GLI APPARECCHI ACUSTICI MODERNI DIFFERISCONO PER INDICAZIONI TERAPEUTICHE, FORMA, DIMENSIONE, TECNOLOGIA E COSTO.
Difficile da accettare a livello psicologico, ma se insorge l’ipoacusia è bene intervenire subito. Solitamente si comincia ad avere qualche sospetto quando si deve alzare il volume della televisione o quando non si colgono bene i dialoghi degli attori al cinema o tra amici. E spesso, prima di rendersi conto di avere un problema di udito, si dà la colpa agli altri, all’acustica del posto che non è buona, agli interlocutori che parlano a bassa voce. La realtà è che, ingenere, il calo dell’udito comincia a riguardare molte persone a partire dai 55 anni. Le conseguenze sono importanti: si abbassa la qualità della vita, si tende a isolarsi dagli altri e le relazioni personali diventano più complesse. Secondo stime recenti, otto milioni di italiani non sentono bene. Sotto accusa ci sono l’eccessiva esposizione ai rumori, l’uso frequente di cellulari e lettori mp3. Vivere in un ambiente dove il traffico cittadino è assordante, andare spesso in discoteca possono essere cause scatenanti di sordità. Anche l’età è un fattore di rischio riconosciuto per l’ipoacusia, così come la familiarità, ossia la presenza dello stesso problema in parenti prossimi. Sono state poi individuate correlazioni tra il calo dell’udito e l’abuso di alcol, il fumo di sigaretta, una dieta ricca di grassi, alcune malattie metaboliche come il diabete.
Una visita dall’otorino, dall’audiologo o dall’audioprotesista è più che opportuna quando si colgono i primi campanelli d’allarme. Secondo gli esperti, intervenire subito, anche per risolvere un lieve calo di udito, evita il peggiorare della situazione. L’ipoacusia, che può colpire un solo orecchio (ipoacusia unilaterale) o entrambi (ipoacusia bilaterale), infatti, è in molti casi progressiva, comincia con sintomi leggeri per poi diventare più importante nel corso degli anni. Inoltre, quando il calo dell’udito viene trascurato, al cervello arrivano segnali esterni sempre più deboli. Ciò comporta, a lungo andare, una serie di modificazioni cerebrali che rendono i neuroni deputati a ricevere questi segnali sempre meno efficienti. Il processo è però reversibile: se si interviene stimolando le zone deprivate si può evitare il peggio, ma più si attende per intervenire, meno è possibile recuperare. Attraverso la determinazione della soglia audiometrica, (minimo livello di intensità acustica espressa in decibel-dB che il soggetto sottoposto ad esame audiometrico è in grado di percepire), è possibile classificare il grado della perdita uditiva in: lieve se la soglia è compresa tra 25 e 40 dB; medio se la soglia è compresa tra 40 e 70 dB; grave se la soglia è compresa tra 70 e 90 dB; profondo se la soglia è superiore a 90 dB. Per correggere i deficit uditivi è necessario ricorrere ad una protesi acustica, uno strumento elettronico attraverso cui i segnali acustici ambientali vengono raccolti, elaborati in maniera più o meno complessa, amplificati e trasmessi all’orecchio del paziente ipoacusico. Lo scopo degli apparecchi acustici è dunque quello di garantire un ausilio che possa dare la possibilità di potenziare la capacità uditiva. Nell’immaginario collettivo sono ancora forti le convinzioni secondo cui chi soffre di ipoacusia è "condannato" ad indossare enormi apparecchi acustici, di sicuro scomodi, poco efficaci ed antiestetici. Questo valeva in passato. Oggi le tecnologie disponibili sono migliorate notevolmente. Basta entrare in uno dei numerosi centri che offrono soluzioni acustiche per farsi un’idea di quanto le resistenze psicologiche verso questi apparecchi siano da mandare definitivamente in soffitta. A differenza di una ventina di anni fa, le protesi acustiche odierne sono microscopiche, discrete e soprattutto molto efficaci. Negli ultimi anni poi sono anche nati apparecchi digitali con tecnologia bluetooth in grado di connettersi, tra l’altro, con cellulari, iPod, computer, navigatori satellitari, televisione e telefono di casa. Gli apparecchi acustici di cui oggi si dispone, differiscono oltre che per le indicazioni terapeutiche anche per la forma, dimensione, tecnologia in esse implementate (analogiche – digitali bioniche) e naturalmente per il costo. Il classico modello retroauricolare è la scelta giusta se il condotto uditivo è molto stretto, tale da non consentire l’inserimento di un apparecchio. Tutte le componenti elettroniche sono posizionate in un guscio che si indossa dietro il padiglione auricolare. Il suono amplificato giunge nell’orecchio tramite un sottile tubicino siliconico collegato, ad una estremità, alla chiocciola. Le protesi endoauricolari, invece, si indossano nel condotto uditivo ed una parte resta visibile esternamente, nella conca dell’orecchio. Tutte le componenti elettroniche sono posizionate all’interno di un guscio realizzato su misura in base al proprio orecchio. Le protesi ad occhiale possono essere di due tipi: per via aerea e per via ossea.
La prima non è altro che una protesi retroauricolare dove tutti i componenti sono contenuti nella stanghetta dell’occhiale. Dalla stanghetta si stacca il tubicino per la chiocciola, quest’ultima si deve collocare nel condotto uditivo esterno esattamente come si deve fare per la protesi retroauricolare. La protesi ad occhiale per via ossea è, invece, molto diversa dalle altre. L’altoparlante è sostituito da un vibratore per via ossea. Questa protesi sfrutta la forma dell’occhiale che diventa una specie di molla per comprimere i vibratori contro le mastoidi. È indicata per tutti coloro che soffrono per otiti croniche, soprattutto secretive e hanno ipoacusie trasmissive. A seconda dell’amplificazione che garantiscono si possono distinguere due tipi principali: protesi di tipo lineare o analogico e protesi di tipo digitale.
Le prime amplificano in maniera uguale tutte le varie frequenze del suono, c’è quindi un aumento generale dei suoni, compresi i rumori di fondo. Le seconde risultano più precise e adattabili rispetto alle precedenti, consentono di ridurre notevolmente il rumore di sottofondo, permettendo un ascolto nitido della voce anche in ambienti rumorosi; queste protesi consentono programmi definiti di adattamento a differenti situazioni di ascolto. Vi è infine l’impianto cocleare. Questo tipo di rimedio relativo ad una sordità profonda è stato introdotto solo negli anni ’80. La perdita della funzione delle cellule ciliate infatti non traeva alcun beneficio dalle normali protesi. Questo tipo di impianto, definito anche orecchio bionico, consiste nella costruzione di una coclea artificiale. L’impianto agisce direttamente sulle cellule ciliate e non coinvolge in alcun modo orecchio medio ed esterno.
Fonte: La Repubblica.it
10/02/2015