Le domande riguardanti le persone con disabilità, poste dall’Istat nell’ambito del 15° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni, fanno certamente pensare che «anche in questa importante occasione di confronto e di "contarsi", per capire bene con i numeri la nostra Italia – scrive Francesco Camerlengo – si sia persa un’occasione di solidarietà e rispetto verso tutte le persone con disabilità». E di far crescere una nuova cultura della disabilità, aggiungiamo, fatto tanto più importante visto che si parla di un evento a cadenza decennale
Da pochi giorni ho ricevuto il 15° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni da parte dell’Istat. La mia famiglia è la classica "famiglia media italiana", due genitori sessantenni e un figlio… un figlio con disabilità di 34 anni. Il Censimento si compone di quattro sezioni, la prima di carattere generale, la seconda denominata Persona 01 (il padre), la terza Persona 02 (la madre), la quarta sezione Persona 03 (il figlio). Ho già compilato le prime tre e onestamente trovo mortificante per tutta la mia famiglia riempire la quarta e vorrei spiegare il perché. Si tratta di oltre cinquanta domande divise in otto capitoli, che mettono in difficoltà qualsiasi padre colpito dalla "natura matrigna"; tutti potranno trovare riscontro rispetto a quello che scrivo sul sito dedicato al censimento (cliccare qui). Le domande sono le più svariate, ma tutte assai poco sensibili verso chi ha un’invalidità riconosciuta dagli enti preposti. Sono quindi veramente indeciso e imbarazzato nell’imbattermi in quesiti riguardanti un Cittadino disabile e non autosufficiente che non potrà mai sposarsi (salvo Provvidenza), mai lavorare e mai andare sul posto di lavoro, mai vivere in un’altra abitazione, e poi ancora titoli di studio, corsi di formazione professionali, tipo di lavoro.
Ma non finisce qui. L’ultimo capitolo, infatti, evidenziato in rosa (e si noti la marcatura), consta di quattro domande che voglio riportare come in originale: «Ha difficoltà nel vedere? Ha difficoltà nel sentire? Ha difficoltà nel camminare? Ha difficoltà nel ricordare o nel concentrarsi?». Chi vuol capire capisca, ma come padre di un disabile trovo che – anche in questa importante occasione di confronto e di "contarsi", per capire bene con i numeri la nostra Italia – si sia persa un’occasione di solidarietà e rispetto verso tutte le persone con disabilità. Vorrei concludere con le parole di un Primo Ministro Svedese pronunciate alcuni anni fa: «Una nazione, una città, una comunità la si giudica da come riesce ad accogliere le persone meno fortunate».
di Francesco Camerlengo
Fonte: Superando.it
06/10/2011