I viaggi di Walter

I viaggi di Walter

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Si chiama Claudia ed è la madre del piccolo Jonathan, un bambino down di quasi 8 anni. La sua è una battaglia per far fare al figlio un percorso simile ai coetanei. Ma gli ostacoli insormontabili in questo caso sono proprio i regolamenti per l’accesso a certi servizi del comune.

ROMA – "Sono Claudia, mamma di Jonathan, un bambino down di quasi 8 anni e sono una mamma di serie B, la solita mamma che forse, a torto, vuole il meglio per suo figlio". Tra le lettere che giungono alla redazione di Superabile c’è quella di Claudia. Racconta una storia complessa, le difficoltà incontrate per far fare al proprio bambino cose che fanno tutti gli altri coetanei, ma che a causa di varie questioni e regolamenti non può intraprendere. Quella di Claudia, infatti è una battaglia che dura da un paio d’anni a Ravenna "su una questione discriminatoria di doppio regolamento (normo e disabili) per l’accesso a certi servizi del comune", una storia che ha anche portato in tribunale, "sono in causa con il comune e con l’Asp (ex consorzio per i servizi sociali) e in attesa di sentenza definitiva del giudice (ho intrapreso un provvedimento d’urgenza basato sulla legge 67/2006)", ma che ancora non trova piena soluzione nonostante qualcosa si sia mosso dopo che la vicenda è stata raccolta dai giornali locali.

Difficoltà che vedono la luce soltanto quando Claudia decide di scrivere una lettera al sindaco di Ravenna per denunciare l’accaduto. "Chi le scrive è una mamma di serie B – spiega al sindaco sulle pagine di Ravennanotizie.it -. Si parla tanto di integrazione, di inclusione sociale, viene sbandierata parità tra sessi e generi, ma comunque la disparità lavorativa genitoriale è ancora un limite d’ammissione, per i bambini disabili, ad alcuni servizi quali il pre-post scuola; ma è vero anche che non lavorando si può tenere il figlio a casa, quando invece si sa che ai bambini fa bene stare con altri bambini e il post scuola non dura tante ore da pensare che sia un "parcheggio" per figli, ma si tratta di lasciarli socializzare per un massimo di un paio d’ore". Claudia ci ha provato, per diversi anni, ad assicurare al figlio un percorso simile a quello dei coetanei, ma senza successo. "Mi è stato fatto notare, con tono ironico, che se avessi lavorato tutto sarebbe stato diverso e quindi mi è stata fatto pesare la scelta di seguire personalmente un figlio piuttosto che delegare una baby sitter, come a dire che è colpa mia se lui non può partecipare a tutto ciò che possono gli altri bambini perché non mi cerco un lavoro. A suo tempo il mio errore forse è stato non fare il cittadino "furbo", ossia farmi assumere da un amico il tempo necessario all’iscrizione e poi licenziarmi, visto che una volta acquisito il diritto al servizio vige il tacito rinnovo a prescindere dalla modificata situazione".

Alla storia di Jonathan si interessa anche una lista civica che in un paio di articoli (primo e secondo) apparsi sempre sullo stesso giornale analizza a fondo la questione. "Per mio figlio anche le cose più banali sono sempre delle conquiste; a 8 anni giocare a pallone per un bimbo è normale e si impara giocando assieme agli altri, per mio figlio sarebbe già una conquista solo lo stare assieme agli altri, ma gli è negato perché Lui è un "costo per la società"; permettergli di essere semplicemente un bambino è solo una voce in bilancio, nella colonna uscite senza un corrispettivo in quella delle entrate". Claudia intanto attende un responso dal giudice, anche se ammette che "da quando la notizia è apparsa sui giornali vari con tanto di nomi e cognomi da me autorizzati qualcosa si è mosso" per tentare di cambiare la situazione. "Vi mando tutto questo – scrive la signora Claudia a Superabile – giusto come informazione di ciò che ancora accade in Italia e nella speranza che possa cambiare qualcosa per tutti i Jonathan che ci sono". (ga)

Fonte: SuperAbile.it

25/08/2011