Silvia e Ketty: "Non chiamateci poverine, permetteteci di arrivare come gli altri al museo"
L’Odissea di due ragazze romane, prigioniere dell’inadeguatezza ad essere "per tutti" dei mezzi pubblici della capitale, ha fatto il giro dei social network. "Siamo diventate disabili per l’ennesima volta, non adatte pur essendo due normalissime persone che volevano solo andare al museo. Il contesto ti rende disabile"
ROMA – La loro odissea, raccontata su Facebook, è stata condivisa centinaia e centinaia di volte. Silvia e Ketty volevano semplicemente e normalmente trascorrere una serata piacevole in occasione della Notte dei musei, sabato scorso. Un appuntamento all’Ara Pacis, nella capitale, per godersi le immagini di Sebastiao Salgado. Ma tutto si trasforma, per le ragazze che sono su sedia a ruote, in inutili attese e in un calvario grazie all’inaccessibilità dei mezzi Atac (e anche, forse, all’indifferenza di qualche suo operatore). "Il contesto ti rende disabile, gli altri ti rendono disabile – scrivono le due ragazze – i mezzi di trasporto, il sindaco di Roma che in questi giorni si riempie la bocca di "sociale" per via della campagna elettorale, i marciapiedi senza scivolo. Non chiamateci poverine, permetteteci di arrivare al museo". Ripercorriamo i fatti con le parole della ventinovenne Silvia: "C’è la Notte dei musei, e si decide di andare. Premessa: c’è tempo fino all’1 di notte per prendere il biglietto e fino alle 2 per visitare la mostra". E qui inizia la cronistoria: "Ore 20.30 partenza da casa. Arrivo del 556, inaccessibile. Il mio ragazzo smonta la carrozzina, mi fa salire sull’autobus, rimonta la carrozzina. Arrivo a Centocelle ore 21, si smonta la carrozzina, si scende dall’autobus, si rimonta la carrozzina, si prende il tram fino a termini. Ore 22 arrivo a termini, in perfetto orario per l’appuntamento con Ketty, l’amica con cui siamo d’accordo per andare in giro per musei. Ketty sopraggiunge in ritardo alle 22.40 incavolata nera perché, per raggiungerci a Termini da casa sua, un autista del 492 aveva fatto finta di non vederla alla fermata ed aveva continuato la corsa senza nemmeno fermarsi. Ecco il motivo del suo ritardo. Ci rallegriamo però del fatto che siamo ancora in tempo per farcela, che è sabato sera, che possiamo ancora raggiungere i nostri amici che ci aspettano all’Ara Pacis".
Prosegue Silvia: "Ore 22.50 ci dirigiamo alla fermata del 70, l’ultimo mezzo da prendere per arrivare a destinazione. Tempo di attesa del 70, 1h e 20min, infatti l’autobus arriva a mezzanotte e 10. Ultima corsa della giornata. Autobus inaccessibile. Inaccessibile non nel senso che non ha la pedana funzionante, inaccessibile nel senso che c’è una magnifica sbarra rossa in mezzo a tutte le entrate che impedisce il passaggio delle carrozzine. Autista infastidito dalle nostre lamentele chiude le porte e riparte lasciandoci a terra. Telefonata in centrale dall’ispettore per denunciare il fatto, l’ispettore, che si trovava già a Termini, ci raggiunge a piedi. E’ mezzanotte e venti. L’ispettore si scusa per i disagi e ci assicura che, non appena a termini arriverà un autobus adatto, ricollocherà quella corsa apposta per noi due e ci farà arrivare al museo. Attesa. Attesa. Attesa. Sfilano davanti a noi circa 20 autobus, tutti provvisti della famosa barra rossa. Attesa, attesa, sconforto. A mezzanotte e 50 arrivo di un autobus adatto. Mancano dieci minuti e la biglietteria chiuderà, non ce la faremo mai, abbiamo perso la notte dei musei e guadagnato la notte dell’Atac. L’ispettore fa scendere tutti dall’autobus e dà all’autista istruzione per riaccompagnarci a casa. Un autobus tutto per noi. Per una volta sono i normodotati a restare a terra infastiditi dietro le porte che si chiudono e l’autobus che riparte" racconta sempre Silvia.
"Abbiamo perso l’ennesima possibilità di vivere una serata in tranquillità – è l’amara riflessione della giovane -. Abbiamo guadagnato l’ennesimo "poverine" da parte di chi ci compatisce e l’ennesimo "arrangiati" da parte di chi ci disprezza. In fondo noi volevamo solo passare il sabato sera in modo normale. Siamo diventate disabili per l’ennesima volta, non abili, non abilitate, non adatte pur essendo due normalissime persone che volevano solo andare al museo. Il contesto ti rende disabile, gli altri ti rendono disabile, i mezzi di trasporto, il sindaco di Roma che in questi giorni si riempie la bocca di "sociale" per via della campagna elettorale, i marciapiedi senza scivolo. Non chiamateci poverine, permetteteci di arrivare al museo".
Fonte: Superabile.it
27/05/2013