Numerose sono le possibilità proposte da comuni, associazioni, parrocchie: non sempre, però, è prevista un’accoglienza adeguata per i ragazzi disabili. Dove mancano operatori e risorse, spesso interviene il volontariato. La "fascia critica" inizia dopo i 14 anni e soprattutto a partire dai 18: alle famiglie dei ragazzi disabili più grandi, non resta che rivolgersi ai centri estivi "speciali"
ROMA – Comuni, parrocchie, associazioni: sono questi i principali promotori e gestori dei centri estivi a cui si rivolge un gran numero di famiglie con bambini o ragazzi, all’indomani della chiusura delle scuole. Quella del "tempo estivo" rappresenta infatti una grande preoccupazione per i genitori che lavorano: una preoccupazione ancora più grande per chi ha un figlio con disabilità. Le possibilità, in teoria, sono tante: dal centro estivo comunale, dai costi contenuti, al centro privato, fino ad arrivare ai centri specializzati per le disabilità. Nella pratica, però, non tutte queste possibilità sono realmente percorribili.
Iniziamo con i centri estivi "speciali", riservati ai ragazzi disabili: si tratta per lo più di esperienze che nascono dalle costole di centri diurni attivi durante l’anno e spesso rivolte anche a ragazzi disabili adulti. E’ questa, infatti, la "fascia critica" della disabilità: dopo i 14 anni, ma ancor più a partire dai 18, si riducono o spariscono i servizi rivolti ai ragazzi disabili. Non fanno eccezione i centri estivi. Una lacuna quindi colmata, in alcuni casi, dai centri diurni "aperti d’estate", che accolgono i ragazzi anche durante il periodo di chiusura delle scuole.
Per quanto riguarda i centri estivi gestiti da parrocchie o associazioni (e in alcuni casi sostenuti da un finanziamento comunale), l’esperienza delle famiglie dei ragazzi disabili è generalmente positiva, come testimoniano diverse mamme. Non altrettanto può dirsi dei centri comunali, dove la situazione è molto disomogenea: alcuni comuni prevedono, nel bando di assegnazione del servizio, come requisito fondamentale la capacità di accogliere, con personale specializzato, i ragazzi con disabilità; in altri comuni, invece, questo riferimento non è contenuto nel bando e la questione dell’accoglienza della disabilità è quindi lasciata alla discrezione dell’associazione che si aggiudica il servizio. Di conseguenza, molti centri estivi comunali non sono di fatto preparati per accogliere bambini con disabilità: si arriva, in alcuni casi, ad escludere esplicitamente i bambini disabili.
All’interno di questo scenario, si inserisce naturalmente il problema dei costi: in un periodo di crisi economica, le famiglie con ragazzi disabili difficilmente hanno la possibilità di sostenere una spesa "straordinaria" per la gestione del tempo dei figli. Una spesa che oscilla tra i 20 euro, o anche meno, chiesti dai centri estivi comunali (qui il costo è generalmente modulato sul reddito della famiglia e, in alcuni casi, il servizio è fornito gratuitamente), ai 150-160 euro settimanali di alcuni centri estivi privati o "speciali". Così, alcuni giorni fa, l’Anffas di Modica ha diffuso un appello, in cui denuncia la situazione: "Non riusciamo a reperire fondi per un progetto estivo per ragazzi disabili gravi e gravissimi", un progetto nuovo e fondamentale, spiega l’associazione, perché "quando finisce la scuola, le famiglie non sanno dove mandare i loro figli". Nessuno però, né tra le aziende né tra le istituzioni, sembra essere in grado di sostenere il progetto dell’associazione: "Il nostro appello – conclude l’Anffas – è quello aiutarci, non solo a livello economico ma anche umano, facendo del volontariato". E’ una forza, quella del volontariato, sui cui come vedremo si reggono alcune delle esperienze positive raccontate dalle famiglie. (Chiara Ludovisi)
Fonte: Superabile.it
31/05/2013