Daniel Tammet ha la sindrome di Asperger. Nel suo ultimo libro racconta come grazie ai numeri riesce a pensare il mondo e a vivere le emozioni.
di PIERGIORGIO ODIFREDDI
IL 14 marzo 2004, giornata mondiale del pi greco, Daniel Tammet si esibì in pubblico al Museo di Storia della Scienza dell’Università di Oxford, recitando in cinque ore e nove minuti le prime 22.514 cifre decimali di pi greco, appunto, che iniziano con «uno quattro uno cinque nove due sei cinque tre cinque nove». Queste imprese, tipiche del Guinness dei Primati, in genere brillano solo per la loro futilità. Anche se, in fondo, neppure le lettere di un endecasillabo di Dante, come «enne e elle emme e zeta zeta o di e elle ci a emme emme i enne …», suonano poi tanto meglio delle undici cifre precedenti, se recitate in maniera simile. Naturalmente, dietro alle cifre di pi greco c’è una struttura ancora più sofisticata e complessa di quella che sta dietro le sillabe della Divina Commedia.
E i matematici l’hanno studiata per millenni. A partire dagli Egizi, che notarono come 64 monete uguali si possono disporre in un cerchio di diametro 9, e ne dedussero per pi greco un’approssimazione pari a 3,16. Già i Babilonesi si erano accorti che la prima cifra dopo la virgola è corretta, ma si dovette aspettare il genio di Archimede per scoprire che la seconda è sbagliata, e che l’approssimazione corretta a due decimali è il famoso 3,14 che impariamo fin dalle elementari.
Per arrivare a questo risultato Archimede usò due poligoni regolari di 96 lati, uno inscritto e l’altro circoscritto al cerchio. Metodi sempre più complicati furono necessari per andare oltre, e trovare via via un numero sempre più grande di cifre significative dopo la virgola. Calcolando a mano, nel corso dei secoli si arrivò fino a qualche centinaio di cifre, ma per procedere oltre furono necessarie dapprima le calcolatrici, e poi i calcolatori. Le migliaia di cifre declamate da Tammet nella sua esibizione pubblica vennero determinate soltanto nel 1961, benché oggi se ne conoscano ormai migliaia di miliardi.
Dietro l’apparente futilità dell’impresa mnemonica di Tammet si nasconde dunque la profondità delle ricerche matematiche, che lui presenta alla sua maniera nel gustoso libro La poesia dei numeri (Zanichelli, 2014), seguito del fortunato Nato in giorno azzurro (Rizzoli, 2008). Chi abbia letto quest’ultimo sa già che l’autore è affetto da sindrome di Asperger: una forma di autismo compatibile con l’abilità matematica, e portata a conoscenza del pubblico qualche anno fa dal grande successo di Mark Haddon Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (Einaudi, 2003).
In precedenza già Oliver Sacks aveva attirato l’attenzione sul legame tra autismo e matematica: ad esempio, descrivendo in L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello ( Adelphi, 1986) il caso di due gemelli autistici che giocavano a scambiarsi grandi numeri primi. E i sintomi della sindrome di Asperger sono tipici della caricatura dei matematici: più interessati alle cose che alle persone, poco comunicativi, ossessivi, asociali, maniacali, osservatori, classificatori e iper razionalisti. Ma anche di informatici come Bill Gates, dotati di un’eccezionale memoria infantile e usi a dondolarsi ipnoticamente sulla sedia.
Il primo libro di Tammet descriveva lo specifico della sua patologia. Ad esempio, la sinestesia alla quale allude appunto il titolo Nato in un giorno azzurro , che per la cronaca era un mercoledì. Per quanto riguarda i numeri, Tammet associa loro automaticamente colori, forme e altre qualità sensibili, che gli permettono di riconoscerne "a vista" proprietà astratte come l’essere primi o composti. E anche di vedere in quelle che per noi sono solo aride successioni di cifre delle vere e proprie storie, che egli può poi "raccontare" in esibizioni come quella dalla quale siamo partiti.
Come il protagonista del film Rain Man — L’uomo della pioggia, un ruolo da Oscar interpretato nel 1988 da Dustin Hoffmann, Tammet è anche in grado di calcolare mentalmente e visivamente con numeri enormi. Queste sono cose da idiot savant, come nota egli stesso, ma lui va oltre. Considera i numeri la sua prima lingua, quella in cui pensa e sente. Li associa agli oggetti e alle persone. E, soprattutto, li usa come mezzo per interiorizzare le emozioni: cosa altrimenti difficile per un autistico propenso alla solitudine e all’introversione, e colpito da una serie di malattie come l’epilessia, le vertigini e l’ipersensibilità alla luce.
Mentre nella maggior parte del primo libro Tammet si era dedicato all’autobiografia, nel secondo si concentra sull’aritmetica e ci racconta i numeri dal proprio singolare punto di vista. Che è sicuramente più interessante per i non addetti ai lavori di quello di un matematico professionista, perché egli presenta le cose in maniera estremamente intuitiva.
Per trovare le soluzioni di un’equazione, ad esempio, Tammet la traduce in parole, e invece di operare algebricamente cerca di intuire il risultato. Così, se deve risolvere x2+ 10x=39, non applica pedestremente la formula per le equazioni di secondo grado che si impara a scuola. Piuttosto, enumera dapprima i quadrati dei numeri: 1, 4, 9,… Poi enumera i multipli interi di dieci: 10, 20, 30,… Poi si accorge che 9 più 30 fa 39, come richiesto. E visto che 9 e 30 sono i terzi numeri delle due liste, ne deduce correttamente che la soluzione è 3.
Ma La poesia dei numeri riserva sorprese anche al matematico professionista, che dei numeri in genere non conosce il folclore umanistico: ad esempio, il fatto che Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, avesse undici dita. Il che dà lo spunto a Tammet per immaginare come gli uomini avrebbero contato se tutti ne avessero avute altrettante, invece che solo dieci: in particolare, poiché undici è un numero primo, sarebbe stato difficile sviluppare il concetto di "una metà". Con dodici dita, invece, come ne ha il cubano Hernandez Garrito, il computo delle ore risulterebbe semplificato.
Ma di numeri non ci sono solo gli interi, e Tammet ci allerta a una sorprendente apparizione degli infinitesimi in Guerra e pace di Lev Tolstoj. Nella concezione dello scrittore russo, infatti, la storia non è fatta individualmente da pochi grandi uomini, bensì collettivamente dalla moltitudine dei piccoli. E nel corso del suo sterminato capolavoro egli usa a più riprese metafore tratte dal calcolo infinitesimale, probabilmente arrivategli all’orecchio tramite l’amico matematico Sergej Urusov.
Il titolo originale del libro di Tammet era Pensare con i numeri , ma la traduzione italiana non è fuorviante. A parte il richiamo metaforico a La poesia dei numeri , egli dedica infatti alcune pagine anche al significato letterale, cioè letterario, dell’espressione.
Discute, ad esempio, il modo in cui i numeri intervengono nella struttura poetica: in particolare, nella sestina medievale e nell’ haiku giapponese. E cita Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, autrice di una poesia intitolata Pi greco che inizia così: «È degno di ammirazione il pi greco, tre virgola uno quattro uno».
Per i primi minuti della sua esibizione Tammet non aveva fatto altro che recitare questa poesia, purgata delle parole superflue inframezzate dalla poetessa fra le prime due dozzine di cifre di pi greco. E aveva continuato mille volte più a lungo di lei, cantando la poesia dei numeri in maniera ancora più pura e rarefatta della stessa poetessa.
Fonte: La Repubblica.it
10/02/2015