Giles Duley, il reporter mutilato che racconta l’Afghanistan

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PISA. «Un passo avanti – commenta Lorena Sireno – piccolo forse ma fondamentale. Abbiamo messo nelle mani delle associazioni italiane un’arma formidabile. Abbiamo dimostrato che possono vincere ed adesso c’è un precedente a dimostrarlo». Il nuovo e più impegnativo fronte sul quale investono la maggior parte delle battaglie per l’abbattimento delle barriere architettoniche, come ci spiega la stessa Sireno, non sono più quelle esistenti perlopiù negli antichi edifici dei centri storici, ma le opere fatte in sostituzione:«Sono molti i rifacimenti fatti male, spesso per risparmiare spazio considerato sprecato, nei negozi come negli uffici. Il fatto che una cosa del genere sia successa nell’Azienda Ospedaliera, che dovrebbe essere in prima linea contro questo tipo di comportamenti rende il tutto ancora più odioso. È la prima sentenza nella quale si riconosce la discriminazione». Il cammino verso un vero cambiamento culturale in tema di diritti dei disabili è ancora lungo e, è il caso di dirlo, accidentato. (l.l.)

PISA. Quando un giudice sensibile, un bravo avvocato e una causa giusta si incontrano il risultato, a volte, è una sentenza storica. È quello che è successo al tribunale civile di Pisa quando il giudice Franco Piragine ha accolto le istanze di Lorena Sireno e del suo avvocato Corrada Giammarinaro obbligando l’Azienda ospedaliera pisana a risarcire con 6.677 euro un danno derivante da una rampa fuori legge. Perché Lorena Sireno è una disabile e da quella rampa troppo ripida, e quindi fuori legge, è cascata riportando danni fisici e morali. Il dottor Piragine è andato oltre il semplice riconoscimento di una cifra risarcitoria, ha riconosciuto nel comportamento dell’Aoup una vera a propria discriminazione obbligandola a riportare la rampa a norma di legge entro 90 giorni. «La novità – commenta l’avvocato Giammarinaro – che crea un precedente fondamentale è che l’abbattimento delle barriere architettoniche effettuato male integra immediatamente il comportamento discriminatorio per cui basta un ricorso al giudice ordinario con procedimento speciale per ottenerne la messa in regola». La battaglia legale era cominciata nell’ottobre 2008 quando Lorena Sireno, in procinto di accedere agli uffici della direzione dell’ospedale Santa Chiara, si era scontrata con una rampa di accesso con una pendenza ben oltre l’8% prescritto come massimale dalla legge (in Toscana tale limite è poi abbassato al 6%) e, tentando di salire, la sua carrozzina si era ribaltata causandole diverse lesioni craniche. La rampa è stata sostituita poco dopo l’incidente e ciò ha causato non pochi problemi nel fornire la prova in tribunale, decisiva in questo senso è stata la testimonianza di Umberto Chiarugi, che usava quella stessa via d’accesso per accompagnare il figlio Federico (al quale recentemente è stata intitolata una strada cittadina) e dell’architetto Fanny Di Cara che ha spiegato in aula quanto uno spazio malamente gestito può essere fonte di discriminazione. Il giudice, nella personalizzazione del danno, ha tenuto conto di vari fattori tra cui, come si legge nel dispositivo, dell’impegno di Lorena nella lotta per i diritti dei disabili: «È pacifico che la Sireno sia persona impegnata in attività sociali di sostegno alle persone disabili e specificatamente sulla questione delle barriere architettoniche e che il ribaltamento dalla carrozzina per una persona tetraplegica è un evento certamente più traumatico rispetto ad una normale caduta». Questa sentenza entrerà e in tutte quelle diatribe legali nelle quali le associazioni che si battono per la tutela dei diritti dei si devono scontrare con le amministrazioni che spesso, nell’eliminare una barriera architettonica ne creano un’altra, a volte per disattenzione o peggio, per calcolo economico.

Fonte: Il Tirreno.it

26/07/2013