TRIESTE – Nel mondo vi sono 650 milioni di persone disabili, di cui 65 nell’Unione europea. Per essi ostacoli, barriere, discriminazioni sono una realta’ quotidiana: in Italia, ad esempio, il tasso di disoccupazione tra i disabili raggiunge il 75% e tra gli occupati uno su tre e’ donna. Su 2.400 stazioni ferroviarie, appena 240 sono accessibili. Per non parlare degli autobus o delle metropolitane, che rappresentano un fortissimo ostacolo alla liberta’ di movimento. Questi sono alcuni dei dati emersi oggi a Trieste nel corso di un convegno, organizzato dalla Consulta regionale delle Associazioni dei disabili in collaborazione con Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, nel corso del quale Giampiero Griffo, membro dell’esecutivo mondiale di Dpi-Disabled Peoples’International, ha illustrato i contenuti della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita’, legge internazionale vincolante per tutti gli Stati firmatari (66 finora), entrata in vigore il 3 maggio 2008. Quello che e’ il primo grande trattato sui diritti umani del XXI secolo costituisce una sorta di rivoluzione copernicana. Come ha sottolineato Griffo, si passa infatti dal cercare “una risposta ai bisogni al riconoscimento dei diritti”, un percorso che negli anni “e’ iniziato con il concetto di inserimento, poi sostituito da quello di integrazione e che con la Convenzione introduce l’immagine dell’inclusione, che significa piena partecipazione delle persone disabili alla vita sociale, loro coinvolgimento nelle scelte che li riguardano, nella logica del niente su di noi, senza di noi”.
In altre parole la Convenzione intende “assicurare alle persone disabili, attraverso azioni positive che vanno concretizzate da parte di Governi e pubbliche amministrazioni, il godimento e l’esercizio, sulla base dell’eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle liberta’ fondamentali”. Diritti e liberta’ che si devono declinare “nella possibilita’ di muoversi, di utilizzare le nuove tecnologie, di essere informati, di lavorare, di studiare. Senza queste liberta’, se permangono le disuguaglianze, si scivola nell’impoverimento sociale, si devono mettere in conto costi supplementari”. E’, soprattutto, una questione di mentalita’, e quindi di nuovo approccio. Perche’ in fondo la disabilita’ non e’ una condizione oggettiva, e non puo’ essere determinata da una commissione che l’accerta in meri termini percentuali, con procedure e criteri spesso non univoci, ma “dipende dalla stretta relazione tra condizioni individuali ed ambiente in cui si vive, ove possono esserci facilitatori o limitatori”. Per Griffo, che ha parlato anche dell’impatto della nuova Convenzione sulle politiche italiane, queste nuove impostazioni “sono gia’ abbastanza ben coniugate in Friuli Venezia Giulia”, ove e’ “particolarmente importante il ruolo della Consulta regionale delle Associazioni dei disabili”. Il prossimo Piano sociosanitario regionale, che a breve approdera’ in Giunta regionale per una prima analisi, focalizzera’ l’attenzione su tre temi principali: la riorganizzazione della rete ospedaliera, la gestione del Pronto soccorso e l’integrazione socio-sanitaria.
Lo ha ricordato oggi a Trieste l’assessore regionale alla Salute e Protezione sociale, Vladimir Kosic, che, intervenendo al convengo di presentazione della Convenzione delle Nazioni Unite, ha precisato che “stiamo pensando ad un Fondo unico sociosanitario in cui far convergere tutte le risorse a disposizione, prevedendo anche un catalogo dei servizi alla persona da offrire sulla base di un’attenta capacita’ di lettura dei bisogni, prevedendo le opportune risposte in un’ottica di appropriatezza dell’utilizzo delle risorse in tutti i campi: assistenza, lavoro, formazione, trasporti”. Molto infatti e’ stato fatto finora, ha aggiunto Kosic, ma “non si puo’ vivere di rendita”. Ancora oggi non sempre la presa in carico e’ garantita, anche se “abbiamo costruito ponti, come il Fondo per l’autonomia possibile o il Fondo per i casi piu’ gravi”. Riferendosi ai contenuti della Convenzione, che contempla diritti uguali per tutti, in tutti i campi, l’assessore regionale ha quindi sostenuto che “spero che emerga con maggiore chiarezza che conviene andare in questa direzione, pensando anche a come rimodulare i servizi territoriali, a come far viaggiare insieme integrazione socio-sanitaria con inserimento lavorativo, formazione, scuola, sviluppando competenze professionali che favoriscano la ricerca dell’inclusione”.
Fonte: ilriformista.it – disalblog.it
19/10/2009