La mostra sarà visibile a Roma dal prossimo 11 giugno: 34 artisti raccontano visivamente la disabilità, fra ironia, incubi architettonici e poesia di un sorriso. Nei musei non ci sono più barriere, ma gli allestimenti non sono pensati per i disabili salvo rare eccezioni
ROMA – Descrivere la disabilità in forma artistica: è il difficilissimo compito in cui si sono impegnati 34 artisti, raccolti nella mostra "La mia immagine ti appartiene", a cura di Spamlife, presentata insieme alla raccolta di testimonianze scritte "La mia storia ti appartiene", a Roma. "È l’ideale contrappunto artistico al libro", spiega la curatrice Raffaella Rinaldi. La copertina del libro, "La bellezza delle cose ama nascondersi n.2 2014", è oera di un’artista disabile, Roberta Maola.
La mostra sarà visibile dal prossimo 11 giugno presso la sala Santa Rita in Santa Maria in Campitelli. Si va da "Nuovo concetto spaziale", un’ironica riproposizione dei tagli di Fontana a disegnare una figura in sedia a rotelle, al malinconico nudo di "Amor muto", da foto empatiche come "Un sorriso" e "Timeout", alla visione claustofobica delle barriere architettoniche di "I try to visit you" e "Ostacolo".
"La fragilità non è solo un limite, l’arte sa superare le barriere – spiega la curatrice -, e questi artisti si sono cimentati nella presunta inconciliabilità fra disabilità e bellezza, andando a esplorare i luoghi d’ombra in cui questi due elementi si fondono, i particolari rimossi dall’inconscio collettivo. L’arte insegna, ci cambia, ha una funzione sociale". "Tu ed io", di Cristina Samarelli, richiama le parole di un racconto del libro "Sembro una barbie smontata e rimontata da una bambina schizofrenica (…). La testa non è male".
Rubens e Renoir erano affetti da artrite reumatoide: il primo dipinge una delle sue ‘Tre grazie’ con le dita ripiegate come le aveva lui, del secondo possiamo dire che il suo tratto inconfondibile era dovuto anche alla malattia, che lo obbligava a legarsi il pennello fra pollice e indice, e alla fine al polso, posizionando le tele su rulli scorrevoli perché non arrivava in alto". Nell’arte la disabilità è stata poco rappresentata, "A parte Velasquez, Bruegel e Bosch, ma a quei tempi non esisteva il concetto, erano solo persone diverse – continua Rinaldi -, ma solo successivamente c’è stato il riscatto della dignità, con le opere di Frida Kahlo, nata con la spina bifida, vittima di incidente e di 32 operazioni successive, che rappresenta la propria condizione in modo altamente lirico, senza pietismo".
L’altro elemento della passione per l’arte è la possibilità di fruirne: "Se è vero che ormai i musei hanno abbattuto le barriere architettoniche, resta il fatto che gli allestimenti, dall’illuminazione alle didascalie alla posizione delle opere, sono strutturati per persone erette e autonome – spiega Rinaldi -. Caso unico fu la sala restaurata della Pinacoteca di Brera per il Cristo di Mantegna: per creare l’impatto drammatico Ermanno Olmi fece posizionare la tela a mezzo metro da terra, rendendola fruibile anche per le persone in sedia a rotelle. Da questo punto di vista la curatrice loda le visite tattili ai Musei Vaticani, o il Museo Omero di Ancona, "Non priviamoci di altri punti di vista", commenta. Cita la definizione Treccani: "La bellezza è ciò che è percepito come tale dai sensi e dall’anima". "La disarmonia nasce da quel pudore e morbosità che ci fa vedere la parte per il tutto. Compito dell’arte è allora imparare a vedere con occhi nuovi".
Fonte: Superabile.it
20/04/2015