Con il termine stress si intende una risposta fisica e psicologica alle richieste e/o pressioni provenienti dall’interno o dall’esterno (ambiente) dell’individuo. Tale risposta automatica, regolata fisiologicamente dal rilascio ormonale consente all’individuo di attivare le sue risorse fisiche, emotive e cognitive necessarie al fine di affrontare adeguatamente un potenziale o reale pericolo. La risposta di stress, organizzata in fasi successive, si caratterizza per una serie di sintomi fisici, emotivi, cognitivi e differenti risposte comportamentali, che variano di individuo a individuo. Una delle risposte generalmente più frequenti è l’ansia, quello stato di allerta e attivazione che ci orienta verso la ricerca di soluzioni.
Sebbene quindi l’ansia abbia un significato primariamente protettivo e finalizzato alla sopravvivenza, in quanto tanto negli animali quanto nell’uomo essa ci consente di “allertarci” di fronte a un pericolo e agire per evitarlo, la maggior parte delle persone la considera come negativa, ne è spaventata, vorrebbe non averla. Quasi nessuno sa distinguere quella che è un’ansia normale da un’ansia patologica, che per sua durata, intensità e gravità invece che aiutarci a raggiungere l’obiettivo desiderato lo ostacola, ci danneggia, ci affatica.
Il limite fra la normalità e patologia va rintracciato quindi nell’influenza che queste emozioni negative hanno sulla qualità della vita della persona: se è tale da impedire una buona qualità della vita ad esempio impedisce di andare a lavorare, di uscire di casa, di esprimersi e di realizzarsi, si tratta di un’ ansia patologica. Ed è in questi casi che il rischio maggiore per l’individuo è quello di sviluppare una vera e propria patologia psichica, un Disturbo d’Ansia.
Molteplici sono i fattori di rischio, che favoriscono quindi l’esposizione maggiore dell’individuo allo stress: li ritroviamo in famiglia, sul lavoro, nelle relazioni amicali; a volte si esprimono in una malattia fisica, altre volte sono insiti nel contesto ambientale in cui viviamo. In un quadro generale segnato da una crescente precarietà economica e lavorativa in cui vertono sempre più i giovani e le famiglie italiane di oggi, lo stress e l’ansia rappresentano una reale emergenza sociale, che minaccia sempre più l’integrità psicofisica e la qualità di vita delle persone: dal fenomeno del Burnout in ambito lavorativo, all’ aumento delle malattie fisiche e psichiche, ai conflitti e al disagio in ambito relazionale e familiare.
Ma possiamo evitarli? Sono un destino inesorabile, una malattia del nostro tempo oppure possiamo fare qualcosa per combatterli?
Dati e ricerche recenti su stress e ansia:
L’ESEMeD (European Study on the Epidemiology of Mental Disorders) [Acta Psychiatr Scand 2004: 109 (Suppl. 420): 21–27] è il primo studio epidemiologico sulla prevalenza dei disturbi mentali effettuato in un campione rappresentativo della popolazione adulta generale italiana e di altri 5 paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Olanda e Spagna). In Italia lo studio è stato promosso e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’ambito del Progetto Nazionale Salute Mentale; la selezione delle persone da intervistare e le interviste sono state invece realizzate dalla Doxa, nota azienda nel settore delle indagini di popolazione, in collaborazione con il gruppo di coordinamento italiano dell’ISS.
Per l’Italia è stato intervistato, tra il 2001 e il 2002 un campione di quasi 5.000 soggetti maggiorenni, selezionati dalle liste elettorali di 172 comuni. Dai dati risulta che le donne hanno una probabilità tripla di sviluppare un disturbo d’ansia rispetto agli uomini e che sono più a rischio i giovani e non sposati, i disoccupati, le casalinghe e chi vive in città.
Le considerazioni di Kaplan e colleghi nel 1997 hanno messo in evidenza che la maggior parte degli studi epidemiologici evidenzia che circa un terzo della popolazione ha avuto o avrà nel corso della sua vita un disturbo psichico, e tra questi, i più diffusi sono i disturbi d’ansia e quelli di tipo depressivo.
Il sito del Policlinico Gemelli di Roma afferma che “le indagini sulla popolazione generale hanno documentato come oltre un soggetto su cinque possa andare incontro ad un qualche disturbo d’ansia nell’arco della vita. Nei periodi di maggiore intensità dei sintomi le persone affette da disturbi d’ansia risultano incapaci di attendere proficuamente alle proprie attività: è stato stimato che in questi casi si può determinare assenza (o presenza inefficiente) per il 10-40% delle giornate lavorative mensili”.
Prendendo in considerazione invece i dati sulla popolazione europea emerge che generalmente si ricorre poco agli interventi socio-sanitari. In Europa, la percentuale di coloro che, soffrendo di problematiche di ansia o di depressione, si sono rivolti a una struttura sanitaria è solo del 26% e i due terzi di questi soggetti ha consultato un operatore dei Servizi di Salute Mentale, mentre gli altri si sono rivolti al medico generico.
Nel 2011 la Lidap Onlus (Lega Italiana contro i Disturbi d’Ansia, da Agorafobia e da attacchi di Panico), associazione costituita da persone che soffrono d’ansia e presente in Italia da più di 20 anni, ha svolto un’indagine sui fattori ambientali che sono causa di ansia e panico.
L’indagine, durata quasi due anni, poneva agli intervistati un semplice quesito: elenca dalla più alla meno intensa 10 condizioni che, presenti attorno a te, sono fonte d’ansia. Il quesito è stato posto a più di 3.500 persone di tutta Italia e le risposte più frequenti sono state quelle legate allo stress urbano come: il traffico, la ricerca del parcheggio, la confusione nei mezzi pubblici, le distanze all’interno della stessa città, gli spostamenti continui, lo scarso contatto con la natura. A sorpresa, ad essere afflitte da questo male non sono solo grandi città come Roma o Milano, ma anche centri più piccoli come Catania e Messina.
Dai dati raccolti dalla ricerca emergono risultati importanti: 1) chi vive nei grandi centri urbani è sottoposto a un numero maggiore di stimoli legati all’ansia come risulta dai questionari nei quali alle prime posizioni si riscontrano in modo più frequente gli stress urbani; 2) i residenti nei piccoli comuni non indicano all’interno delle 10 condizioni nessuna causa d’ansia legata al territorio.
L’aspetto preoccupante dell’indagine è che lo stress urbano è stato individuato come un fattore costante nella vita quotidiana, al punto da poter portare all’insorgere del disturbo in un numero crescente di individui. Nel 2011 i dati riportavano che il 4% della popolazione italiana, (circa 2 milioni e mezzo di persone), soprattutto le donne, soffre di ansia, attacchi di panico e agorafobia. Fino al 2000 i numeri erano nettamente inferiori; dunque, ci si ammala di più.
Ansia e panico non risparmiano nemmeno bambini e adolescenti: i bambini hanno le spalle piccole e dunque hanno una maggiore difficoltà ad affrontare stimoli e situazioni più grandi di loro. Ansia e panico sono disturbi diffusi in età scolare; scuola e sport sono per loro le maggiori fonti di preoccupazione. Spesso, dunque, non si tratta di svogliatezza o capricci ma di un malessere interno che opprime i bambini. Per esempio alla paura scolastica sono legati incubi notturni, ansia acuta e il rifiuto di andare a scuola, perché vissuta come un contesto minaccioso. I piccoli affetti da ansia sociale tendono ad isolarsi dal gruppo per la paura di non essere interessanti o poco graditi.
Nel 2012 emerge un nuovo scenario: la crisi economica come nuova fonte di stress e ansia. Un quadro disarmante emerge dallo studio dell’Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di panico, su come gli italiani stanno vivendo questo lungo periodo di crisi.
“Delle 500 persone, tra i 18 e i 65 ani di età, che hanno preso parte al nostro sondaggio, l’80 % si è detto preoccupatissimo per l’odierna situazione di crisi che sta vivendo l’Italia – afferma Paola Vinciguerra, psicologa, psicoterapeuta, presidente Eurodap – Tra le persone c’è paura, rabbia e in molti casi anche sensi di colpa. I pensieri che costruiamo in questa situazione di allarme, difficilmente potranno essere positivi quando non abbiamo più la speranza. Chi ci guida, i politici, viene percepito come nemico e non come un protettore e il futuro può essere unicamente minaccioso. La volontà di miglioramento, d’impegno che sarebbe necessaria in questo momento per trovare alternative e soluzioni, è completamente annullata dalla paura, dall’ansia e dalla depressione.”
Solo 3 persone su 10, infatti, credono che inventare qualcosa di diverso sarebbe utile a superare questo brutto momento che sta vivendo l’economia, mentre il resto, purtroppo la maggioranza, non vede possibilità di individuare vie d’uscita per superare questo momento così difficile.
Una buona notizia in materia di stress e ansia è che nessuno dei due è un destino inevitabile, qualcosa contro cui non possiamo combattere. La prevenzione primaria e secondaria sono la prima arma, uno strumento attraverso cui si promuovono competenze specifiche, abilità, strategie che possono essere di grande utilità per anticipare il pericolo e gestirlo in maniera efficace “prima che peggiori”. Questo passo non può però prescindere da un momento fondamentale, quello che si basa sulla conoscenza del fenomeno, sul fare informazione, sull’insegnare alle persone cosa sono ansia e stress, come si legano tra loro, quali sono i fattori che li causano e soprattutto come riconoscerli, a partire dall’ascolto delle nostre sensazioni, emozioni e pensieri.
Perché insomma, prevenire è sempre meglio che curare!
Fonte: Stateofmind.it
05/02/2013