Data la natura progressiva e irreversibile delle principali forme di demenza (in particolare la malattia di Alzheimer) e l’effetto limitato della terapia farmacologica, un numero sempre maggiore di studi sta indagando l’efficacia della stimolazione cognitiva nel migliorare e rallentare l’andamento progressivo della malattia.
La maggior parte dei trattamenti utilizzati oggi comprendono tecniche cognitive specifiche per la stimolazione delle memoria, dell’attenzione e del linguaggio; i programmi spesso sono composti da esercizi carta e matita, prove computerizzate, il tutto associato a terapia occupazionale, attività fisica e counseling psicologico (soprattutto per i familiari del paziente con demenza).
Interessante è uno studio pubblicato recentemente su una rivista scientifica (Viola L.F, Nunes P.V et al, 2011) il quale ha dimostrato l’efficacia di un programma di riabilitazione multidisciplinare specifico per le forme di Alzheimer in stadio non avanzato. Il trattamento in questione prevede sedute di riabilitazione di gruppo due volte a settimana per 12 settimane consecutive. Il programma comprende: riabilitazione cognitiva specifica, training computerizzato, terapia occupazionale, arte terapia, attività fisica, psicoterapia e counseling psicologico per i familiari.
Le tecniche di stimolazione cognitiva specifica comprendono prove per la stimolazione dell’attenzione, della memoria e dell’orientamento spazio temporale (ovvero stimolazione di quelle funzioni che tendono a peggiorare per prime). L’arte terapia ha come scopo quello di migliorare le capacità cognitive, emozionali e interpersonali attraverso tecniche artistiche ed espressive. L’obiettivo invece della terapia occupazionale è quello di stimolare strategie e risorse che consentano al soggetto di portare a termine attività di vita quotidiana (igiene personale, attività domestiche e extra domestiche). La psicoterapia e il counseling ai familiari cercano innanzitutto di informare in modo adeguato i parenti riguardo l’andamento della malattia e le principale difficoltà che si possono incontrare; ha lo scopo inoltre di addestrare i caregiver sugli atteggiamenti e strategie che possono essere utilizzati per fronteggiare al meglio le situazioni difficili e lo stress che ne consegue.
I risultati di questo studio hanno evidenziato differenze significative tra i soggetti sottoposti al trattamento multidisciplinare sopradescritto (associato alla terapia farmacologica) e i soggetti sottoposti alla sola terapia standard (trattamento farmacologico e controlli medici). I soggetti sottoposti alla stimolazione cognitiva hanno mantenuto complessivamente stabile il proprio livello di funzionamento cognitivo con alcuni miglioramenti sia di tipo cognitivo sia di tipo emozionale a differenza invece del gruppo di controllo che ha riportato un marcato e globale peggioramento della performance cognitiva (soprattutto in memoria e attenzione), risultato indotto dalla natura progressiva della malattia. Particolarmente rilevante sembra inoltre l’attività di counseling rivolta ai familiari dei pazienti; sembra infatti che l’addestramento dei caregiver sulle strategie di comportamento più idonee da applicare quotidianamente e il supporto psicologico fornito nei momenti di difficoltà, riduca loro lo stress, con un significativo miglioramento della qualità di vita propria e del propri cari.
Importante ricordare che nel 2011 il World Alzheimer’s Report ha raccomandato che la stimolazione cognitiva dovrebbe essere offerta di routine a persone affette da demenza precoce, partendo dalla considerazione che questa, con attività volte a stimolare la memoria, l’attenzione e l’interazione sociale, ritarda nelle persone con demenza il peggioramento dei sintomi della demenza stessa.
Fonte: Stateofmind.it
18/01/2013