Disability manager: la promessa del ministro Giovannini

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di Salvatore Nocera
Lascia infatti quanto meno perplessi, di fronte alla giurisprudenza costantemente prodotta in questi ultimi anni, una recente Sentenza della Corte di Cassazione, che ha prescritto alla famiglia di un alunno con disabilità di compartecipare alle spese per il trasporto e l’assistenza a scuola. Il tutto, tra l’altro, interpretando in modo singolare il concetto di “accomodamento ragionevole” della Convenzione ONU

Con la recente Sentenza n. 21166/13, prodotta il 17 settembre scorso, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha concluso un procedimento di richiesta di assistenza e trasporto gratuiti a scuola di un alunno con disabilità, iniziato prima del 2006, dando torto alla famiglia che chiedeva il rimborso delle spese da essa anticipate per il trasporto e l’assistenza a scuola, servizi per i quali il Comune aveva preteso una compartecipazione al costo.
La Cassazione ha argomentato in primo luogo che le norme costituzionali sul diritto allo studio degli alunni con disabilità sono «programmatiche» e non precettive e comunque non prevedono la gratuità assoluta di questi servizi. Inoltre, essa ha negato l’esistenza di norme legislative che espressamente garantiscano la gratuità di tali servizi.
Infine, citando l’articolo 24 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la Suprema Corte ha voluto interpretare il principio di «accomodamento ragionevole», nel senso che quest’ultimo comporterebbe l’obbligo delle famiglie di contribuire ai costi di questi due servizi, secondo le loro possibilità economiche.
In conclusione, data la complessità della questione, la decisione ha sancito la compensazione delle spese che ovviamente, per la propria parte, sono ricadute sulla famiglia relativamente ai tre gradi di giudizio.

Ebbene, questa volta, sui contenuti della pronuncia della Corte di Cassazione, appare lecito dissentire per una serie di motivi che qui di seguito elenchiamo.
1- L’obiezione che le norme costituzionali in materia scolastica abbiano solo valore «programmatico» e quindi non vincolante sino a quando il Legislatore non approvi apposite norme, è sconfessato dalla stessa Sentenza 215/87, citata dalla Cassazione, in quanto tale Sentenza ha espressamente affermato che l’articolo 3 comma 2 della Costituzione, sul divieto di disuguaglianza nei confronti degli alunni con disabilità è immediatamente precettivo.
Ovviamente la Corte Costituzionale aveva ragionato sull’“uguaglianza materiale”, cioè che trattando in modo identico alunni con e senza disabilità (facendo cioè pagare trasporto e assistenza secondo le loro disponibilità economiche), si trattano in modo disuguale gli alunni con disabilità, per i quali trasporto e assistenza sono servizi necessari.

2. Pare strano che la Suprema Corte, che ben conosce le leggi, neghi l’esistenza di norme esplicite sul diritto alla gratuità di questi servizi per gli alunni con disabilità. Infatti:
a) l’articolo 28, comma 1 della Legge 118/71 afferma espressamente il diritto alla gratuità del trasporto alle scuole del primo ciclo per gli alunni con disabilità;
b) La Sentenza 2631/08 del Consiglio di Stato, alla luce della citata sentenza 215/87 della Corte Costituzionale, ha esteso alle scuole superiori il diritto al trasporto e all’assistenza gratuite, per analogia con l’articolo 28, comma 1 della Legge 118/71, citata in precedenza;
c) La Legge 67/06 vieta qualunque forma di discriminazione per le persone con disabilità. Pretendere, come fa la Cassazione, che gli alunni con disabilità debbano concorrere ai costi dei servizi di trasporto e assistenza a scuola, secondo le loro disponibilità economiche, non tiene conto che ciò costituisce discriminazione, dal momento che per i compagni il trasporto è un’opportunità e il servizio di assistenza non si pone, mentre per gli alunni con disabilità questi due servizi sono indispensabili per l’esercizio del loro diritto allo studio;
d) in tal senso si è espresso chiaramente il Decreto Legislativo 112/98 (articolo 139), secondo il quale trasporto e assistenza gratuiti per gli alunni con disabilità sono compito rispettivamente del Comune per la scuola del primo ciclo e della Provincia per quelle superiori. E la citata Sentenza 2631/08 del Consiglio di Stato ha ampiamente interpretato il termine «supporto organizzativo» all’integrazione scolastica come comprendente necessariamente il trasporto e l’assistenza a scuola.

3. La Corte di Cassazione analizza a lungo la Legge Quadro 104/92, evidenziando come tutte le norme che riguardano gli obblighi degli Enti Locali a fornire servizi per l’integrazione scolastica siano condizionate dalle «disponibilità di bilancio». In senso contrario, però, sul diritto allo studio degli alunni con disabilità si è espressa la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale e da ultima la nota Sentenza 80/10, la quale afferma espressamente che il diritto all’inclusione scolastica non può essere condizionato o affievolito per motivi di bilancio essendo «costituzionalmente protetto».
La Cassazione, quindi, pur citando detta Sentenza, la considera limitatamente al diritto alle ore di sostegno, mentre la massima affermata dalla Corte Costituzionale spazia su tutti gli aspetti del diritto.

4. La Corte di Cassazione cita pure l’articolo 24 (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, per precisare che l’«accomodamento ragionevole» da garantire per la realizzazione del diritto allo studio degli alunni con disabilità consisterebbe, nel caso di specie, nella possibilità che le famiglie contribuissero economicamente al costo dei servizi secondo le loro disponibilità economiche.
Tale interpretazione, tuttavia, sembra contrastare con quella derivante da una visione globale della Convenzione, il cui principio dominante è quello delle pari opportunità che debbono essere garantite agli alunni con disabilità dalle Amministrazioni, anche con dei sacrifici economici delle stesse e non invece con sacrifici economici delle famiglie di alunni con disabilità.

In conclusione è quanto meno strano che la Cassazione si sia limitata a confermare l’interpretazione data alla normativa sino al 2005 dal Tribunale di Bergamo e dalla Corte d’Appello di Brescia, ignorando o fornendo un’interpretazione riduttiva della normativa e della giurisprudenza costituzionale successive a tale data.
E in ogni caso – è sempre bene ricordarlo – a differenza delle Sentenze di annullamento della Corte Costituzionale, che valgono erga omnes (“per tutti”), quelle della Corte di Cassazione riguardano solo il caso concreto trattato e non vincolano gli altri organi di giustizia a uniformarsi ad esse.
Ci si augura quindi che in analoghe controversie, i successivi Giudici di merito o di legittimità non vogliano seguire l’orientamento di questa Sentenza della Suprema Corte, che rimane unica e isolata nel nostro panorama giuridico.

Fonte: Superando.it

26/09/2013