Assegnato al Centro Don Calabria il premio “Flavio Cocanari”

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Progetto sbagliato, lavori rifatti, costi lievitati. Cosa c’è dietro i ritardi del mezzo su Calatrava

VENEZIA. Fosse una sauna, sarebbe la temperatura giusta. Peccato, perché invece si tratta dell’ovovia del ponte di Calatrava. E parlare di 70 gradi all’interno, d’estate, pare un po’ troppo. Da rifare. C’è poi la porta dell’ovetto che dovrebbe portare i disabili da una parte all’altra del Canal Grande. Le normative (sull’abbattimento delle barriere architettoniche) non lasciano ai progettisti troppa libertà: la luce minima deve essere di 80 centimetri. Viene da chiedersi allora perché la larghezza prevista fosse di 78. Bocciata. E che dire del cerchio del dispositivo? Vale lo stesso discorso della porta: il minimo di norma è di un metro e 50, quello progettato un metro e dieci. Da cambiare. Basta? Assolutamente no, altrimenti non si spiegherebbe perché l’ovovia avrebbe dovuto essere pronta ai tempi della giunta Cacciari, e dopo due anni e mezzo di governo Orsoni non è ancora finita. D’accordo, è montata, ha fatto anche qualche prova, ma nessuno si fida a farla entrare in funzione. Del resto è stata considerata un prototipo e come tale, ogni minima cosa deve essere convalidata dall’Ustif (Ufficio speciale trasporti a impianti fissi). La prossima settimana c’è il collaudo. A gennaio (forse) parte. Il risultato è che doveva costare un milione e invece il conto finale sarà di due. Colpa delle modifiche e delle correzioni in corsa, che hanno portato a fare anche cose che poi non sono servite. Un esempio su tutti sono le «botole» realizzate nelle due rive ai piedi del ponte per contenere l’ovovia. L’architetto spagnolo infatti è sempre stato critico sulla presenza dell’ovetto, reo di deturpare l’opera, tanto da chiedere di realizzare due «scatole« interrate per contenere il dispositivo quando non viene utilizzato. Peccato che sul lato di piazzale Roma la struttura di protezione, in vetro, avrebbe quasi bloccato il passaggio. Con buona pace di tutti, gli impianti sono rimasti sotto, la botola è stata chiusa (i segni si vedono sulla pavimentazione davanti all’edicola), l’arrivo spostato, e i 200 mila euro spesi (per niente). L’assessore ai Lavori pubblici Alessandro Maggioni, dell’ovovia avrebbe fatto volentieri a meno: non gli è mai piaciuta e non la considera in grado di risolvere il problema dell’accessibilità a Venezia. Basti pensare che per andare da una parte all’altra del Canal Grande ci mette otto minuti, a cui devono essere aggiunti i cinque necessari per «accenderla» e salirci. «Si sarebbe potuto risolvere il problema in un modo più semplice e meno costoso dice Deturpa l’opera di Calatrava ed è poco funzionale». L’amministrazione Orsoni aveva provato a fermarla, ma ormai era troppo tardi, soprattutto perché si sarebbe creato un danno erariale, considerando che è già stato speso il 70-80 per cento dell’importo totale. I problemi però, invece che essere risolti si sono accumulati. Le misure minime non rispettate da una parte (che avrebbero reso difficile l’utilizzo da parte di disabili in particolare quelli in carrozzina), l’alta temperatura dall’altra. Nessuno dei progettisti infatti aveva pensato di predisporre un bilancio termico. E non appena è stato fatto (su indicazione della commissione di controllo), il problema è subito emerso: d’estate tra il sole e l’alta temperatura, all’interno avrebbero potuto esserci anche 70 gradi. Mettere un condizionatore era impossibile: non ci stava e la batterie (che alimentano l’ovovia) non erano in grado di fornire insieme l’energia per il trasporto e il condizionamento. Si è optato allora per dei ventilatori sistemati subito sotto la copertura. L’elenco è ancora lungo. Una su tutte la cremagliera, che porta l’ovovia da una parte all’altra. C’erano delle boccole, ma due erano già cedute, nessuno aveva pensato che l’attrito sarebbe stato esagerato. Sono state allora inserite delle (piccole, perché lo spazio, naturalmente, era poco) ruote. La fine (dei problemi) potrebbe però essere vicina: la prossima settimana ci sarà il collaudo ed entro la fine di gennaio dovrebbe essere operativa. Bisognerà vedere poi quanti decideranno di salirci.

di Francesco Bottazzo

Fonte: Il Corriere della Sera.it

26/11/2012