Provo orrore e incredulità per i maltrattamenti inflitti al disabile autistico di Barbarano. Descrivo un caso di fantasia ma tipico di questa psicopatologia.
Cesarino è un bambino nato senza problemi che, a parte una insonnia fastidiosa che lo rende nervoso e irritabile, cresce normalmente nel suo primo anno di vita. Man mano che il tempo scorre comincia a presentare atteggiamenti curiosi, gira su se stesso, agita le mani davanti agli occhi, non parla, alterna a momenti di estrema affettuosità altri in cui è indifferente, si tiene in disparte. I continui pellegrinaggi della madre dal pediatra non riescono a spiegare il perché Cesarino cominci sì a parlare ma ripetendo sempre le stesse cose, il perché passi delle ore ad allineare i suoi giocattoli, il perché si scotti e non pianga, il perché si metta le mani sulle orecchie appena sente un rumore, il perché continui a girare e nel contempo ad agitare le mani davanti agli occhi. Le speranze di una guarigione vengono alimentate da periodi di progressi evidenti, annullati però da successivi peggioramenti. Vengono consultati molti specialisti, ma la verità nascosta sui problemi del bambino arriva solo quando Cesarino ha 6 anni. Scatta il verdetto finale: autismo.
Sono trascorsi 70 anni dalla prima descrizione scientifica della sindrome ad opera di Leo Kanner, psichiatra del John Hopkins Hospital di Baltimora; eppure le conoscenze su questa drammatica patologia non sono granché progredite. In tanti anni di studio la comunità scientifica non è riuscita a capire perché compare questa anomalia e come si sviluppa né a trovare un rimedio efficace.
Per un troppo lungo periodo procedendo per tentativi ed errori i piccoli autistici sono caduti nelle mani di operatori a dir poco, col senno del poi, sprovveduti che praticavano terapie di tipo psicoanalitico, mai verificate scientificamente e basate su presupposti sbagliati. I farmaci si sono rivelati di dubbia utilità; mentre risultati più promettenti hanno mostrato gli interventi “holding” teorizzati dagli specialisti degli anni ´70 – cosiddetto metodo maternocentrico – secondo il quale la madre doveva tenere il bambino stretto nelle sue braccia, di fronte a sé, occhi negli occhi, e continuare così giorno dopo giorno il più a lungo possibile.
Oggi è universalmente radicato il concetto che i genitori non c´entrano nulla con la minorazione del figlio e in particolare è stata dichiarata “l´innocenza della madre”. Tra i primi a sostenere questa conclusione in Italia fu il prof. Michele Zappella della scuola di neuropsichiatria infantile di Siena, già alla guida negli anni ´80 di una istituzione d´avanguardia, pure visitata dallo scrivente.
Non è facile fare una diagnosi corretta della malattia, ma meglio sarebbe definire l´autismo un sintomo che può manifestarsi in molte altre patologie psichiatriche.
Il disordine fondamentale è costituito dalla incapacità del piccolo disabile di mettersi in relazione con persone e situazioni concrete, e ciò sin dai primi atti della vita. Tipicamente i genitori raccontano: “Stava come in un guscio, era più gioioso quando rimaneva da solo, si comportava come se non ci fosse nessuno attorno”.
Ci sono poi i disturbi del linguaggio: circa la metà degli autistici non comunica e la restante metà riesce a parlare ma sempre con la stessa tonalità e non seguendo un filo logico. Oltretutto non posseggono forme di comunicazione alternativa attraverso i gesti e lo sguardo. Quando ti rivolgi a un bambino autistico questi non ti guarda negli occhi, guarda il vuoto e il contatto è disarmante.
Ma il quadro non finisce qui, perché all´autismo si associano altri sintomi quando è combinato ad altre patologie; sintomi che vanno dall´iperattività senza uno scopo, al ritardato sviluppo intellettivo, all´epilessia e all´aggressività.
Fonte: Il Giornale di Vicenza
19/04/2013