Tavola rotonda a Roma. Pallavicino (Issr): "Nelle persone con autismo i segni sono in grado di sfruttare la potente risorsa delle abilità visive, aprendo un canale di comunicazione che riduce l’isolamento dei bambini e apre anche alla possibilità di produzione verbale".
ROMA. L’utilizzo della Lingua italiana dei segni con persone udenti e disabilità della comunicazione. Lis vera e propria o soltanto segni? E con quali obiettivi? Lis alternativa alla lingua vocale, aumentativa della comunicazione o ponte verso la capacità di parlare? Questi i principali temi al centro di "Lis e disabilità:esperienze e sfide", tavola rotonda moderata da Olga Capirci dell’Istc-Cnr che si è tenuta ieri pomeriggio a Roma presso l’Istituto Statale dei Sordi di via Nomentana 54, organizzato dall’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione-CNR, l’associazione Gruppo Sils, Studio informazione Lis e l’ISSR nell’ambito di un ciclo di seminari e tavole rotonde su Lis, disabilità e sordità in programma fino a dicembre prossimo. Un primo passo di confronto su come utilizzare la Lis con bambini udenti e con disabilità della comunicazione, problemi di linguaggio con o senza difficoltà cognitive, che rientrano in numerose e diverse sindromi, al quale hanno partecipato specialisti di area linguistica, della riabilitazione e dell’educazione.
"Per comunicare con il bambino, udente e con disabilità della comunicazione, è fondamentale utilizzare una lingua rispettosa delle sue capacità – ha affermato Luisa Gibellini, logopedista che dal 1996 utilizza la Lis nella riabilitazione di persone udenti e in questi anni, con la cooperativa le Farfalle, sta sperimentando attraverso i simboli anche la possibilità di favorire la letto-scrittura di bambini con disabilità della comunicazione -. Si rivela quindi necessario inserire il segno in frasi significative strutturate in Lis e poi in base alla risposta del bambino l’operatore decide se utilizzare il segno o la Lis. La Lingua italiana dei segni facilita, infatti, la comprensione da parte di questi bambini che troppo spesso erroneamente si pensa che capiscano tutto. Inoltre, la Lis favorisce la produzione di linguaggio con un input che rispetta le potenzialità del bambino, aumentando la capacità di comunicazione in un primo momento in maniera sostitutiva della produzione di parole e costituendo successivamente per alcuni un ponte verso la lingua vocale".
Valentina Petron dell’università Ca’ Foscari di Venezia, polo di riferimento nel panorama degli studi di linguistica, ha illustrato il passaggio dai segni alla produzione vocale di Daniele, bambino con autismo. "Dopo aver avuto fino a 14 mesi uno sviluppo nella norma, Daniele a 15 mesi ha perso le capacità orali fino a quel momento acquisite e intorno ai 25 mesi ha avuto la diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Con il metodo Aba – ha spiegato Petron – sono stati proposti a Daniele i primi segni, con gesti adattati alle sue abilità motorie, in modo che potesse cominciare ad esprimere i suoi bisogni primari. I segni hanno favorito in lui la comprensione e memorizzazione di vocaboli e concetti, supportando e favorendo la produzione di parole, che dopo circa due anni di trattamento (intorno ai 4 anni e mezzo) è ricomparsa. Inoltre i segni hanno consentito di favorire l’inclusione e l’integrazione di Daniele con i compagni di classe che attraverso giochi con i segni hanno potuto avere scambi di comunicazione con lui. Ciò ha anche aumentato la considerazione dei compagni nei confronti di Daniele".
"Riducendo l’impegno di spostare l’attenzione dallo stimolo visivo a quello uditivo – ha sottolineato Alessia Pallavicino, psicologa psicoterapeuta dell’ISSR – nelle persone con autismo i segni sono in grado di sfruttare la potente risorsa delle abilità visive, aprendo un canale di comunicazione che riduce l’isolamento dei bambini e, a seconda dei casi, apre anche alla possibilità di produzione verbale". Quanto emerso dalla tavola rotonda di ieri all’ISSR evidenzia come l’utilizzo della Lis e dei segni, da parte di operatori specificamente specializzati, con una modulazione del livello di complessità che rispetti le capacità dei bambini con diverse disabilità della comunicazione, possa costituire a seconda dei casi un canale aumentativo, alternativo o un ponte verso la produzione verbale. (Francesca Mezzelani)
Fonte: Redattore Sociale.it
14/05/2014