PALERMO. Si può essere disabili e riuscire nello stesso tempo a vivere una dimensione sessuale serena e naturale? A questa domanda hanno cercato di rispondere alcuni esperti nell’ambito della seconda giornata della quarta edizione del social meeting etneo avvenuta sabato scorso presso il Palazzo della cultura di Catania a cura del consorzio Elios etneo. La sessualità nella disabilità è un argomento poco affrontato perché per la maggior parte è considerato scomodo spesso per via di stereotipi e tabù eppure, invece, secondo quanto sottolineano gli esperti, è una realtà che va conosciuta e rispettata come tutte le altre.
“Le persone con difficoltà e disagi relativi a ritardi mentali, sindromi genetiche, lesioni midollari e spinali, distrofie muscolari, epilessie, autismo e psicosi sono individui che non possono escludere dalla propria vita sentimenti, emozioni e sessualità – afferma in un passaggio della sua relazione Fabrizio Quattrini psicoterapeuta, presidente dell’Istituto Italiano di sessuologia scientifica di Roma -. Spesso le difficoltà più grandi in tema di affettività e sessualità vengono riscontrate non solo nelle persone disabili, che provano continuamente a vivere con dignità una difficile situazione personale e relazionale, ma da coloro che, con grandi sforzi e amore, ne condividono l’esperienza del quotidiano”.
”L’idea di promuovere un ‘discorso’ costruttivo e funzionale sulla e per una sessualità nelle persone con disabilità può essere un primo passo necessario al superamento di sciocchi tabù e stereotipi socio-culturali – aggiunge Quattrini -. L’importanza di riconoscere possibili alternative come l’assistenza sessuale, già presente in altri paesi della Comunità Europea, vuole rappresentare un’apertura al diritto del piacere erotico-sessuale”.
“Occorre parlare della sessualità riferita alle persone con disabilità per dare voce ad una quotidianità fatta anche di sessualità – sottolinea Massimiliano Ruocco Consorzio di Coop.ve Sociali Il Deltaplano Salerno -. Affrontando questo tema si rischia di cadere nell’ovvio, nel ridicolo, nello squallido, nel volgare, ma lo si deve fare con pulizia, con rispetto, e con l’obiettivo di mettere in rete le persone diversamente abili, di mettere in rete medici, famiglie, operatori, assistenti sociali e tutti gli addetti del settore per un confronto permanente sul tema e per offrire un contributo alla ‘chiarezza’ ed alla ‘normalità’ dell’argomento”.
Inoltre nel corso dell’incontro sono stati riportati alcuni passi dell’articolo di Vito Piazza “Niente sesso: siamo disabili”. “Bisogna ricordare con umiltà che il sesso, per quante rivoluzioni siano state fatte, rimane sempre se non un tabù, sicuramente un aspetto ancora inquietante, e che questo atteggiamento spesso non confessato è già un ostacolo alla piena realizzazione della sessualità nelle persone normali – si legge -, figuriamoci nelle persone disabili. Il problema poi non può essere generalizzato: per cui, in tutta onestà, non siamo in grado di fornire ricette di comportamento adatte ad ogni occasione e a ogni disabilità: l’unico consiglio è quello di non far finta di niente e di non spegnere il televisore quando alcune scene trasmesse dovessero far emergere il problema”.
“Esiste una differenza anche nell’ambito del gruppo di appartenenza delle persone con la stessa disabilità, oltre a quella determinata dal tipo di disabilità – riporta ancora l’articolo -. Il problema maggiore, però, si presenta quando la disabilità è psichica, quando sono i genitori a dover interpretare i bisogni che preferirebbero nascondere: far finta di non capire cosa sta dietro a quella carezza, a quel bisogno di contatto corporeo che il figlio dimostra verso l’altro sesso; ignorare che il bisogno di coricarsi per terra, di muoversi di una figlia con grave psicosi, sono probabilmente l’unico modo che ha per soddisfare una sua pulsione naturale, spesso inconsapevole, non riconosciuta, ma sicuramente sentita”.
Fonte: Redattore Sociale
22/11/2012