E’ quasi tempo di iscrizioni scolastiche

E’ quasi tempo di iscrizioni scolastiche

| 0

Andrea Chiarotti è il capitano della nazionale di hockey su ghiaccio paralimpico: porterà il tricolore per sé e per l’intera squadra. "Il messaggio che lanciamo a tutto il paese è che, insieme, si possono superare le difficoltà, evitando divisioni dannose"

ROMA – "Ero tranquillo, sapevo esattamente cosa dire. La docenza che tengo settimanalmente a Torino sull’ice sledge hockey mi ha dato fluidità nel discorso, tranquillità. Quando però ho sentito le parole di Pancalli, il tono con cui Luca ha spiegato la sua scelta, mi sono sentito rivoltare tutto dentro di me…". Ha ancora stretta tra le mani la bandiera italiana, Andrea. L’ha baciata, aperta e richiusa mille volte nel cofanetto. Ha ringraziato il Presidente Giorgio Napolitano, l’ha fatto con il cuore in mano, la voce rotta dall’emozione. "Grazie Presidente, è un onore per me e per la nostra Squadra". Già, la Squadra. E il Tricolore che stringe sempre più forte. "La tengo io? La porto a Sochi? Cosa devo fare?", le domande del Ciaz, quasi a stemperare un’emozione che gli si legge in ogni suo gesto. Il Salone del Quirinale, dove si è svolta la cerimonia, lo sorprende sempre: "E’ bellissimo", confessa. Dieci, cento foto con Armin Zoeggeler, mito dello slittino italiano, alfiere olimpico. Come il Ciaz. Come Andrea Chiarotti da Torre Pelice, che continua a dire a tutti che lui è solo il simbolo della Squadra di hockey, il capitano di un gruppo, ma anche il Portabandiera di tutta la Delegazione Azzurra che prenderà parte ai Giochi Paralimpici di Sochi 2014.

Era tutto iniziato qualche settimana orsono. Lo squillo del telefono lo aveva sorpreso. "Avevo un sorriso enorme stampato sul volto una volta finita la conversazione – confessa – se avessi potuto vederlo… E’ una roba pazzesca…". Le chiamano emozioni. Difficili da gestire, fantastiche da provare, ti sconvolgono nell’intimo, ti danno una carica incredibile. E’ bastata una telefonata perché la notizia volasse subito su whatsApp e facesse il giro del mondo. Non poteva essere diversamente: essere l’alfiere azzurro ai Giochi Paralimpici non è evento che capiti tutti i giorni. Figurarsi se la comunicazione arriva quando era solo una pia speranza, basata sul sogno e sulla consapevolezza che altri potevano ambire a tale onore. E invece sarà proprio lui, Andrea Chiarotti da Torre Pellice, a meno di un’ora d’auto da Torino, capitano dell’Italia dello sledge hockey, l’hockey su ghiaccio paralimpico, a portare il tricolore nella cerimonia di apertura della XI edizione dei Giochi Paralimpici Invernali di Sochi 2014.

Notizia bomba per Andrea, giunta al termine di una settimana magica per il capitano della Nazionale Italiana, capace di conquistare proprio a Torino il pass per la manifestazione nel corso del torneo di qualificazione di fine ottobre e, a pochi giorni di distanza, diventare emozionatissimo destinatario della telefonata di Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico. "L’ho detto a Luca: è la bandiera di tutta la squadra, io sarò solo il simbolo di un gruppo – aggiunge il Ciaz, capitano e tra i primi a credere in un progetto Italia nell’hockey su ghiaccio – era accaduto con il Canada a Vancouver, ma da lì a pensare che potesse toccare a noi ce ne passava. E invece è arrivata quella telefonata. Me l’ha detto il Presidente: rappresentiamo un messaggio per l’intero Paese, l’idea che, insieme, si possano superare tutte le difficoltà, evitando divisioni dannose. Mi sento, ci sentiamo ancora più responsabilizzati. E orgogliosi di rappresentare un progetto, un sogno".

Un sogno: è la definizione giusta per descrivere la genesi di una squadra, nata perché nazione ospitante i Giochi Paralimpici di Torino, nel 2006, ma in grado poi di correre speditamente verso i vertici internazionali, con la conquista del titolo europeo nel 2011, subito dopo il settimo posto ai Giochi Paralimpici di Vancouver 2010. E ora, terza qualificazione consecutiva e Tricolore da mostrare a tutto il mondo. E da comunicare: "Abbiamo una chat su WhatsApp con i ragazzi dell’hockey – racconta – il primo a rispondermi è stato Florian Planker, che mi ha augurato che non si rompesse proprio lì la protesi nuova, Genium, che il Centro Protesi dell’Inail di Vigorso di Budrio ha studiato per me. Poi sono arrivati tutti gli altri. E subito dopo gli amici: perché io avevo scritto "Porteremo la Bandiera", ragazzi….Perché deve essere chiarissimo, è la prima cosa che ho detto al Presidente al telefono: io rappresento la squadra, non sono io, Chiarotti, ma tutti saranno simbolicamente accanto a me".

Guarda già lontano il Capitano: "Partecipare non ci basta mai – conferma determinato – tra di noi c’è gente che non ha ancora vinto nulla. A Torino, nel corso del torneo di qualificazione, abbiamo dimostrato di essere cresciuti. Ora dobbiamo dimostrare di esserci meritato questo onore, perciò gli stimoli saranno enormi. E poi, non dobbiamo dimenticare che questa della Bandiera è solo l’ultima scelta, in ordine di tempo, fatta sulla nostra squadra, sulla quale il Comitato Italiano Paralimpico ha investito tantissimo sin dall’inizio della nostra attività, in uomini e risorse. Ricordo ancora che, la prima volta che scendemmo in campo a Milano, nel 2003, dovemmo ricorrere a caschi e magliette prestati dal Comitato Regionale della Federazione Italiana Sport Ghiaccio, per poi comperare, da soli, protezioni ed il resto. Poi è arrivato il CIP e la storia è cambiata, fino ad arrivare ad oggi, al nostro inserimento nella FISG. Oltre che riconoscenti, abbiamo buona memoria. Lo dimostreremo in campo: da squadra".

Fonte: Superabile.it

30/12/2013