Dalla Costituzione alla legge Basaglia, una breve storia dell’accesso al voto per le persone con infermità mentale, dall’esclusione all’apertura. Ecco il contesto giuridico della candidatura di Chiara Ferraro, giovane con grave autismo, al comune di Roma
ROMA – Gli "infermi di mente" non sono per legge esclusi dall’accesso all’elettorato attivo: in altre parole, anche le persone interdette possono votare. Nessun riferimento esplicito viene fatto alla possibilità di elettorato passivo, quindi di candidatura politica: ma poiché l’elettorato passivo viene riconosciuto a chi ha accesso all’elettorato attivo, è da intendersi eleggibile strictu sensu anche una persona interdetta. E’ questo il contesto giuridico in cui si inserisce la candidatura di Chiara Ferraro, la ragazza con una grave forma di autismo candidata a Roma nella lista civica per Ignazio Marino.
La storia del riconoscimento del diritto voto alle persone con infermità mentale ha conosciuto varie fasi, sintetizzate da Silvano Costantini nel libro "La capacità elettorale". Il percorso inizia con la Costituzione, che all’articolo 48 riconosce al legislatore la possibilità di limitare questo diritto "per incapacità civile". Una possibilità che è diventata legge con l’articolo 2 della 137/1956, che sospende il diritto di voto "per i ricoverati negli istituti psichiatrici". Un’esclusione successivamente confermata dall’articolo 2 della legge 223/1967, che elenca tra i non elettori "gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente!". L’esclusione degli "interdetti" dall’elettorato attivo (e quindi passivo) proseguirà fino al 1978, quando la legge 180 abroga l’articolo 2 della legge 223/1967, estendendo così il diritto di voto alle persone con infermità mentale. Un’apertura confermata dalla legge 15/1992, che nel riscrivere tale articolo ha eliminato il riferimento agli interdetti e gli inabilitati.
Fonte: Superabile.it
23/05/2013