Una sentenza del giudice di Livorno autorizza la piccola colpita da una grave malattia a riprendere le cure con il protocollo Stamina. Vannoni (Stamina Foundation): "Ripristinata la legalità". I malati manifestano per il diritto alle cure, mentre dal ministero della Salute ricordano che mancano "prove di sicurezza e efficacia". E lo scetticismo prevale anche fra i ricercatori di Telethon
ROMA – Una sentenza del giudice di Livorno autorizza la piccola Sofia, colpita da una grave malattia neurodegenerativa – la leucodistofia metacromatica – a riprendere le cure con il protocollo Stamina. Il caso sembra quindi chiuso, almeno per quanto riguarda la piccola Sofia. Ma la questione resta aperta. Il caso "Stamina" sarà infatti al centro di tre manifestazioni diverse, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra (22 marzo, 23 marzo e 31 marzo), accomunate da una sola richiesta: che sia possibile per tutti i malati accedere a cure efficaci, staminali comprese. (vedi lancio successivo)
"Cari amici, oggi un giudice del Lavoro di Livorno ha ripristinato la legalità autorizzando la piccola Sofia a riprendere le cure e a portarle a termine". Così commenta, poche ore fa, sulla sua pagine Facebook, Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation, da giorni sotto i riflettori per una questione che vede contrapposte le diverse parti in causa. Da un lato molti genitori – non tutti, però – di bambini colpiti da gravi malattie, che vedono nelle "cure compassionevoli" l’unica speranza di sopravvivenza per i propri figli. Accanto a questi genitori, oltre naturalmente allo stesso Vannoni e alla sua fondazione, alcuni giornalisti e uomini dello spettacolo (da Le Iene a Celentano, passando per Fiorello), che prestano il loro volto e la loro voce per sostenere la causa di queste famiglie. Dall’altra parte, le istituzioni che non autorizzano formalmente la somministrazione di terapie non ancora validate, insieme a tutta una parte del mondo clinico e scientifico, che mette in guardia contro i rischi di "cure miracolistiche" non supportate da prove scientifiche.
Il tono del dibattito è aspro, come dimostra il commento di Vannoni alla sentenza del giudice di Livorno Francesca Sbrana, che di fatto ha accolto il ricorso d’urgenza della famiglia di Sofia, con un provvedimento che le garantirà il completamento della cura a Brescia, secondo il protocollo Stamina. Nei prossimi giorni, la mamma di Sofia sarà sottoposta al prelievo delle cellule, che successivamente saranno infuse a Sofia. "Mi spiace per tutti coloro che, rivestendo posizioni istituzionali, si sono visti sottrarre l’occasione di compiere un atto di compassione – commenta Vannoni – La loro pietà che ci hanno fatto tanto agognare non serve più a nessuno, il diritto ha preso il suo posto, come dovrebbe sempre avvenire in un paese civile. Certo la prima reazione è di gioia, di felicità per quella piccina e per i suoi genitori – precisa Vannoni – ma insieme a Sofia ci sono oggi altre 9 mila persone in gravissime condizioni, bambini, adulti a cui la burocrazia e gli interessi corporativi hanno tolto ogni speranza".
In riferimento ai tanti che, pure sul versante delle associazioni, hanno in questi giorni preso ufficialmente le distanze dal protocollo Stamina, Vannoni replica: "Mi stupisco quando sento associazioni che dovrebbero battersi per il diritto alla vita scagliarsi contro le cure compassionevoli ed utilizzare la scienza come scudo contro la volontà dei malati. Eppure mi ricordo che il sig. Luca Coscioni, affetto da Sla, si sottopose ad una terapia con cellule staminali neurali, fatta a Torino dalla dott.ssa Mazzini, che evidentemente non portarono al risultato sperato". Esplicito anche il riferimento a Mario Melazzini, il cui caso è stato recentemente oggetto di denuncia da parte del Comitato 16 Novembre: "L’ex presidente dell’Aisla (associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) il dr Melazzini pare aver avuto giovamento da un trapianto di staminali che si fece presso la Fondazione Maugeri. Insomma vedere che queste associazioni si scagliano contro le nostre cure compassionevoli mi lascia sbigottito".
Vannoni rassicura poi: "con la nostra metodica non dobbiamo torturare i pazienti con pesanti interventi chirurgici, non conserviamo feti abortiti in frigorifero, non immunosopprimiamo i pazienti, non chiediamo soldi a nessuno e non abbiamo mai prodotto effetti collaterali: mi rendo conto che tutto ciò possa turbare le istituzioni e spingerle a vietare le nostre terapie. Mi rendo anche conto che una bugia a furia di essere ripetuta diventa una mezza verità, quindi ben vengano le trasmissioni a senso unico senza possibilità di confronto e gli articoli sui quotidiani che titolano a piacimento per spaventare le persone e tenerle lontane da queste terapie. Eppure nonostante tutti questi sforzi e investimenti le persone non si sono ancora convinte che vietare le cure compassionevoli sia la scelta migliore".
Fonte: Superabile.it
22/03/2013