa anche lo sconto "handicap": invece di 500 gli fa pagare solo 400 euro. La partenza avviene alle nove di sera, la notte è lunga e la barca sobbalza con qualsiasi onda. Poi viene il giorno ed è ancora più duro, perché il caldo è tremendo. Dopo 17 ore di viaggio, senza cibo né acqua, in vista di Lampedusa un gruppo di delfini, forse per gioco, si scontra con la barca e la manda in avaria. Viene lanciato l’allarme, arrivano i soccorsi, ma solo Rafik, il suo accompagnatore, le due donne, il minore e altre due persone malate vengono portati a Lampedusa; gli altri 120 vengono rimandati indietro, respinti in Tunisia.
Il viaggio di Issam è più fortunato, perché la sua barca è nuova: ci sono a bordo "solo" 80 persone e arriva a Lampedusa in 15 ore. Nelle baracche del campo profughi, Rafik e Issam vengono messi insieme perché disabili e qui nasce una forte amicizia. Issam ha braccia buone e animo gentile, per cui si occupa di Rafik per l’assistenza quotidiana. Rimangono a Lampedusa per un lungo mese e la vita al campo non è facile: risse continue, cibo scarso. Spesso di notte dormono allo scoperto fuori dalla baracca, perché costretti dai loro connazionali che li accusano assurdamente di essere spie della polizia italiana Finalmente il 22 settembre arriva il trasferimento. Con l’aereo vengono portati fino a Bari e poi in pullman fino al campo di Foggia. Qui le condizioni di vita sono accettabili, le relazioni con gli altri sono buone anche grazie alla presenza di mediatori culturali e assistenti sociali; dormono al coperto e il cibo è sufficiente. Rimangono in questo campo per un mese, in attesa di un posto stabile e adeguato alle loro esigenze. Tanti sono i contatti cercati in tutt’Italia, finché la comunità di Capodarco di Fermo si rende disponibile alla loro accoglienza.
Il loro arrivo a Capodarco di Fermo è stato accompagnato da un timore reciproco di inadeguatezza, ma il loro spirito di adattabilità, insieme all’attenzione della Comunità, hanno sciolto presto ogni difficoltà. Oggi sono ben inseriti e conoscono discretamente l’italiano; tramite Internet si mantengono in contatto con le loro famiglie. Per entrambi è stata fatta richiesta di riconoscimento della loro invalidità. A Issam sono stati procurati due apparecchi acustici nuovi per permettergli una comunicazione adeguata col mondo dei suoni e delle voci umane. Ma è stato anche preso contatto con l’Associazione dei non udenti, con cui fa pratica per rafforzare la conoscenza del linguaggio gestuale. Sempre disponibile a rendersi utile, il ragazzo coltiva un sogno: ritornare a lavorare con i bambini e imparare l’arte del clown.
Rafik ha eseguito una serie di visite mediche per definire meglio il suo stato di salute e avviare la riabilitazione opportuna che possa preservare la delicatezza della sua condizione. Intanto, dalla sedia a ruote manuale e l’immobilità è passato a condurre una carrozzina elettronica, che guida con abilità e che gli ha permesso di muoversi in autonomia e libertà. Ora che è arrivato in Italia, Rafik ha un solo desiderio: restarci. Perché adesso la sua casa è la Comunità di Capodarco di Fermo, dove ha trovato quello che non ha mai avuto in Tunisia: accoglienza, assistenza e una vita tranquilla, ben diversa da quella che ha vissuto fino a meno di un anno fa. «È stato molto difficile arrivare – racconta -. La barca era piena di persone, sono stato due giorni senza mangiare e ho visto la morte in faccia quando siamo rimasti in avaria in mezzo al mare». Nonostante questo, Rafik dice di non aver provato paura, ma al contrario di aver avuto sempre il coraggio di sopportare la traversata e tutte le difficoltà legate allo sbarco a Lampedusa e poi al trasferimento a Foggia, fino all’approdo definitivo nelle Marche.
«Non sapevo a cosa andavo incontro quando ho deciso di partire – sottolinea ancora -, ma l’ho fatto perché in Tunisia c’erano tanti problemi. Nel mio Paese non c’è niente per i disabili, l’Italia è molto meglio. Là si vive male, stare qui mi piace, sono contento». L’odissea di Rafik si è conclusa nel migliore dei modi: oggi nella Comunità di Capodarco può contare non solo sul suo amico Issam, ma anche su tutta una rete di persone alle quali affidarsi per le esigenze della vita quotidiana. (Alessandra Brandoni – Gerardo D’Angelo)
Fonte: Superabile.it
08/01/2013