«Poca scienza ti porta lontano da Dio, molta scienza ti spinge vicino a lui». Clara Lejeune Gaymard, figlia del grande genetista Jerome Lejeune, la ricorda come una delle frasi preferite dal padre quando, dopo la scoperta della trisomia 21 – l’anomalia genetica delle persone con sindrome di Down –, molti scienziati cominciarono a utilizzare le sue ricerche per impedire la nascita di chi ne era affetto. Un risultato opposto a quello voluto dallo scienziato francese. Oggi Clara è presidente della Fondazione dedicata al padre che finanzia ricerche per zittire questo cromosoma in più che crea un eccesso di proteine nei Down. Clara è anche presidente e ceo della General Electric in Francia e vice presidente di un ramo dell’azienda americana. Una delle cinquanta donne più influenti del mondo. Ed è madre di nove figli.
A vvenire l’ha incontrata nei giorni scorsi a margine di un incontro al teatro Manzoni di Bologna. «Come faccio a conciliare realtà così impegnative? La risposta è che io non mi sono mai posta la domanda. Spesso nella vita non si fanno cose perché si pensa che non sia ragionevole o perché ci si convince di non potercela fare. Se lo vuoi, fallo e basta. Io avevo questo immenso desiderio di avere una famiglia. Ero brava a scuola,
L’appello di Clara Lejeune, figlia del grande genetista Jerome: con la ricerca possiamo sconfiggere la trisomia 21. Occorrono fondi ma soprattutto la determinazione a non lasciare che prevalga un uso della scienza per uccidere i più fragili anziché aiutarli»
ho pensato che invece di stare a casa sarebbe stato più utile lavorare. Ho sempre fatto quello che volevo fare invece di quello che gli altri mi dicevano di fare. Non è stato facile ma penso che un’esistenza facile non ci sia. Esiste una vita felice, e la mia lo è». R icordando il padre, ci dice che «fu molto doloroso per lui capire che le sue scoperte sulla Sindrome di Down erano state utilizzate non per migliorare le loro condizioni di vita ma per ucciderli. L’amniocentesi e la villocentesi, i due esami di diagnosi prenatale finalizzati a scoprire se il feto è caratterizzato da trisomia 21, sono molto invasivi e annientano esseri umani». Ma una cura alla sindrome è possibile: «Ci sono molti gruppi di ricerca in biologia e in genetica molecolare – spiega Clara Lejeune –. Anche in Italia ci sono team che portano avanti studi con passione. Servono tanti fondi, ma siamo molto determinati a trovare un modo per guarire i Down. Tutti noi abbiamo una piccola percentuale di trisomia 21 nel nostro corpo, loro ne han- no leggermente di più. Dobbiamo semplicemente tro- vare un modo per inibire questo cromosoma».
ecisivo è un punto fermo del pensiero di papà Lejeu- D ne: «Nessuno ha il diritto di decidere se tu puoi vi- vere o meno – gli fa eco la figlia –. Il problema è quale uso facciamo della scienza. La usiamo o no per il bene del genere umano? Stiamo facendo ricerche per il bene comune oppure no? Sono domande cruciali. La nostra è una società contro i più deboli. Dobbiamo pensare a Sparta e ad Atene. Atene era la città della cul- tura, della filosofia. Sparta era la città delle armi e del- la violenza. A Sparta i bambini deboli venivano elimi- nati perché non erano adatti a combattere. Sparta nel- la storia occupa uno spazio molto minore rispetto ad Atene. Le uniche cose che sappiamo su Sparta le abbiamo imparate da Atene che preservava le persone deboli. Atene ha fornito i pilastri della nostra cultura».
In gioco c’è un muro maestro della civiltà: «Quando vedi un bimbo piccolo che cade per terra – conclude Clara – l’istinto ti spinge ad aiutarlo a rialzarsi. È la debolezza del bambino che ti porta ad aumentare la tua compassione, uno dei migliori lati dell’umanità. Quando vediamo che qualcuno è debole il nostro cuore si apre. Se perdiamo questo, perdiamo la nostra umanità ».
Fonte: Avvenire.it
05/03/2013