TRENTO. Una patologia dello sviluppo neurologico caratterizzata da un disturbo nell’interazione sociale, nella comunicazione e da modelli di funzionamento cognitivo non comuni. È la definizione di quello che un tempo veniva chiamato autismo e che ora i manuali indicano come «disturbi dello spettro autistico». Le persone che si trovano a fare i conti con questa condizione non sono disabili, molte però sono le difficoltà che si trovano ad affrontare quotidianamente. Gli studiosi indicano un’incidenza della malattia di un caso ogni 150 persone. «Diversi sono però i gradi che il disturbo può assumere», spiega Paola Venuti, responsabile del Laboratorio d’osservazione e diagnostica funzionale e professore ordinario al Dipartimento di scienze cognitive a Rovereto. Il presidente della Fondazione trentina per l’autismo Giovanni Coletti annuncia invece la prossima apertura del primo centro dedicato in val di Non e del master che sarà incentrato sulla patologia. Il disturbo «L’origine dell’autismo è molto probabilmente genetica spiega Venuti . Se la sindrome down ha delle caratteristiche precise, questi disturbi hanno diverse intensità e caratteristiche differenti da soggetto a soggetto. Negli ultimi anni si è registrato un grande incremento dei casi, dovuto soprattutto a una maggiore accuratezza nella diagnosi della patologia». «A livello interazionale i casi sono uno su 150», ricorda l’esperta che stima che nelle scuole della provincia ci siano «circa 120 ragazzi autistici». Nel 2010 il laboratorio di cui è responsabile ha visto 43 bambini nei cui comportamenti sono stati riconosciuti disturbi dello spettro autistico. Nel 2009 il numero di nuovi casi analoghi è stato simile. «Generalmente la diagnosi di autismo si formula attorno ai 3-4 anni perché riguarda le competenze che non sono acquisite prima di quest’età afferma la docente . È importante però riconoscere il disturbo già attorno a 15-18 mesi e intervenire subito perché con il tempo le capacità di recupero diminuiscono». L’intervento precoce, dichiara, «ha portato negli anni a diminuire dal 70% al 30% le persone autistiche che presentano anche un ritardo mentale». Perciò, spiega Venuti, è importante che i genitori riconoscano nei bambini alcuni campanelli d’allarme: «La mancanza del gesto indicale che si acquisisce attorno ai 12-13 mesi, le difficoltà a fare giochi simbolici, le difficoltà a comunicare e della gestualità, la scarsa propensione del bambino a guardare in faccia l’interlocutore, una scarsa capacità d’imitazione». Segue l’appello dell’esperta: «Sarebbe bene puntare sulla formazione dei pediatri su quest’aspetto». Le iniziative Attiva in Trentino da 15 anni, l’Agsat (Associazione genitori soggetti autistici del Trentino) si rivolge a circa 400 componenti delle famiglie di 70 persone autistiche e mette a loro disposizione un team composto da 30 professionisti tra logopedisti, psicomotricisti e personale sanitario. «Per una diagnosi serve il parere di 8 persone», racconta Coletti, presidente della Fondazione trentina per l’autismo nata lo scorso settembre e che ha ora 80 soci e un bilancio da 5 milioni di euro di cui circa 3,5 di finanziamento provinciale. «Vivere con un autistico è un terremoto psicologico per i parenti», dice. L’associazione affianca le famiglie proprio nel momento difficile della diagnosi e nella riabilitazione intensiva. «Su 120 persone che vediamo ogni anno le diagnosi sono il 10%», puntualizza Coletti. Poi ricorda le iniziative dell’associazione: «L’anno scorso abbiamo formato 60 tutor per la scuola con un corso che riproporremo. Entro la primavera speriamo di aprire in val di Non (probabilmente a Coredo, ndr) il primo centro provinciale per l’autismo. L’assessore Rossi ci ha detto che è una priorità. Si tratterebbe di creare un punto di riferimento per la diagnosi precoce che accompagni i soggetti con disturbi dello spettro autistico fino ai 25 anni. In collaborazione con l’Università di Trento stiamo inoltre mettendo a punto un master sull’autismo». Nel senso di un’educazione mirata va poi il progetto proposto dal Centro di formazione degli insegnanti di Rovereto, di cui è direttore Luciano Covi, che nell’anno scolastico ha formato 100 docenti di dieci consigli di classe principalmente delle scuole elementari e medie e che tra il 2011 e il 2012 si rivolgerà a 35 consigli di classe per un totale di 150 docenti. «La formazione consisterà in momenti informativi e nell’affiancamento in classe dei docenti», ricorda Covi.
Fonte: Corriere del Trentino
08/11/2011