Inimmaginabile, l’album musicale composto dai pazienti psichiatrici

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La durata della vita media si è allungata, ma questo "premio" lo pagheremo a caro prezzo ammalandoci di Alzheimer. Si stima infatti che in Italia in trent’anni vi saranno oltre 3 milioni di persone che avranno bisogno di cure e di assistenza. Indagine dall’International Alzheimer’s Disease Physicians Survey

ROMA – La durata della vita media si è allungata, ma questo "premio" lo pagheremo a caro prezzo ammalandoci di Alzheimer. Si stima infatti che in Italia in trent’anni vi saranno oltre 3 milioni di persone che avranno bisogno di cure e di assistenza ininterrotta per molto più tempo, considerando che nel 10% dei casi le forme di demenza iniziano già prima dei 65 anni. Questo soprattutto perché il 46% dei medici afferma che la patologia è misconosciuta e sottostimata a causa dell’assenza di test specifici e definitivi e di problemi di comunicazione tra medico, paziente e caregiver. Limiti che portano ad una mancata diagnosi iniziale di malattia nel 43% dei casi (circa quattrocento mila su un milione di pazienti), e che avviene solo quando è già ad uno stadio molto avanzato o grave.

Oltre alla necessità di tempestività diagnostica per rallentare queste condizioni estreme, metà dei medici ritiene, inoltre, fondamentale differenziare l’Alzheimer dalle altre forme di demenza per offrire cure più appropriate. Sono questi alcuni dei dati che sono emersi dall’International Alzheimer’s Disease Physicians Survey, un’indagine realizzata da Eli Lilly, che quest’anno celebra i 25 anni di ricerca e sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche per la malattia.

L’indagine è stata presentata a Roma in occasione del Talk Show ‘Ti ricordi? Ogni dieci minuti nel nostro Paese qualcuno perde la memoria’, organizzato dall’Associazione italiana malattia di Alzheimer e condotto da Franco di Mare. Lo studio, nata per valutare le difficoltà e barriere diagnostiche della patologia, ha coinvolto medici di 5 nazioni (Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Francia e Giappone) ed è affiancato da un’altra indagine, tutta italiana, che esplora attraverso dei diari emozionali, il vissuto dei pazienti e quello – problematico e a volte disperato – proprio dei caregivers.

"L’indagine internazionale- ha commentato Carlo Caltagirone, professore di neurologia all’università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia di Roma- ha evidenziato che l’Alzheimer è la più comune forma di demenza con un tasso in costante crescita. Nel 2010, 35.6 milioni di persone nel mondo ne erano affette, un dato destinato a raddoppiarsi nell’arco di 20 anni, con già nel 2030 65.7 milioni di casi e 115.4 milioni di diagnosi nel 2050. Una proporzione assolutamente trasferibile in Italia, dove si registrano all’incirca 700 mila ammalati, con circa 80 mila nuovi casi ogni anno". L’Alzheimer determina un "impatto elevatissimo- ha raccontato Patrizia Spadin, presidente dell’Associazione italiana malattia di Alzheimer (Aima) sulla qualità della vita dei caregiver e dei familiari, con un cambio radicale delle abitudini di vita, la riduzione del tempo e delle risorse da dedicare al resto della famiglia e al lavoro. Forte risulta l’affaticamento fisico, con sonno compromesso e annullamento dei propri spazi vitali e personali. Emerge la fatica e lo stress nella gestione quotidiana del malato per l’imprevedibilità giornaliera e gli eventuali comportamenti aggressivi che portano con sé frustrazione nel vedere non riconosciuto il proprio sforzo, il senso di colpa per avere trascurato i primi segnali, la vergogna e l’imbarazzo per eventuali comportamenti inadeguati".

La patologia, dunque, non solo destabilizza e ammala il paziente ma anche l’intero nucleo familiare. "La sua criticità e gravità- ha concluso- sono oggi ulteriormente messe a dura prova dalla situazione globale del Paese impegnato a fronteggiare la mancanza di servizi adeguati e protetti, i tagli alla sanità e all’assistenza. Invece l’Alzheimer è una malattia che non ha bisogno solo di attenzione ma di un impegno legislativo vero, attento e continuativo". Per affrontare al meglio la malattia e predisporre una rete di assistenza in grado di tutelare paziente e caregiver, secondo gli specialisti serve:

1) promuovere di una maggiore sensibilità sociale sull’Alzheimer;
2) facilitare del percorso diagnostico;
3) avviare una azione di sensibilizzazione verso il medico sulla rilevanza di una presa in carico globale del malato;
4) promuovere una maggiore condivisione e comunicazione sul progetto terapeutico all’interno dei centri di cura;
5) delineare politiche di supporto psicologico e di gestione pratica e quotidiana del malato;
6) l’avere accesso a contesti sociali protetti e dedicati al malato di Alzheimer;
7) investire su nuovi farmaci.

Fonte: Superabile.it

23/09/2013