TORINO. Una cinquantina di autisti Uber bendati. Dovevano provare ad aprire la portiera, sistemarsi in auto, dare istruzioni agli accompagnatori. Il gioco di ruolo è andato in scena ieri, nel primo di una serie di corsi organizzati dall’associazione Apri, retinopatici e ipovedenti, che ha siglato una convenzione con la contestata piattaforma virtuale Uber. L’associazione contro la quale martedì a Torino s’è tenuto lo sciopero nazionale dei taxisti, con qualche tensione. E anche ieri si temevano le contestazioni: luogo e orario del corso sono rimasti segreti fino all’ultimo.
La decisione dei non vedenti di affidarsi all’app Uber – con lo sconto del 20 per cento sulle tariffe già basse – ha suscitato l’ira dei taxisti. L’associazione Apri, che a Torino conta 200 soci, ha ricevuto mail e telefonate con minacce del tipo: «Vi denunceremo. Siete fuori legge». Intimidazioni cadute nel vuoto. Ieri Uber ha addestrato i «driver» all’accompagnamento dei disabili visivi. Quindi rilasceranno loro un attestato di partecipazione. Nelle prossime settimane si terranno altri corsi per il migliaio – secondo fonti non ufficiali – di autisti che lavorano con Uber in città. Non solo, il presidente dell’associazione di non vedenti, Marco Bongi, ha scritto una lettera aperta «agli amici taxisti», dove dice che devono usare Uber per necessità: «Da quando il Comune ha tagliato i buoni taxi ai disabili, spenderemmo lo stipendio per muoverci». Ma non risparmia frecciate alla categoria, ricordando ad esempio l’assenza dei taxisti alle manifestazioni contro i tagli dei buoni taxi, o la ritrosia di alcuni a far salire a bordo i cani-guida, o ancora l’assenza di flessibilità sulle tariffe. I taxisti insistono: «Suggeriamo all’associazione Apri di non servirsi di autisti abusivi, perché anche se fanno un corso di una giornata, poi non offrono le garanzie e le tutele dei professionisti. Siamo pronti a un dialogo con i disabili visivi a patto che non usino servizi illegali», dice Federico Rolando, portavoce di dieci delle tredici sigle sindacali delle auto bianche.
Fonte: La Stampa.it
23/02/2015