Autismo, il NIDA dell’ISS si allarga: 100 mila euro dal privato

Autismo, il NIDA dell’ISS si allarga: 100 mila euro dal privato

| 0

La mamma di una ragazza Down racconta la "via crucis" scolastica della figlia, che pochi giorni fa ha sostenuto l’esame nell’istituto alberghiero frequentato per sei anni: "Non ho avuto niente senza dover lottare. Una riforma della scuola deve portare l’inclusione vera"

ROMA – Non una "buona scuola", ma un percorso a ostacoli, quasi una via crucis, fatta di battaglie quotidiane, dall’inizio alla fine: un’esperienza "estenuante" per Bernadetta Manna, mamma di una ragazza con sindrome di Down, che pochi giorni fa ha sostenuto il suo esame conclusivo e adesso si affaccia, con poche speranze e molte paure, al mondo del lavoro. E oggi la mamma ripercorre i vari momenti di questo "incubo scolastico", in cui l’inclusione è solo una bella parola, ma un obiettivo tutto da costruire. Ne ha avuto l’ennesima prova proprio pochi giorni fa, quando sua figlia si è presentata all’esame orale, dopo dei anni di istituto alberghiero di Cartoceto (PU), per conseguire il diploma. "I professori si sono scontrati – riferisce Bernadetta – si fronte a me e di fronte a lei, su chi dovesse essere presente, di di chi fossero le competenze e chi, invece, potesse considerarsi libero. Alla fine mia figlia, per quanto agitatissima, ha detto: ‘Preferisco entrare da sola, senza sostegno’. Sostegno per cosa, poi? Tanto neanche al diploma ha diritto, mia figlia! Ma è questa l’inclusione a cui pensa la Buona scuola?"

Le "aule dei prigionieri". Questo è però solo l’ultimo capitolo di una storia che dura sei anni. "L’impatto non fu certo dei migliori – ricorda Bernadetta – con il dirigente che convocò tutti i genitori di ragazzi disabili, circa 70 ogni anno, in quell’istituto, per dirci che tutti avremmo avuto un programma differenziato, che non ci sognassimo neanche di far prendere il diploma ai nostri figli!" Il messaggio fu chiaro e cruciale, per le famiglie ma sopratutto per i professori: "Legittimati dalle parole del preside, iniziano a delegare i sostegni per portare gli alunni disabili fuori dalla classe, in quelle che io chiamo le aule dei prigionieri, per evitare disturbi e noie. Ironia della sorte: A., nei primi due mesi di scuola, resta senza sostegno, perché la sua insegnante era in maternità e non veniva sostituita. Poi arrivò Francesca e iniziò un vero e proprio ‘sostegno’ al fianco di A."

Trasporto scolastico: ci pensa la sorella. Risolto un problema, però, subito se ne presenta un altro. "Se prima A. prendeva da sola l’autobus, per un breve tragitto, ora avrebbe dovuto cambiarne tre e fare un attraversamento stradale pericoloso. Preventivamente avevo fatto domanda al comune per avere un tutor al fianco di A., almeno i primi tempi, ma non avevo ricevuto risposta. Non potendo io lasciare il lavoro, con il quale mantengo sei figli, è stata la sorella, che frequentava allora l’ultimo anno di scuola superiore, a fare ogni giorno una parte di quel percorso con A. L’altro pezzo imparerà a farlo da sola, con il suo inseparabile cellulare per le emergenze. E con l’attenta e discreta supervisione e collaborazione dell’educatrice, Ari, che in prima superiore è stata il nostro punto di riferimento e la spalla su cui piangere e ridere". Bernadetta però fa ricorso al Tar contro il comune, rivendicando il diritto suo e di altri genitori a ricevere questo servizio dal comune. La sentenza non è ancora arrivata: in compenso Bernadetta, che lavora per l’amministrazione comunale e beneficia della legge 104, è stata trasferita in una sede lontana un centinaio di chilometri. "Un altro ricorso al Tar, un’altra causa aperta e ancora ancora irrisolta".

La passione per la cucina. Oltretutto, al secondo anno, A. vede cambiare insegnante ed educatrice. "A. va in tilt – racconta la mamma – è ansiosa, si ammala. Alla fine dell’anno, i professori mi consigliano di cambiare scuola, ma lei non è d’accordo, a lei piace far cucina. Così durante l’estate mi impegno ad accompagnarla da una nostra amica che ha un agriturismo e che le insegna come cucinare. Quando inizia il terzo anno, A. è più tranquilla, più sicura, e il suo prof di cucina se ne rende conto: iniziano un percorso relativo alla ‘cucina senza glutine’, che li coinvolgerà entrambi, con entusiasmo, e che interesserà tutta la classe".

Due volte il quinto anno, per avere la qualifica. Intanto, gli anni passano e, tra fatiche e battaglie, A. arriva al quinto anno di superiori: "E ci attende un’altra sorpresa: mi viene annunciato che A. non farà cucina". Un’altra battaglia: "A. non ha diritto al diploma, ma alla certificazione delle competenze: chiedo allora quali competenze reali mi certificheranno e faccio intendere che non accetterò una certificazione fasulla". A questo punto la scuola si dà da fare per farle fare cucina pratica e ci propone addirittura un esame di terza, per far prendere ad A. la qualifica regionale. Ci accordiamo per far ripetere ad A. il quinto anno, ai fini del conseguimento di tale qualifica". E così è stato, fino all’esame di qualche giorno fa, quando "l’educatrice scolastica, anche se non era suo dovere, era presente, mentre l’insegnante, anche se era suo dovere, era assente e, richiamata telefonicamente a scuola, è arrivata trafelata portandosi il figlio. Ma non sapeva neanche lontanamente qual era l’argomento della tesina di A. E A. ha preferito sostenere l’esame da sola".

La Buona scuola non c’è senza inclusione vera. Ora, alla fine di questo lungo percorso a ostacoli, Bernadetta tira le somme: "In questi anni, la scuola non solo non si è preoccupata di trovare strutture in cui far svolgere ad A. gli stage previsti, ma non ha proprio preso in questione la cosa. Mi sono ripetutamente trovata nella necessità di andare a chiedere il favore di accogliere mia figlia, come fosse carità e non un diritto/dovere. Ora, all’uscita da scuola, la ricerca del lavoro sarà un altro percorso a ostacoli. Anche perché io, nel corso di questi anni, ho perso sia l’entusiasmo che la voglia di lottare. E mi ritrovo con due cause in corso, niente di concreto in mano e sei figli che devono essere protetti da tutti questi problemi. Una riforma vera della scuola – conclude Bernadetta – si avrà solo quando ci sarà una vera inclusione, come diceva Milani, come dicono Canevaro e tanti altri; quando gli insegnanti saranno preparati tutti, non solo quelli di sostegno, quando gli educatori, che spesso fanno più ore del sostegno, nonostante contratti precari e malpagati, faranno parte della scuola stessa con stessi diritti e doveri".

Fonte: Superabile.it

02/07/2015